di Silvio Buzzanca
Arriva, arriva il Cavaliere. La voce si sparge in fretta, produce speranze
e larghi sorrisi in buona parte dell'armata proporzionalista che si è
data appuntamento all'ex Hotel Bologna per lanciare il progetto di legge
ispirato al modello tedesco. Se viene vuol dire che si schiera, che ha
scelto, è contro il referendum, sembra di leggere su molti volti,
noti e meno noti, assiepati dietro il tavolo e nella sala. Da destra verso
sinistra siedono Urbani (Fi), Boselli (Sdi), Buttiglione (Cdu), Bertinotti
(Prc), Adinolfi (Ppi), Pivetti (Udeur), D'Onofrio (Ccd), Zecchino (Ppi),
Rebuffa (Upr), Bossi (Lega). In prima fila Giulio Andreotti, più
in là Paolo Cirino Pomicino, Vittorio Sgarbi e tanti altri.
Silvio Berlusconi non delude tanta attesa, perché fa capire
che ha deciso di combattere in prima linea contro il maggioritario. Al
tavolo prende il posto di Bossi, appena andato via, e annuncia il "fallimento
del maggioritario". Un sistema, si accalora il Cavaliere, "che pure aveva
trovato in me un sostenitore, perché speravo che potesse portare
al cambiamento, ma che ha fallito perché ha portato al trasformismo,
ai ribaltoni e a un governo senza legittimazione popolare". In serata aggiungerà
che non "ha voluto nascondersi dietro un dito" e che giudica il modello
di Berlino "non un ritorno al passato, ma un guardare avanti. Il sistema
tedesco è compiutamente democratico e favorisce anche il bipolarismo".
Queste le ragioni politiche. Ma ciò che sembra contare nei calcoli
del Cavaliere sono sempre e comunque i sondaggi. Berlusconi, infatti, dice
e ripete che una decisione vera Forza Italia la prenderà solo dopo
il 16 aprile. Ma ammette: "Non ho potuto nascondere i miei pensieri personali,
che sono in sintonia con gran parte degli azzurri e che sono confortati
dai sondaggi sugli elettori di Forza Italia: c'è stato un fallimento
del sistema maggioritario". È giù una sfilza di numeri per
dimostrare che la scelta è obbligata. Il 52 per cento degli italiani
infatti, secondo il Cavaliere, boccerebbe il sistema maggioritario.
Poco importa che questa linea rischi di mandare in pezzi il Polo. Ma
esiste ancora il Polo? Publio Fiori, per esempio, ne decreta la morte proprio
ieri. Gianfranco Fini non gradisce e replica. Senza alzare i toni, ma con
fermezza, rinviando tutto al 21 maggio. "Non credo che sia colpa del maggioritario
se abbiamo avuto i ribaltoni e la moltiplicazione dei partiti - dice il
leader di An -; semmai è il fatto che la legge elettorale non è
compiutamente maggioritaria". Dunque rotta di collisione. Intanto, Pier
Ferdinando Casini si astiene. Non firmerà progetti proporzionalisti
prima del 16 aprile.
Le parole di Berlusconi provocano immediate reazioni a sinistra. Per
Walter Veltroni, la manovra sul proporzionale è frutto di "una vecchia
italia che ogni tanto rispunta". Per il leader dei Ds "il proporzionalismo
è un tentativo di ritorno al centrismo; ma nessuno può sostenere
che era meglio quando i governi si facevano dopo centinaia di giorni, con
accordi notturni tra le segreterie dei partiti". Ieri all'ex Hotel Bologna
c'era buona parte di quel mondo. A cominciare da Andreotti, che però
ha spiegato ai compagni di viaggio che è meglio combattere per il
no o l'astensione. Perchè pensare, come Bertinotti e la Pivetti,
che il Parlamento possa intervenire in senso proporzionale dopo una vittoria
dei sì non sarebbe politicamente corretto.