Andrea Colombo
Ottimismo di maniera. La situazione è meno rosea di quel che si direbbe stando alle affermazioni del sottosegretario con delaga alle riforme. Al vertice di ieri non ha partecipato lo Sdi, che non fa parte del governo ma ne consente la sopravvivenza con la sua astensione ed è schierato con il fronte proporzionalista. Ha disertato il summit anche l'Udeur, ma con motivazioni diverse. La questione delle liste regionali è ancora aperta, e Mastella ci tiene a mantenere inalterato il suo potere contrattuale. "Di legge elettorale - conclude dunque il mastellato Napoli - si potrà parlare solo dopo il referendum".
Ma la spina davvero acuminata, l'ipoteca che pesa su una proposta, unitraia non è l'Udeur né lo Sdi. E' il Ppi. Sulla carta una mediazione tra il modello di Franceschini e quello da Castagnetti sarebbe tutt'altro che impossibile. Ma tra Castagnetti e il suo partito c'è ormai un abisso. Ieri, nella riunione della direzione popolare, la raffica di critiche mosse al segretario è stata pesantissima. I proporzionalisti gli hanno rinfacciato la scelta di fare quadrato intorno a una posizione isolata. Castagnetti si è difeso affermando che solo una legge ricalcata su quella per il senato potrebbe essere approvata prima del referendum, in modo da evitare le urne.
Difficile pensare che il leader del Ppi creda davvero in quel che dice. Nel caso, comunque, sarebbe davvero l'unico a nutrire tanta fede. Tutti, nel Ppi e fuori, sanno perfettamente che il referendum è inevitabile, anche perché i Ds non hanno alcuna intenzione di evitarlo. La stessa riunione della maggioranza, nonostante l'ambiguità delle dichiarazioni ufficiali, non si proponeva affatto questo obiettivo ma solo quello, più realistico, di avere una legge già pronta subito dopo la celebrazione del referendum, secondo la strategia esplicitamente indicata da D'Alema.
L'insistenza di Cstagnetti su un modello impraticabile ha dunque un solo significato: tenere a freno le spinte proporzionaliste che tra i popolari sono fortissime e impedire che la maggioranza del partito si scheri con la legge basata sul modello tedesco, quello che il fronte antimaggioritario presenterà nei prossimi giorni. Ma la posizione del segretario popolare è troppo debole e troppo poco credibile per resistere fino al referendum. Tanto più con un Ppi ormai lacerato da tensioni quasi insanabili, provato a fondo dalla vicenda campana, vicino alla dissoluzione. Per non parlare dello schieramento di Andreotti e molto probabilmente anche di D'Antoni con la legge "tedesca".
La maggioranza si può tuttavia consolare pensando che non solo il Polo nel suo complesso, ma anche la stessa Forza Italia, sono traversati da divisioni non meno profonde. Ieri si è costuito il fronte del sì all'interno al partito azzurro, capeggiato dagli ex ministri Martino e Biondi. "Vorrei sapere che c'entra Forza Italia con Andreotti", si chiede polemico il primo. "Se Urbani raccoglie firme per il no - aggiunge il secondo - lo fa a titolo personale, certo non su mandato di Berlusconi".
Tornando alla maggioranza, fatti salvi Ppi e Sdi non dovrebbero
esserci altri problemi. Dopo anni di battaglie i cossuttiani e i verdi
si sono piegati all'egemonia diessina. Anche il signore di Ceppaloni ha
già deciso di accettare la legge Veltroni-Franceschini. "Per un
partito come il nostro - spiegava in transatlantico Mastella - che è
molto radicato in alcune aree specifiche, il maggioritario a turno unico
è conveniente, perché senza di noi in quelle aree non si
può vincere". Affermazione lucida, ma che dice tutto sulla reale
efficacia di quel maggioritario che, stando alla Quercia, dovrebbe risolvere
il problema della frammentazione.