Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 11/02/2000

REGIONALI  I RISULTATI DI UN'INDAGINE DEL PRC VENETO

Alle radici dell'astensionismo

La prima causa è la "distanza" della politica dai problemi

Gabrielele Polo

L'astensionismo elettorale sembra essere un bacillo che la politica si porta appresso, spesso senza curarsene troppo. A parole tutti i partiti se ne dicono preoccupati, ma alla prova dei fatti quasi nessuno fa qualcosa per invertire la tendenza. Anzi, per chi considera quella di governo l'unica politica possibile interrogarsi sulle ragioni dell'astensionismo rischia di essere un esercizio troppo contraddittorio rispetto alla prassi amministrativa. In controtendenza si muove una piccola indagine fatta dal Prc veneto, per comprendere le ragioni della fuga dalle urne (in quella regione per l'ultima consultazione europea l'affluenza alle urne è scesa del 12,7% rispetto alle politiche del '96), pubblicata da Gemma Lunian e Paolo Cacciari sull'ultimo numero di Osservatorio Veneto. Un'indagine quasi obbligata per il Prc che ha pagato a caro prezzo un esodo elettorale, che però ha coinvolto anche i partiti del governo di centro-sinistra.

 La piccola inchiesta (sostanzialmente un test) è stata svolta con un questionario rivolto direttamente agli elettori di sinistra, e per questo volutamente distribuito nei luoghi in cui era possibile scovare "l'astensionista di sinistra" (tende della pace, feste di Liberazione, assemblee all'università, spettacoli teatrali). Alla fine sono state racccolte 201 risposte che illuminano sulle ragioni della crescente disaffezione al voto e che potrebbero anche offrire alcune indicazioni per capire se questa sia un evento congiunturale o strutturale.

 Il primo dato che emerge conferma quanto l'astensionismo abbia colpito Rifondazione (il 39,7% aveva precedentemente scelto il Prc), ma sottolinea che anche i Ds hanno pagato a caro prezzo la fuga dalle urne (35% sono gli astenuti di provenineza diessina). Quanto alle cause per cui moltissime persone hanno deciso di disertare il voto alle europee del '99, emerge un giudizio che chiama in causa una ragione di fondo: il 17,7% di coloro che hanno risposto al questionario affermano di non aver votato perché ritengono "la politica distante dai veri interessi delle persone", il 14,4% per "protestare perché i partiti sono incapaci di risolvere i problemi sociali". Solo il 12,4% degli astensionisti chiama in causa l'ultima guerra in Kosovo, ritendendo che "le istituzioni politiche siano state incapaci di evitarla". Contrariamente alle aspettative, la guerra rappresenta una fonte di astensionismo rilevante ma non decisiva né maggioritaria. E questo sia per quanto riguarda gli ex elettori di Rifondazione (26%), sia per quelli dei Ds (17%), sia per quelli dei Verdi (14%). Scorporando le motivazioni astensioniste per i diversi partiti, si rileva che per il Prc il maggior elemento di sofferenza sta in una questione strategica, nella sua "incapacità a rielaborare l'idea del comunismo dopo la caduta dell'Urss" (il 22% dei suoi ex elettori muove al partito di Bertinotti questa critica), mentre solo il 10% afferma che "la scissione ha dimostrato l'inaffidabilità dei comunisti" e un piccolissimo 4% non ha scelto più il Prc in relazione alla sua scelta "di togliere la fiducia al governo Prodi". Ancor più radicali le motivazioni che spingono ex elettori dei Ds a non votare più: il 27% di essi ritiene che "il centro-sinistra persegua la stessa politica del centro destra", mentre il 17% pensa che "il centro sinistra non si sia ancora liberato dall'eredità della Dc". E l'equazione centro-sinistra uguale a centro-destra prevale anche tra gli ex elettori verdi (21%).

 I risultati del sondaggio veneto confermano la crisi della pratica politica dei partiti, la motivano con ragioni profonde, ma gli "astensionisti" fanno vivere quelle critiche generali in modo preciso (agganciandole alle scelte che ritengono sbagliate). E' una denuncia sulla malattia della politica che non ha nulla a che fare con la fisiologicità con cui si cerca di giustificare la flessione della partecipazioen al voto (quella che considera il calo come sintono di una società moderna, immune ai conflitti e libera dalle ideologie). Sono indicazioni che riguardano soprattutto le sinistre: se saranno sorde il dato diverrà inevitabilmente fisiologico e non solo la partecipazione elettorale continuerà a scendere, ma le stesse energie sociali non potranno far altro che andare altrove.



 
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