GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA — Parlano in momenti diversi, anche se Berlusconi e Fini sono uno
accanto all’altro, sorridenti malgrado la sconfitta e fanno i convenevoli.
«Commenta prima tu — scherza il Cavaliere — che sei il nostro comunicatore.
Io faccio l’operaio». Cos’è, la nomina del terzo «portavoce»
nel giro di una settimana? Ma no, però è vero che oggi il
Polo potrebbe davvero chiudere la giornata con una dichiarazione unica,
una dichiarazione di guerra. I tre leader della Casa delle libertà
esprimono in coro e senza sbavature il medesimo concetto: è un precedente
gravissimo, ma in fondo ci torna utile, faremo anche noi le riforme a colpi
di maggioranza.
La premessa è la solita: vinceremo le elezioni e ci penseremo
noi. Dice il Cavaliere: «L’Ulivo mostra la sua natura illiberale
e antidemocratica con un atto di masochismo puro. Con soli 4 voti si può
modificare la Costituzione. Ma noi non siamo come loro, cercheremo sempre
un vasto consenso». Dice Fini: «Il precedente è gravissimo.
Le modifiche costituzionali sulla forma dello Stato non si fanno con un
voto di scarto. Significa essere arroganti e calpestare gli annunci di
una riforma con larghe intese. Se ne pentiranno tra qualche mese».
E Umberto Bossi attacca «i comunisti e i cattocomunisti che pensano
sempre a "magna’". Hanno prodotto una vera controriforma, un passo indietro
rispetto alla Costituzione, più centralista di prima. Ma a noi interessa
solo il referendum sulla devolution».
C’è anche qualcuno che stona. Il dirigente di An Ignazio La
Russa punta l’indice su un difetto di comunicazione del centrodestra: «Abbiamo
enfatizzato troppo questa votazione. È abbastanza naturale che una
maggioranza, su un suo provvedimento, abbia la maggioranza, appunto. Così
si è ingigantita la loro vittoria, ma l’entusiasmo durerà
poco». Silvio Berlusconi accetta il risultato, non la forma: «Si
è introdotto nella storia della Repubblica un precedente: la Costituzione
si cambia a maggioranza anche con soli quattro voti. Noi cercheremo consensi
più vasti ma ove non fosse possibile ci rifaremo diligentemente
ai precedenti».
Questa è anche l’occasione per tornare sulle «minacce»
di Napoli, poi chiarite, poi corrette, ma adesso le critiche della sinistra
assumono un’altra luce. « Voglio sottolineare — dice il Cavaliere
— la spudoratezza assoluta del comportamento di molti protagonisti della
sinistra che in questi giorni hanno accusato il leader dell’opposizione
di aver annunciato cambiamenti con la semplice maggioranza. Solo che noi
non l’abbiamo mai fatto». Parla di «cialtronerie e menzogne
della maggioranza. Noi comunque rivedremo tutte queste leggi, dal federalismo
al conflitto d’interessi. Le correggerà il Polo». E conferma
il suo rifiuto a un confronto in tv con Francesco Rutelli: «Non ho
cambiato idea». Beppe Pisanu è meno drastico del Cavaliere.
«Non vogliamo dare eccessiva importanza a questo voto. Nella prossima
legislatura non potremo far finta che la legge non ci sia. Per noi allora
sarà una cosa in meno da fare, l’Ulivo ci ha tolto le castagne dal
fuoco. Noi metteremo accanto al federalismo il presidenzialismo e lo faremo
a maggioranza. E ci impegneremo anche sulla legge elettorale».
Sono dichiarazioni che non faranno piacere alla Lega, il fuoco sotto
le castagne sono le richieste del Carroccio infatti. Oggi niente liti,
però. Rocco Buttiglione sintetizza: «Quello che ha fatto la
sinistra non si capisce perchè non potremo farlo anche noi».
Bossi non si preoccupa, però anche lui manda un messaggio ai
colleghi del centrodestra. Ed è una chiamata alle armi: «Qualcuno
del Polo si lamenta del trucco della sinistra. Ma la lezione del voto sul
federalismo è una sola: il moderatismo non paga, permette solo gli
imbrogli del centralismo di sinistra». Per il senatùr conta
solo il referendum lombardo che unito alle politiche «sarà
‘unodue sul ring della politica di un match che durerà solo un’inezia,
fino alle elezioni politiche, poi la devoluzione disperderà il manigoldo
del comunismo e del cattocomunismo».
Corriere della sera 01-03-2001
Berlusconi avverte l'Ulivo: "Farò come voi se vincerò"
Bossi: la vera devolution partirà dalla Lombardia «Gli
italiani devono sapere che la Costituzione si può cambiare con 4
voti in più»
Caro Paola
Riforme, Berlusconi avverte l' Ulivo «Farò come voi se vincerò». Bossi: la vera devolution partirà dalla Lombardia ROMA - Il siparietto dovrebbe essere sdrammatizzante: le grida di esultanza ancora risuonano nell' aria quando Berlusconi e Fini escono assieme dall' Aula: «Vai, sei tu il comunicatore, io sono solo un povero operaio...», sorride il Cavaliere lasciando all' alleato l'onore del primo commento davanti ai microfoni. «E allora ti faremo... operare», risponde pronto l'altro. E però non c'è molta voglia di scherzare tra i leader della Cdl, che il sì al federalismo se lo aspettavano, però non si sa mai, magari dall'altra parte hanno sbagliato un'altra volta i conti, sperava qualcuno... Per dare immagine di unità ma anche di sottovalutazione di un evento che temevano, avevano deciso di restare in Aula ma astenersi dal voto, e di non schierare né i leader né tutti i capigruppo per le dichiarazioni di voto. L'incombenza di dire come la pensavano era stata affidata a Marco Follini, capogruppo del Ccd, che aveva rimandato i conti al 13 maggio, o quando si voterà: «Voi avrete i voti di deputati transeundi, vi lasciamo questa triste consolazione. Lo schiaffo lo date non al Polo ma alle istituzioni, noi diamo appuntamento al corpo elettorale». Ma i 316 voti arrivano, e pesano sul piatto. E allora i toni si fanno durissimi, nervosi. Minacciosi anche, perché - è il succo della reazione della Cdl - ormai è stato stabilito un precedente, e in futuro anche il centrodestra, se servirà, procederà a colpi di maggioranza. «Coloro che hanno esultato - scandisce infatti Fini - si renderanno conto nella prossima legislatura quanto sia stata ingiustificata e controproducente la loro reazione isterica», e questo perché non solo ora «l' Italia ha una pessima Costituzione» sul federalismo, ma soprattutto «per il precedente che questa votazione rappresenta». E sibila Fini, prima di lasciare il palcoscenico a Berlusconi: «Ci diamo appuntamento tra qualche mese...». Il Cavaliere non si fa pregare per proseguire il discorso, ed è davvero arrabbiato quando attacca la scelta dell'Ulivo di cambiare la Costituzione «con soli 4 voti di maggioranza». Assente da Montecitorio, ma pure lui infuriato, Umberto Bossi protesta: «La banda di governo pensa di essere furba e di riuscire a ottenere un vantaggio elettorale, ma si sbaglia di grosso: dobbiamo respingere in blocco l'antifederalismo della sinistra. Il federalismo è la devoluzione, non l'accentramento. Questa è una controriforma, quello che conta è il referendum della Lombardia». Ma è Berlusconi il più arrabbiato di tutti, si sente preso in giro per «la spudoratezza di quegli esponenti della sinistra che mi hanno accusato di voler fare riforme a maggioranza, una falsità perché non l'ho mai detto, proprio mentre avevano deciso di votare il federalismo a colpi di maggioranza». Ora però le cose cambiano, è l'annuncio del Cavaliere: «Gli italiani devono sapere che si è introdotto un precedente, che la Costituzione si può cambiare anche con soli 4 voti in più dell' opposizione». E la Cdl, se vincerà, farà altrettanto: «Noi cercheremo sempre il più vasto consenso - è l' annuncio - ma ove non ci fosse ricorreremo diligentemente a questo precedente fondamentale», ed è certo che «tutte queste cose, il federalismo, il conflitto di interessi, la riforma della scuola, saranno riviste da noi quando saremo al governo, nella certezza che saremo autorizzati a farlo da una maggioranza molto più vasta». Chissà quanto ancora vorrebbe dire il Cavaliere: ma non risponde quando gli chiedono se è preoccupato (e sembra esserlo) per un Ulivo che pensa di rimandare la data dello scioglimento delle Camere, ribadisce che non farà «nessun duello tivù» con Rutelli, scandisce: « Non esiste nei Paesi europei una legge sul conflitto di interessi, esistono delle leggi che vietano la sovrapposizione di competenze e cariche nella contestualità della posizione di responsabilità al governo». Poi scappa via, scuote la testa, non nasconde l' amarezza: «Che altro devo dirvi? E' una giornata brutta questa, sono accadute cose gravi».