Come è andata a finire nel '96 lo sappiamo: il Polo uscì
sconfitto.
Una sconfitta, però, che anziché preludere ad una stagione
democratica di riforme in grado di rafforzare i meccanismi istituzionali
di garanzia e controllo, fu gestita dall'Ulivo al solo scopo di riformare
in peggio e secondo l'agenda dettata dal Polo la Costituzione.
Agli smemorati di oggi, ad esempio, è forse bene ricordare che
il Polo incentrò la campagna elettorale del '96 promettendo agli
elettori il presidenzialismo, a colpi di maggioranza se necessario.
Bene, con buona pace del responso elettorale, nel giro di pochi mesi
i lavori della Commissione Bicamerale sulle riforme si conclusero con l'approvazione
di un progetto di riforma costituzionale in senso presidenziale, con un'impianto
complessivo sui temi del federalismo e dei rapporti economici tipicamente
di destra. Fortuna volle che il Cavaliere, non contento di aver ottenuto
quasi tutto sulla giustizia, mandò in aria il tavolo delle "larghe
intese".
Ciò non ha però impedito di aprire la stagione del federalismo
nel modo peggiore, con l'approvazione dell'elezione diretta dei Presidenti
di regione. Una legittimazione diretta, per di più rifiutata dagli
elettori vista la scarsa partecipazione al voto, che viene utilizzata come
una clava dai presidenti di regione per tentare d'imporre continui "strappi
alle regole" alla luce del presunto mutato equilibrio tra i poteri.
Come dimenticare, poi, la disponibilità a votare la proposta
di "legge Rebuffa": una sorta di "scherzo legislativo" attraverso il quale
permettere lo svolgimento del referendum antiproporzionale a suo tempo
bocciato dalla Consulta.
Ed è proprio sui referendum che l'Ulivo ha assunto il ruolo
peggiore, lasciando infine a Forza Italia, che sino a pochi mesi prima
aveva sostenuto e promosso iniziative legislative ipermaggioritarie, il
merito di aver capito l'inversione in atto nel paese; un paese ormai stanco
del maggioritario e degli apprendisti stregoni, a dispetto dei desideri
veltroniani e dipietristi di liberarsi della presenza scomoda delle formazioni
minori non allineate.
Infine, tralasciando di affrontare molti temi, l'approvazione, per
il momento soltanto in prima lettura, di un progetto di federalismo che
soltanto per motivi elettoralistici il Polo si è ostinato a contrastare.
Parlare quindi di "allarme democratico" è quanto mai opportuno
e necessario. Con la consapevolezza, però, che siamo di fronte a
due schieramenti che, vuoi per le intenzioni dichiarate e vuoi per i fatti
... allarmano entrambi!