Riforme Istituzionali
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Corriere della sera - 19/06/2000
 
ROMA - "Un suicidio". Per Fausto Bertinotti, "la riforma elettorale proposta dalla maggioranza - sostiene il leader di Rifondazione - sarà la tomba del centrosinistra". E’ "un pasticcio che non sta in piedi nemmeno tecnicamente: evoca il modello tedesco e poi lo corregge fino a negarlo. Così la coalizione di governo si farà solo addebitare la responsabilità del fallimento".
E secondo lei il centrodestra ne uscirebbe indenne?
"Di fronte a un progetto del genere, per Berlusconi e il Polo sarà un gioco da ragazzi sfilarsi e lasciare il cerino acceso nelle mani della maggioranza. Sarà il vivo che si mangerà il morto. Come ha spiegato il professor Sartori sul Corriere , nel sistema tedesco ci sono coerenze interne che non possono essere smantellate senza effetti devastanti. Sarebbe come intervenire sulla natura senza aver valutato prima l’impatto ambientale".
Quale alternativa propone al centrosinistra?
"Di trovare la forza e il coraggio politico di cambiare strategia. D’altra parte, questa è l’ultima occasione per non farsi inghiottire definitivamente dalle sabbie mobili, specialmente per i Ds chiamati a una scelta esistenziale visto che sono precipitati in una drammatica crisi d’identità, d’idee e di strategia".
Se lei fosse al posto di Veltroni che cosa farebbe?
"Quella che gli scacchisti chiamano la mossa del cavallo. Farei alla destra un’offerta indiscutibile. E cosa c’è di più indiscutibile della proposta di legge sul sistema tedesco senza correzioni già depositata in Parlamento con le firme di Urbani e di Bossi, oltre a quelle del popolare Zecchino, dei mastelliani e del sottoscritto? Voglio vedere come farebbe il Polo a rifiutarla".
Sarebbe un colpo di scena, ma lo crede possibile?
"Beh, ci vorrebbe una lucidità, anche tattica, di cui il centrosinistra oggi mi sembra privo. Ma fare del modello tedesco il testo base per la discussione in Parlamento sulla riforma elettorale è la cosa che la destra teme di più, perché una legge proporzionale come quella tedesca confligge con gli interessi materiali di Berlusconi. Lui punta a lasciare le cose come stanno, punta a votare ancora una volta con il Mattarellum: il sistema che alle prossime politiche gli darebbe le maggiori chances di vittoria, soprattutto al Nord".
Allora perché la maggioranza non ci ha già pensato?
"La cosa del centrosinistra che più colpisce, nelle grandi cose come la riforma elettorale e in quelle più piccole come le nomine Rai, è la coazione a ripetere gli stessi errori che lo hanno portato in un vicolo cieco. Non riesce ad abbandonare la cultura unitaria, ulivista, che è diventata una gabbia, una prigione, una trappola mortale. Non vedo altre spiegazioni, perché fare una mossa intelligente sulla legge elettorale oggi non dovrebbe essere difficile".
Ma se Ds e Democratici hanno perduto il referendum...
"Appunto. Adesso, visto l’esito di quel voto, potrebbero lasciar cadere senza problemi le pregiudiziali sul proporzionale. Vede, fino al 21 maggio, cioè fino alla Caporetto del fronte referendario, la strategia di D’Alema e Veltroni poteva essere contrastata, ma almeno aveva una sua logica. Invece adesso..."
Qual era la strategia del vertice Ds?
"Partorire una soluzione politica del caso italiano con il forcipe del maggioritario. Insomma, una rappresentatività unica del centrosinistra in grado di competere con il Polo. Di fatto un bipartitismo. Era comunque un disegno politico. Infatti aveva l’appoggio delle classi dirigenti che lo vedevano come lo schema più adatto a governare la modernizzazione senza rottura sociale. Noi non eravamo d’accordo. Ma i Ds potevano sempre dirci: continuate a fare la sinistra, intanto noi governiamo. Poi si è visto in quale vicolo cieco si sono cacciati a furia di puntare tutto sulla governabilità. Ora sembrano inebetiti dalla novità".
Che sarebbe?
"La sconfitta referendaria. Con il voto del 21 aprile è saltato tutto. Ma Veltroni e Parisi stanno ancora dentro il vecchio quadro, orfani dell’Ulivo che non c’è più. La novità è che le classi dirigenti italiane, dopo aver preso tutto quello che potevano prendere, hanno divorziato dal centrosinistra. E adesso si preparano a tornare a destra, come in altri Paesi europei. Il discorso programmatico del nuovo presidente della Confindustria, D’Amato, rappresenta una rottura esplicita con il centrosinistra, che intanto ha logorato il rapporto con il suo elettorato tradizionale. I Ds rischiano di uscirne addirittura schiantati. Ma, invece di reagire alla crisi, balbettano. E tutto quello che riescono a fare è mettere in campo una proposta di riforma elettorale così pasticciata da trasformarsi in un altro regalo per Berlusconi. Da non crederci...".


 
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