Bancarotta politica, morale, istituzionale, giudiziaria.
Questa, la situazione della superpotenza da cui dipendono i destini del
mondo.
Politica: chiunque sia eletto rappresenterà
il 25% dei cittadini con diritto di voto ed è lecito domandarsi
fino a che punto terrà conto dei loro interessi, visto che entrambi
i concorrenti hanno speso 4 miliardi di dollari per la loro campagna elettorale,
in gran parte elargiti dalle grandi corporations.
Morale: il computo dei voti è sicuramente
errato, ma è stato finora impossibile pervenire ad un conteggio
veritiero per le connivenze trovate, col pieno appoggio del suo partito,
dal candidato che si è autoproclamato presidente.
Istituzionale: un certo numero di schede è
stato annullato perché votate in modo leggibile per gli umani ma
non per le macchine. Altre schede, dette "a farfalla", erano state progettate
in modo da favorire l'errore. A tutto questo si è rinunciato a porre
rimedio. Per non parlare del paradosso che consentirebbe di attribuire
la presidenza al candidato che ha ottenuto meno voti e della determinante
influenza del denaro sulle elezioni.
Giudiziaria: la Corte suprema della Florida ha dichiarato
la legittimità di un nuovo conteggio manuale, ma ha fissato termini
che non avrebbero consentito alla contea di Miami-Dade di condurlo a termine.
Oppure la commissione elettorale di Miami-Dade ha avanzato un pretesto
per sospendere una verifica che si stava dimostrando favorevole a Gore?
La cosa singolare è che la Corte suprema della Florida abbia respinto
un'istanza tendente ad imporre alla commissione elettorale di Miami-Dade
di continuare il conteggio.
Porsi qualche domanda è naturale. Perché
il costo delle campagne elettorali ha raggiunto cifre astronomiche? Le
ragioni sono probilmente più di una. Ma è inevitabile pensare
che meno sono resi espliciti e distiguenti i contenuti programmatici tanto
più la competizione si riduce ad uno spettacolo il cui scarso interesse
è testimoniato dall'altissima percentuale di astensioni. Per attirare
l'attenzione del corpo elettorale, non resta dunque che ricorrere a tutti
gli strumenti della retorica mediatica, dalla scenografia coinvolgente
all'iterazione di tutte le varianti dell'identico.
I costi salgono vertiginosamente. La maggior parte dei fondi provengono
dalle grandi corporations, verso le quali chiunque vinca avrà eguali
obblighi di "gratitudine". E' una spirale perversa, che, appiattendo le
differenze, rende sempre più necessario il ricorso ai costosissimi
mezzi necessari per offrire uno "spettacolo" capace di assicurare il successo.
E sempre meno autonomi i canditati.
Non sorprende, per conseguenza, che quasi tutti,
cittadini e finanziatori, si mostrino assai più desiderosi di avere
un qualsiasi presidente, piuttosto che di avere il presidente che hanno
sostenuto e votato. Che gli elettori democratici non si siano riversati
nelle piazze, pur sapendosi vittime di una colossale mistificazione, viene
indicato come un esempio di alta civiltà politica. Errore. E' solo
un esempio di sostanziale e comprensibile indifferenza. Perché ciò
che è in questione è l'accertamento della reale volontà
espressa dai votanti, cardine di ogni democrazia. Rinunciarvi significa
rinunciare all'essenza stessa del sistema che si pretende di difendere
con la propria rassegnazione. Ma le corporations, che notoriamente non
amano sprecare il loro denaro? Ebbene, è più che probabile
che, nonostante qualche eccezione, pur avendo ciascuna le sue preferenze,
quasi tutte abbiano evitato di mostrarsi troppo avare verso uno dei
due principali competitori, affinché chiunque avesse vinto fosse
egualmente vincolato nei loro confronti, sopratttutto pensando alla prossima
campagna elettorale. E anche se così non fosse, il loro interesse
primario è evitare tensioni che potrebbero innescare sommovimenti
ben più radicali.
Così stando le cose, Gore sa benissimo che, sebbene, esigendo
che tutti i voti siano contati, si ponga oggettivamente, quale che sia
il suo reale movente, come il campione della democrazia, la pervicacia
che sta dimostrando lo destina a una sicura impopolarità. Gioca
l'ultima carta.
Arriverà fino in fondo con gli unici strumenti di cui può
disporre in un paese dove la politica, che è per definizione dialettica
di volontà e progetti antagonistici, è definitivamnete scomparsa
e il governo si sta riducendo davvero al "comitato d'affari della classe
dominante".