Il "manifesto" del 19 corrente pubblica a p. 18, nelle due colonne
di destra, un appello ("Diciamo un solo no arancione") firmato dall'avvocato
del lavoro Matilde Bidetti ed altri, che è un insieme di affermazioni
tendenziose e falsi argomenti. Il primo è che i voti sull'abrogazione
dell'articolo 18 della legge 300 "si conteranno comunque". Davvero? Vi
immaginate, la destra, se dovesse vincere le prossime elezioni, retrocedere
rispettosa e spaurita di fronte al fatto che i "no" sono stati più
dei "sì" in un referendum invalido? O magari, qualora fosse stato
raggiunto il quorum e i "no" avessero prevalso, incapace di trovare la
maniera di introdurre norme che vanificano di fatto l'articolo 18, senza
abrogarlo esplicitamente?
La verità è che nella malaugurata ipotesi di un successo
della destra dovremo in ogni caso prepararci a respingere l'attacco che
sarà portato ai diritti dei lavoratori. Impossibile, dicono i firmatari.
E, per sostenerlo, sono costretti a gettare fango sulla "sinistra moderata",
leggi DS, e sul sindacato. "Perché è da giurarci che la sinistra
moderata non lo impedirebbe e che la Cgil non avrebbe la forza di opporsi,
anche per le probabili divisioni che attraverserebbero il sindacato su
questo punto", scrivono con bella disinvoltura. Passiamo agli altri argomenti,
ossia alle "questioni tattiche".
"La prima è che questo è l'unico quesito su cui i no sono davvero vincenti". Ahimè, lo sarebbero se fosse possibile modificare con un appello e qualche assemblea, l'irresistibile disgusto nei riguardi della proterva insistenza radicale che tratterrà a casa, per giustificabili motivi, un numero consistente di lavoratori!
Andiamo avanti: "la seconda è che l'astensione di una parte della destra aiuta ulteriormente il no". Ben detto! Se non che "l'astensione di una parte della destra", se l'indicazione sarà seguita, aiuterà sopratutto l'astensione. E se non sarà seguita e non faremo prevalere l'astensione, aiuterà invece il "sì", dato che, piaccia o non piaccia, occorre dare per scontata l'astensione di una parte consistente della sinistra.
E infine: "La terza è che che l'astensione non è voto valido, per cui ci ritroveremo il referendum sull'articolo 18 l'anno prossimo". Possibile, ma in questo caso noi non-violenti dovremo mobilitarci per impedire agli italiani di prendere a calci i banchetti radicali, il cui masochismo, nonostante le stentoree dichiarazioni della Bonino, avrà pure un limite.
Seguono alcune ovvie considerazioni sulla barbarie dell'abrogazione
degli ultimi diritti che restano ai lavoratori. Conclusione: "Perché
non si può contemporaneamente disertare il voto sulla legge elettorale
e dire NO al referendum sui licenziamenti?" La proposta è singolare.
Chiedo: se fosse possibile battere con il "no" il referendum sui licenziamenti,
perché sarebbe impossibile battere nello stesso modo quello sulla
legge elettorale?
Davvero i lavoratori sono così ciechi da non comprendere il
nesso indissolubile che li lega, solo perché DS esorta al maggioritario?
Quanto i lavoratori seguano le indicazioni di Ds, lo hanno dimostrato le
recenti elezioni. E se si pensa, invece, che le seguiranno compatti, l'esortazione
a "ritirare solo la scheda arancione" è solo una maniera di scaricarsi
la coscienza. Oppure, nonostante tutto, si riconosce efficacia determinante
all'astensione? Ma, allora, tanto più è il caso di servirsi
di questo mezzo per scongiurare l'insidia tesa all'articolo 18 della legge
300, piuttosto che, sono parole testuali, "provare a vincere questo referendum
recandosi alle urne per conquistare il quorum valido".