I giudici avrebbero promosso quasi la metà
dei quesiti: verdetto atteso la prossima settimana
L'affondo di Bindi e Diliberto
Certo è che il rigoroso impegno al silenzio assunto dai quindici custodi della Costituzione non ha impedito che qualche indiscrezione filtrasse fuori dal Palazzo. Ieri mattina, due quotidiani (Italia oggi e Repubblica) riferivano di alcune decisioni già prese, sebbene le anticipazioni non sempre coincidessero e permanessero molti punti interrogativi sui quesiti effettivamente ammessi (7, 8 o qualcuno di più?). Ad esempio, sulla separazione delle carriere (che in un caso veniva dato per ammesso, in un altro no) l'orientamento della Corte dovrebbe essere, anche alla luce dei suoi precedenti, per l'ammissibilità del quesito. E così pure per quello sugli incarichi extragiudiziari dei magistrati.
Il condizionale, ovviamente, è d'obbligo. Di fronte al tam tam delle indiscrezioni, l'unico modo per orientarsi è rifarsi alla giurisprudenza precedente della Corte in materia di referendum, alla luce della quale prende corpo l'ipotesi dell'ammissibilità dei quesiti sulla legge elettorale della Camera per l'abolizione della quota proporzionale (già ammesso l'anno scorso), sul finanziamento dei patronati di assistenza, sulle trattenute sindacali e sul finanziamento pubblico ai partiti. Così come appare verosimile l'inammissibilità dei referendum sull'elezione del Csm (già in passato bocciato); la custodia cautelare; i termini processuali; il sostituto d'imposta; il Servizio sanitario nazionale; il monopolio Inail; la smilitarizzazione della Guardia di Finanza.
Delicatissimo il capitolo dei referendum sociali, dove le indiscrezioni dicono che il quesito sul licenziamento nelle imprese con più di 15 dipendenti avrebbe avuto via libera. Restano dei dubbi, invece, sui quesiti riguardanti il lavoro a domicilio, il part time e i contratti a tempo determinato. Contro questi e tutti gli altri referendum (anche in altre materie) che la Corte deciderà di ammettere, s'è schierata ieri la Cisl, che così vuole esprimere, ha spiegato il segretario Sergio D'Antoni, "il rifiuto di uno strumento che verticalizza la società, la individualizza e le fa perdere quella capacità di coesione che ha caratterizzato questo Paese anche nelle situazioni più difficili".
D.St.