Confindustria si schiera per il "sì" ai referendum
"Ma le riforme dovrebbe farle il Parlamento"
La Confindustria rompe il silenzio fin qui tenuto sui referendum e si
schiera apertamente per il sì. L'associazione guidata da Giorgio
Fossa "condivide gli obiettivi dei referendum per la liberalizzazione del
mercato del lavoro e per l'eliminazione della quota proporzionale nel sistema
elettorale", annunciava ieri una nota di Viale dell'Astronomia. Una mossa
che, per quanto prevedibile, ha provocato reazioni furibonde da parte dei
sindacati, speranzosi fino all'ultimo in una neutralità del vertice
confindustriale.
Pur mettendo nel conto la rottura con Cgil, Cisl e Uil dopo un anno
di sostanziale distensione, la decisione del direttivo di Confindustria
di appoggiare i referendum è stata presa ieri senza tentennamenti.
Semmai qualcuno avrebbe preferito un passo ancora più deciso, facendo
a meno della cautela del tono usato nel comunicato, laddove si dice che
la Confindustria avrebbe preferito e continua a preferire "le riforme che
passano al vaglio del Parlamento, nel rispetto dell'autonomia delle parti
sociali". Tuttavia - dice la nota - le proposte di modifica "per ridurre
i vincoli sulle assunzioni a termine, per liberalizzare veramente il collocamento,
il part- time e il lavoro a domicilio, fermo restando l'obbligo al risarcimento
patrimoniale, si sono sempre scontrate con la totale indisponibilità
del sindacato e di alcune forze politiche". E' colpa di questa intransigenza
se oggi ci sono i referendum. Così come il fallimento di ogni tentativo
di riformare il sistema elettorale per via parlamentare "impone" alla Confindustria
di cogliere l' occasione importante del referendum "per contribuire a dare
finalmente al Paese un sistema politico stabile".
Una linea che i maggiori esponenti del direttivo hanno largamente condiviso.
"La nostra posizione è in linea con quello di cui il Paese ha bisogno
e, tra l'altro, corrisponde anche a quanto hanno più volte dichiarato
in passato importanti uomini politici dei vari schieramenti", ha sottolineato
il presidente della Pirelli Marco Tronchetti Provera. Quanto ai rapporti
con i sindacati un ex-presidente di Confindustria come Vittorio Merloni
è pronto a credere che la concertazione non andrà in frantumi";
del resto Cofferati, D'Antoni e Larizza debbono sapere che "sul lavoro
o fanno le flessibilità o litighiamo col sindacato". Anche Cesare
Romiti, presidente di Hdp, spera che il dialogo con i sindacati non vada
in pezzi, mentre il vicepresidente di Confindustria Pietro Marzotto non
pensa che l'indicazione della Confindustria a votare "sì" provocherà
contraccolpi nella concertazione, "i sindacati sono troppo drastici, a
volte drammatizzano".
Dall'esterno i commenti rispecchiano posizioni già note. Gelido
nella sua laconicità quello del ministro del Lavoro Cesare Salvi:
"Ne prendo atto" si è limitato a dichiarare, mentre Mario Segni
si rallegra dell'importante pronunciamento a favore dei referendum. Fausto
Bertonotti lancia fuoco e fiamme, decretando che con il suo gesto Fossa
ha dato alla concertazione "il colpo di grazia".
Esultano i radicali, sottolineando che il questi anni non avevano mai
smesso di incalzare la Confindustria, ricevendone tutt'al più "qualche
pacca sulla spalla". Perciò - dice il radicale Benedetto Dalla Vedova
- la nota ufficiale degli industriali "è un fatto nuovo e positivo",
con la speranza che l'appoggio di Viale dell'Astronomia vada oltre le dichiarazioni
di condivisione.
E' vivamente apprezzato da Giuliano Cazzola (ex dirigente della Cgil,
noto eretico rispetto alle posizioni del sindacato) il fatto che "la sfinge
Confindustria" abbia finalmente detto sì ai referendum, e questo
rende ancora più "assordante" il silenzio tenuto al riguardo da
Berlusconi. Al leader del Polo Cazzola chiede "quali interessi intende
rappresentare Forza Italia". Gli ha risposto Casini: il Polo parlerà
di referendum solo dopo le decisioni della Corte Costituzionale e le elezioni
regionali.
E oggi la Corte si riunisce in camera di consiglio per iniziare il
giudizio di ammissibilità per i 21 referendum, e dato il numero
elevato dei quesiti, occorrerano diverse sedute, prima della data ultima
del 10 febbraio entro la quale dovranno essere emesse le sentenze. Nella
seduta odierna i giudici ascolteranno i comitati promotori che illustreranno
le ragioni dell'ammissibilità dei quesiti. Gli stessi promotori
hanno presentato una memoria aggiuntiva contro i comitati del no e la loro
pretesa di essere ascoltati dalla Corte.