Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
 
www.riforme.net


Corriere della Sera - 18/05/2000
 
Giovanni Sartori
Motivi ed effetti di un voto
REFERENDUM FORSE SI', FORSE NO
Devo votare o non devo votare, il 21 maggio?

Secondo Berlusconi non dovrei votare. Primo perché il referendum è una «truffa», ed è una truffa perché lo strumento è stato «strumentalizzato dalla sinistra»; secondo perché, stando a casa, «mando il governo a casa». Ma il primo argomento proprio non sta in piedi. I referendari sono trasversali (includono anche Fini) così come lo sono gli astensionisti (tra i quali il Cavaliere si trova in compagnia di Bertinotti); e in ogni caso strumentalizzare non è truffare. Per esempio, Berlusconi strumentalizza le sue televisioni ai suoi fini, ma non risulta che nessuno lo abbia mai accusato di essere un truffatore per questo. Quanto al secondo argomento è proprio Fini che lo confuta osservando che «non vedo il nesso tra la mancanza del quorum e la caduta del governo, anche perché questo esecutivo sul merito dei referendum è dichiaratamente neutrale».

Venute così meno le cattive ragioni per non votare, resta da capire quali siano le buone ragioni per votare. A questo effetto il discorso si complica, visto che i referendum sono sette. Chi non vota li cancella automaticamente tutti, mentre chi vota deve invece decidere sette volte se approva o disapprova. Ma queste complicazioni, qui le posso saltare perché il quesito elettorale si è «mangiato», di fatto, tutti gli altri. Di fatto la partita si impernia sulla abolizione della quota proporzionale del Mattarellum. È peccato, perché l'arrosto è negli altri quesiti, mentre il quesito elettorale - andrò a sostenere - rischia di buttare in fumo. Ma tant'è.

Quali, allora, le buone ragioni per far scattare il quorum del 50 per cento più uno e quindi per arrivare a un sistema interamente maggioritario? Preciso le domande così: cosa succederà se il Mattarellum resta in vigore, oppure se viene cancellato? Per i referendari nel primo caso succederanno cose terribili, e nel secondo caso cose mirabili. Secondo me sono entrambi scenari esagerati, che vorrei riproporzionare e sdrammatizzare.

Mettiamo, in dannatissima ipotesi, che il referendum non passi. In questa ipotesi l'unico fatto certo è che restiamo con il sistema «misto» che abbiamo. Invece i referendari danno per certo che il fiasco del referendum ci riporterebbe alla proporzionale, e per ciò stesso alla fine del bipolarismo e alla rinascita di un «grande centro» di stampo democristiano. Davvero? Non dico che così non potrà essere. Ma nemmeno è tanto sicuro che così sarà. Anche se il fiasco del referendum aiutasse i proporzionalisti, anche così non è detto che tutti i proporzionalismi siano cattivi e distruttivi del bipolarismo. Anzi, questa tesi è sicuramente falsa, visto che i Paesi dell'Europa occidentale sono quasi tutti proporzionalisti e bipolari, e quindi senza centro. Dunque, non esageriamo. Calma.

Passiamo all'ipotesi che il referendum passi. In tal caso l'unico fatto certo è che avremo un maggioritario «puro» e «secco» (a un turno). Contenti così? Può bastare? Per il grosso del coro referendarista sì, può bastare. Per me no, per me sarebbe un buco nell'acqua. Vediamo.

L'argomento di chi si accontenta di un sistema elettorale «fotocopia» del referendum, si fonda su questa lettura del Mattarellum: che in quel «misto» l'impulso aggregante del maggioritarismo è stato sconfitto dall'impulso disgregante e divisivo del proporzionalismo. Ergo, tutto va a posto se la porzione proporzionale del Mattarellum viene cancellata.

Purtroppo no. Purtroppo non è così. Anche a occhio nudo non torna. Come fa un 25 per cento (la quota proporzionale del Mattarellum) a prevalere sul restante 75 per cento (maggioritario) a tal punto da produrre un raddoppio della frammentazione partitica?

Il punto è che il maggioritario è aggregante a certe condizioni e disgregante in altre, che poi sono le condizioni nelle quali opera in Italia. Da noi è il sistema uninominale (non la proporzionale) che moltiplica i partiti e tiene in vita i partitini. Quindi, no: se restiamo con un sistema maggioritario secco restiamo malmessi e paralizzati come siamo. E in tal caso il referendum si risolverebbe in molto rumore per nulla.

La speranza è, allora, che alla vittoria del sì faccia seguito una buona legge di attuazione. Certo, una riforma elettorale è necessaria, necessarissima. Ma quale riforma? Il nodo è tutto qui. E la speranza che i referendari lo sciolgano bene è purtroppo tenue. Io voterò perché non voglio essere annoverato tra gli indifferenti che non si interessano. Io mi interesso. Ma chi vota non deve essere imbrogliato da false aspettative o promesse. Se il quorum venisse raggiunto, deve essere chiaro che per conseguire una buona riforma dovremo ricominciare a combattere sin da lunedì mattina. La politica italiana è davvero faticosa.

 



 
Indice "Rassegna Stampa"