Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 04/02/2000

La giusta causa del no

Referendum sociali: resta in campo quello sui licenziamenti

Carla Casalini

Si tratta di libertà. Libertà di pensiero, libertà di associazione, libertà di azione legittima come quella della contrattazione. Libertà conculcate. Sono solo alcuni esempi di quel che implica il referendum che chiede l'abrogazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ossia la potestà per le imprese di fare licenziamenti illegittimi (senza giustificato motivo). Questo referendum è stato ammesso dalla Consulta e dunque getta sulla partita referendaria un'ombra pesante.

 La Consulta ha però respinto gli altri referendum antisociali, smontando l'impianto complessivo, selvaggio, che i radicali avevano congegnato, e che la Confindustria aveva appoggiato subito - senza neppure sapere se l'uno o l'altro quesito sarebbe stato cancellato o meno - con un atto politico pesantemente significativo. Respinto anche il quesito della Lega nord sull'immigrazione e lo statuto dello straniero, perfettamente integrato, nella sua logica, nel progetto antisociale.

 In questo blocco di referendum radicali ne è stato ammesso solo un altro, quello per l'abolizione delle trattenute associative e sindacali tramite gli enti previdenziali.

 Sono stati stati respinti, ad esempio, l'abolizione dell'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale, la liberalizzazione del collocamento, la liberalizzazione dei contratti a termine, l'abolizione dei vincoli ai contratti di lavoro part time, l'abolizione delle norme di tutela per il lavoro a domicilio, l'abrogazione dell'esclusiva Inail per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'abolizione del regime transitorio delle pensioni di anzianità.

 Le prime reazioni a caldo, di dirigenti sindacali, politici, dell'associazionismo, ai giudizi della Consulta sui quesiti 'sociali', risentono di questo doppio registro - parziale sollievo per ciò che non è ammesso a referendum, e insieme valutazione della gravità di quello, ammesso, sui licenziamenti - con accentuazioni diversamente bilanciate. Paolo Cagna, del Comitato per il No, i cui avvocati presentarono una memoria alla Consulta contro i quesiti antisociali, ringrazia la Corte per il suo "giudizio sereno, che non si è fatto influenzare da pressioni, che certo ci sono state". Così come un altro membro del Comitato, Antonio Pizzinato. Il loro grazie va anche ai giuristi che han preparato la memoria, e di nuovo alla Corte per "il fatto straordinario di averli ammessi al contraddittorio".

 Ora, per Cagna, si apre una battaglia "di civiltà" contro i licenziamenti, che, se vincente, potrà riaprire il discorso dell'estensione dei diritti a chi lavora in piccole imprese, al terzo settore. Dall'associazionismo Tom Benettollo per l'Arci esprime "sollievo" per ciò che si è evitato e dice ora si prepara la campagna per il No contro i licenziamenti - un quesito che ha il senso della "ubalternità" cui si vogliono costringere le persone. Per le Acli il coordinatore Bobba ribadisce: su questo "la nostra obiezione è di metodo e di merito", e da Legambiente Ermete Realacci annuncia la costituzione di un comitato per il No di sindacati e reti dell'associazionismo. Mentre il Copar (comitato per l'astensione) dà appuntamento oggi davanti a Montecitorio.

 E tra le imprecazioni di radicali e Lega, la Confindustria invece fa sapere che "gli obiettivi" dei referendum antisociali vanno ora perseguiti, velocemente, per altre vie. Massimo D'Alema (che, se non ricordiamo male, al congresso ds a Torino fra tutti i referendum aveva tralasciato di nominare quello sui licenziamenti) ha, al solito, rassicurato gli imprenditori: la "modernizzazione del paese" verrà perseguita.Perciò ci sarà anche da osservare le azioni e reazioni dei politici, sui referendum, e non.

 Ieri si sono pronunciati molti esponenti dei Ds a partire da Veltroni, un "no convinto ai licenziamenti", Angius, Innocenti presidente della commissione lavoro della camera. Cossutta (Pdci): "molto grave e pericoloso il quesito rimasto, occorre grande schieramento democratico". "Insidioso", rincara da Rifondazione comunista Fausto Bertinotti che avverte come l'operazione referendaria resti "minacciosa", non c'è da rilassarsi.

 Molti pronunciamenti anche dai Verdi, la cui presidente, Grazia Francescato dichiara: "L'unico no già deciso è quello al referendum sui licenziamenti".

 Accenniamo alle prime reazioni dai sindacati (che sonderemo capillarmente in seguito), a cominciare dal segretario della Cgil Sergio Cofferati che, a differenza di D'Antoni, si è pronunciato immediatamente: "resta in campo, in tema sociale, il referendum sul licenziamento" che va "affrontato e respinto" per sconfiggere l'odiosotentativo" di radicali e imprenditori. Per la Uil Pietro Larizza nota, con forse eccessivo ottimismo, che ora la Confindustria ha le armi spuntate.

 Ben più preoccupato il giudizio di Fim, Fiom, Uilm del Piemonte: "mobilitiamoci contro il gravissimo attacco ai diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori", e il segretario della Fiom Cremaschi sottolinea la battaglia netta che ora si apre - "o idiritti dello Statuto risulteranno un 'residuo', oppure essi sono la base per cui restituire dignità a tutto il mondo del lavoro che oggi vive l'angoscia della precarietà". Per la Fiom di Brescia, il segretario Osvaldo Squassina, insiste sull'attacco alla "libertà delle persone" che implica il referendum sui licenziamenti illegittimi. E il segretario della Fim di Milano Nicola Alberta, anche lui convinto che da qui si riparte per estendere i diritti, si fida della "sensibilità" diffusa rispetto al bisogno di libertà.



 
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