Riguardo alla riforma federalista in votazione in queste ultime battute
della legislatura, è sin troppo evidente la strumentalità
dell'opposizione del Polo: il progetto di riforma, infatti, ricalca le
linee guida votate a larga maggioranza in sede di Commissione Bicamerale;
ed in ogni caso, non sono messi in discussione presunti diritti acquisiti
delle Regioni.
Diversamente, motivi di censura potrebbero esservi proprio per i motivi
opposti di quelli lamentati dal Polo: non si è infatti tenuto conto
dell'altra opposizione, dell'opposizione che vede invece messa in discussione
l'uniformità dei diritti di cittadinanza.
Ma qui siamo nel pieno rispetto della logica bipolare, per cui nessun
problema nel cancellare le ragioni delle minoranze non allineate.
L'aspetto però più inquietante di questa polemica tra
i Poli, non è tanto la dichiarata volontà di procedere a
colpi di maggioranza, quanto quella di voler legittimare la loro scarsa
propensione a tenere conto dei diritti delle minoranze utilizzando i meccanismi
classici dei regimi plebiscitari.
Il referendum previsto dall'art. 138 Cost., da difesa dei diritti dei
cittadini da parte delle opposizioni, diventa referendum confermativo per
avallare l'operato di maggioranze parlamentari di parte.
Tutti lo invocano, da Berlusconi a Rutelli, ma non per contrastare
le modifiche costituzionali approvate a colpi di maggioranza dalla parte
avversa, secondo lo spirito dell'art. 138 Cost., bensì per dare
forza al proprio operato.
Le dichiarazioni dell'Ulivo e del Polo di questi giorni sono eloquenti:
"... su un tema così importante per il nostro Paese si pronuncino
tutti gli elettori" è la sfida di Rutelli; "Rifaremo tutto noi",
la replica di Berlusconi.
Da far cadere le braccia.
Il primo che non si fa vergogna di "recuperare" il peggior populismo
di destra, invocando anch'esso, come il Fini della campagna elettorale
del '96, il diritto di fare le riforme a maggioranza con il concorso, sempre
secondo la limitativa logica del "prendere o lasciare", del pronunciamento
popolare.
Non da meno il secondo che, per non essere scavalcato a destra, non
pensa nemmeno per un istante di ricorrere al referendum previsto dall'art.
138 Cost. per contrastare i progetti di revisione costituzionali eventualmente
approvati dall'Ulivo, preferendo la strada della "riscrittura" a colpi
di maggioranza per poi, dopo sì, invocare il pronunciamento del
"popolo".