Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
 
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La Repubblica - 08/02/2000

I sì e i no ai referendum - le ragioni della Consulta
"Se cade il proporzionale la legge resta valida"

Silvio Buzzanca

Un gruppo di referendum non è passato perché violava i trattati internazionali, un altro perché i quesiti non erano chiari, omogenei ed univoci. Altri perché contrastavano con articoli della Costituzione o erano chiaramente manipolativi. La Corte costituzionale ha "tagliato" le proposte usando la raffinata, o diabolica, dipende dal punto di vista, giurisprudenza che ha via via costruito a partire dal 1978. Sempre grazie a questa giurisprudenza ha invece ammesso gli altri quesiti.
Quello sulla legge elettorale della Camera, passato anche l' anno scorso, per esempio. Non abolisce la quota proporzionale, spiegano i giudici, la distribuisce solo in maniera diversa, rendendo possibile andare a votare in qualsiasi momento. Un ragionamento che vale anche per il sistema elettorale del Csm. Anche qui il quesito non cancella l' intera legge, ma prevede solo un modo diverso di elezione, evitando "blocchi" dell'organismo di autogoverno dei magistrati.
Sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, i giudici dicono che l'eventuale cancellazione delle norme di quel testo non farebbero venire meno le tutele dei lavoratori. Tutele che possono essere rintracciate sia nelle norme interne, sia in quelle internazionali, soprattutto nella Carta sociale europea.
Infine i quesiti sulla giustizia. La Corte ha stabilito che sugli incarichi extragiudiziali dei magistrati si può andare avanti: si vuole cancellare una norma ben chiara e l'elettore non può avere dubbi di sorta. Invece, per la separazione delle carriere dei magistrati, i giudici dicono sì perché l'eventuale approvazione non produrrebbe alcuna separazione delle carriere. Solo una separazione funzionale. E qui la Consulta tira le orecchie alla Cassazione che non ha capito bene la portata del quesito e ha sbagliato il titolo.
Il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati è caduto, invece, sull'altare della manipolazione. Si vuole introdurre una nuova normativa che impone una responsabilità piena dei magistrati, spiegano quelli della Consulta. Le altre "vittime" le ha fatte invece l'articolo 75. Il primo a cadere è stato il quesito della Lega che voleva abrogare l'intera legge sull'immigrazione, conosciuta come Turco-Napolitano. Palese violazione dei trattati istitutivi dell'Unione europea, quello di Maastricht e la rivisitazione di Amsterdam. E soprattutto con quello di Schengen.
La tagliola dei trattati internazionali ha colpito anche alcuni quesiti sociali. Non si può votare, dice per esempio la Corte, sul part-time. L'Unione europea ha varato una direttiva sull'argomento che noi non abbiamo ancora recepito. Se ne occuperà venerdì il Consiglio dei ministri. Nel frattempo, dicono i giudici, norme internazionali ci impediscono di legiferare. Lo stesso discorso vale per il quesito sui contratti a termine. Il limite delle leggi tributarie ha, invece, affossato il quesito sul sostituto di imposta, considerato parte integrante del sistema fiscale.
Nel caso della liberalizzazione del collocamento la Corte ha detto che il referendum non era formulato in maniera chiara, non era omogeneo e non metteva l'elettore di fronte ad una scelta netta di campo. Per le pensioni i giudici sono andati oltre: hanno spiegato che non si poteva votare perché il quesito, praticamente era malcongegnato e non avrebbe sortito alcun effetto. Le norme che i radicali volevano cancellare, secondo la Consulta, erano state superate già nella Finanziaria del 1998. Infine l'annosa questione della ipotetica scelta fra sanità pubblica e assicurazione private. La Corte in questo caso ha considerato il referendum manipolativo, ha letto i tagli e i ritagli dei radicali come la volontà non di cancellare norme, ma crearne di nuove. In un settore dove, con l'introduzione dell'Irap, spiegano i giudici, sono venuti meno anche alcuni dei presupposti del quesito. Per bocciare la richiesta di colpire i patronati sindacali la Corte si è rifatta all'articolo 38 della Costituzione. Quel quesito avrebbe colpito i diritti fondamentali dei lavoratori. Smilitarizzazione della Guardia di Finanza abolizione dei termini di custodia cautelare, dicono i giudici, sono referendum manipolativi e se ammessi e approvati provocherebbero più danno che altro. I finanzieri resterebbero militari, mentre il complicato mondo giudiziario per mettersi al passo dovrebbe compiere una vera e propria, improbabile, rivoluzione.



 
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