Riforme Istituzionali
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La Repubblica 28-02-2001
 
Il candidato premier dell'Ulivo: "Sul federalismo ci giochiamo tutto"

Rutelli all'attacco: "Diamo uno schiaffo al Polo"

Massimo Giannini

ROMA - Voto sul federalismo. Costi quel che costi. Perché "è meglio perdere ma difendendo la propria coerenza e la chiarezza di fronte agli elettori", e perché "se perdessimo dimostreremmo di fronte agli italiani che Berlusconi ha comprato i nostri parlamentari". Poi referendum confermativo sulla riforma federale, "perché è giusto che su un tema così importante per il nostro Paese si pronuncino tutti gli elettori". Infine, proposta "per riformare la nostra Costituzione, solo nella seconda parte, perché la destra si scordi di poter toccare la prima parte". Con "la strada maestra dell'articolo 138", ma con l'impegno dei Poli, se il 138 non basta, a passare entro due anni a una Costituente, con "il mandato di affrontare il tema della forma di governo, dandogli stabilità con l'indicazione del premier e la sfiducia costruttiva". Francesco Rutelli è pronto. Con questo spirito e con queste proposte il candidato premier dell'Ulivo si accinge ad affrontare un mercoledì di fuoco per la sua coalizione. Rutelli, è sicuro che stasera si voterà davvero sul federalismo? "Assolutamente sì. E' una scelta di chiarezza e di coerenza. Poggia sulle adesioni che i capigruppo hanno avuto da tutti i parlamentari della maggioranza, e dalla convinzione che il centrosinistra debba affrontare questa sfida con la schiena dritta". Quanti voti vi servono, per far passare la legge? "Ce ne servono 312". Quanti ne avete, sicuri? "Non faccio numeri. Ma ieri mattina abbiamo registrato un margine sufficientemente ampio, poiché vi sono convergenze libere e convinte di parlamentari che non fanno parte della maggioranza". E se i vostri calcoli fossero sbagliati, come li sbagliò Prodi nel '97? "Affrontiamo il rischio a viso aperto. E' chiaro a tutti che se sul voto per il federalismo venisse meno all'ultimo minuto la maggioranza vorrebbe dire che Berlusconi, come già accadde in passato, ha fatto campagna acquisti tra le nostre file. Ma io credo che in termini di immagine elettorale una bocciatura del federalismo non costerebbe meno al Polo che a noi. Proprio per questo non possiamo e non dobbiamo fermarci, di fronte all'ennesimo comportamento distruttivo che hanno assunto. Vogliono vanificare qualunque riforma. Una ragione in più, per l'Ulivo, per andare fino in fondo. Costi quel che costi. Meglio perdere con coerenza, e con le proprie convinzioni. Sono convinto che gli elettori capirebbero comunque le nostre ragioni". Di che ragioni parla? "Il disegno di legge sul federalismo che voteremo stasera lo aspetta e lo condivide il Paese. E' un testo che non si può considerare della maggioranza, ma corrisponde in larga misura a quello votato dalla Bicamerale, con il polista D'Onofrio come relatore. E' sostenuto da molti che in queste ore hanno moltiplicato gli appelli al Parlamento a votarlo: prima tra tutte la Conferenza delle regioni, di cui è presidente un altro autorevole esponente dell'opposizione, Enzo Ghigo. Insomma, questa legge è il primo esempio di vera e propria partecipazione del sistema delle autonomie alle decisioni del Parlamento nazionale. E' talmente importante che oggi, all'assemblea degli eletti dell'Ulivo lancerò una proposta ulteriore". Ce la anticipi. "Proporrò al centrosinistra che, nel caso in cui il Polo non voti a favore, si possa convocare il referendum confermativo, come prevede l'articolo 138 della Costituzione. E' giusto che tutti gli elettori si esprimano, su una legge fondamentale come questa. Per questo non votarla o bocciarla sarebbe un errore gravissimo". Ma come al solito non tutti nella maggioranza condividevano l'opportunità di raccogliere questa sfida finale col Polo. Ora siete tutti d'accordo? "Oggi sì. Ne ho discusso a lungo, con i leader della maggioranza, con i capigruppo e anche con il presidente del Consiglio Amato. Devo dire che, alla fine, le incredibili prese di posizione di Berlusconi in questi ultimi giorni ci hanno fatto ricompattare". Non ha gradito l'uscita del Cavaliere, che ha detto "Rutelli è ineleggibile, sta facendo il furbo e lo cacceremo comunque dal Parlamento"? "Quello è stato puro folklore, il tema della mia ineleggibilità è inconsistente sul piano formale, come dimostrano tutti i precedenti in materia. Questa uscita di Berlusconi è stata solo la conferma dell'arroganza della destra e del disprezzo che ha per le prerogative del Parlamento sovrano. Ma non è stata questa, l'uscita di Berlusconi che mi ha indignato". Quale è stata? "Mentre ero in viaggio in Sicilia, Berlusconi ha detto tre cose gravissime. La prima: "Quando governeremo modificheremo la Costituzione, anche a colpi di maggioranza". La seconda: "Metteremo mano alla prima parte della Costituzione, anche qui a colpi di maggioranza". La terza: "Procederemo con l'elezione diretta del presidente della Repubblica anche con poteri di governo". Sono tre affermazioni che ci spingono a meditare severamente". Meditiamo severamente... "La prima affermazione, sulla Costituzione modificata a colpi di maggioranza, se l'è rimangiata in meno di 24 ore. E' il tipico pendolo confusionario berlusconiano. Lo stesso che lo ha spinto a passare dal proporzionale al maggioritario, poi a ripassare dal maggioritario al proporzionale, in base al principio "sposo qualunque tesi, purché mi faccia comodo". Tant'è, ci siamo abituati. La seconda affermazione è più preoccupante". Per lei è intangibile la prima parte della Costituzione? "Lo voglio dire una volta per tutte: l'Ulivo dice e dirà no a tutte le manipolazioni che attengono ai temi sui quali si basano i principi e i diritti del nostro sistema democratico. Sulla prima parte della Costituzione l'unica integrazione fondamentale possibile potrà venire dalla Carta dei diritti Ue. Ma questo è tutto. L'Italia è una Repubblica che nasce dalla sconfitta del fascismo, e l'impianto costituzionale che ne deriva è materia indisponibile. Il Polo è un'alleanza che integra An, figlia di quell'Msi che è nato invece dal rifiuto della Costituzione repubblicana. Quel rifiuto è oggi superato. E io non voglio negare l'orientamento democratico del partito di Fini. Ma intanto voglio ricordare agli italiani che nel simbolo di An c'è tuttora una fiamma, quella fiammella che arde sopra all'urna di Mussolini. E poi aggiungo che quell'orientamento democratico lo misurerò proprio dalla indisponibilità di An a toccare la prima parte della nostra Carta fondamentale. Non solo: nel Polo c'è anche Bossi, che non ha certo fondato la cifra del suo movimento sulla Costituzione repubblicana. Senza risalire ai giuramenti padani, solo tre giorni fa a Napoli, all'assemblea di An, un ex ministro leghista ha rivendicato come un merito il fatto di non aver cantato l'inno nazionale". Resta la terza affermazione di Berlusconi, quella sull'elezione diretta del Capo dello Stato. "Anche qui c'è un pendolarismo imbarazzante. Prima voleva l'elezione diretta del premier, adesso chiede addirittura l'elezione diretta del presidente della Repubblica che può essere anche capo dell'esecutivo. Così Berlusconi prefigura il seguente scenario: in futuro, pensando a se stesso, immagina un presidente all'americana, naturalmente mantenendo anche il suo enorme potere economico-finanziario. Una costruzione francamente ardimentosa. E mi fermo qui, nel giudizio, perché sarebbero evidenti le implicazioni di una simile scelta che confligge totalmente con la scelta che anche la destra ha compiuto con la elezione di Ciampi in quanto presidente di garanzia delle istituzioni". Eppure, adesso, con il Polo che attacca su tutto il fronte voi siete pronti a fare accordi sulle riforme. Non è contraddittoria, come linea? "Nessuna contraddizione. Ci siamo trovati di fronte a parole particolarmente gravi. Ci siamo riuniti per decidere una risposta immediata, e i lineamenti del programma per le istituzioni nella prossima legislatura che abbiamo valutato insieme ai leader dell'Ulivo e ai costituzionalisti e che formulerò oggi". La prima proposta è la Costituente, giusto? "Non propongo la Costituente ma una serie di opzioni. La strada maestra per la riforma della seconda parte della Costituzione, per me, resta l'articolo 138. Ma aggiungo: se il prossimo Parlamento non riuscirà a procedere entro un termine ragionevole di due anni alle riforme con il 138, dobbiamo imboccare altre strade. La Costituente è una, anche se incontra due tipi di dubbio. Il primo, apre la strada a tentazioni di riforma anche sulla prima parte della Carta. Il secondo, se le riforme non sono riuscite a un organismo parlamentare eletto col maggioritario perché dovrebbero riuscire a uno strumento eletto su base proporzionale, prevedibilmente più frammentato? Insomma: la Costituente è una strada, ma non è la sola". E che facciamo, un'altra Bicamerale? "Piuttosto che tentare operazioni elefantiache, nelle quali si cerca di modificare tutto, compresa ad esempio la giustizia penale, contabile e amministrativa, io penso che convenga circoscrivere gli argomenti, e di concentrarsi sui temi essenziali della riforma. Partiamo da un'esigenza: il sistema politico-istituzionale rischia di avere uno svantaggio nella stabilità del governo nazionale. Con le ultime riforme abbiamo reso stabili i governi locali e regionali, ma non siamo riusciti a rendere altrettanto stabili i governi centrali". Quindi, indicazione del premier sulla scheda e sfiducia costruttiva? "Formulerò un ventaglio di proposte, comprese anche queste. Ma insieme a queste proporrò anche la riduzione del numero dei parlamentari a 400 deputati, e la nascita del Senato come seconda Camera delle regioni e delle autonomie. Serve coraggio riformatore, anche nel centrosinistra. Ma serve un ammodernamento coerente, e non la confusione arrogante degli slogan della destra".



 
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