Il voto al Premier? L'ultimo sopruso
di Giovanni Sartori
A quanto pare la cosiddetta Casa delle Libertà
(tale, immagino, per contrapporsi a una malvagia Casa delle Oppressioni)
si propone di far stampare sulla scheda elettorale il nome del premier
designato. E dunque, per la Casa delle Libertà, il nome di un certo
Silvio Berlusconi. Ma la Casa delle Oppressioni (pardon, volevo dire il
Centrosinistra) non eccepisce e si propone di fare la stessa cosa. E dunque
per l’Ulivo, Margherita e compagni, sulla scheda elettorale dovrebbe apparire
il nome di Rutelli. Chi lo ha stabilito? A quanto pare lo hanno deciso
di comune accordo i partiti dei due schieramenti. Verrebbe voglia di festeggiare:
in tanta smodata rissa su tutto, finalmente un consenso su qualcosa. Ma
questo accordo è consentito dalla legge? A me sembra di no. Anzi,
a me sembra incostituzionale.
Chi stampa le schede di voto le deve stampare
come dispone la legge elettorale, e cioè in conformità ai
dettati del famigerato Mattarellum. E il Mattarellum non contempla che
la scheda elettorale contenga l’indicazione di un premier designato. Si
potrà osservare che se la legge elettorale non lo prevede, nemmeno
lo vieta. Ma in questo caso il divieto discende dritto dritto dalla Costituzione;
una Costituzione che è di tipo parlamentare e che con l’indicazione
del capo del governo sulla scheda del voto verrebbe trasformata in un sistema
diverso. Diverso perché (1) spoglia il Parlamento del diritto di
scegliere e investire il premier, (2) spoglia il Parlamento del diritto
di cambiarlo, e perché (3) spoglia anche il capo dello Stato di
una delle sue prerogative.
Alle eccezioni di incostituzionalità si
risponderà, immagino, che l’indicazione sulla scheda non è
vincolante, che equivale a una promessa elettorale (e si sa che le promesse
elettorali sono promesse da marinaio). Ma questa è una scappatoia
che non regge. Le promesse elettorali sono verbali o stampate dai partiti
sulla loro stampa. Se stampate dallo Stato su una scheda di voto diventano
invece un impegno giuridicamente vincolante. Dopo il voto il vincitore
potrà sostenere di essere stato «voluto» dal popolo.
Dal che ulteriormente discende che cambiarlo sarebbe tradire la volontà
dell’elettore.
A proposito, povero elettore. Passin passetto
il votante italiano sta diventando il più violentato del mondo.
I sistemi elettorali maggioritari (e il Mattarellum lo è per tre
quarti) sono di per sé sistemi di voto fortemente coercitivi. Il
votante è costretto a scegliere, nel suo collegio, per un solo candidato;
e meno scelta di così si muore. Peraltro nei sistemi maggioritari
che funzionano a dovere questa imposizione è alleviata dal fatto
che gli elettori inglesi, o canadesi, o americani, si imbattono in candidati
«propri», in candidati locali che sono espressione del loro
collegio. Da noi, invece, abbiamo candidati «paracadutati»,
talché il signor Vendramin si presenta a Palermo e il signor Fecarotta
si presenta a Varese. Nessuno li ha mai visti prima, e Vendramin e Fecarotta
trovano i loro collegi soltanto con l’aiuto di una guida.
Ed ecco, ora, che a questo povero elettore costretto
a votare per dei paracadutisti, o dei paracadutati, si impone anche di
abbinare Fecarotta a Rutelli, o (dico a caso) Vendramin a Berlusconi. Il
che aggiunge sopruso a sopruso. Mettiamo che io sia un elettore di sinistra,
e come tale disposto a digerire il candidato che la sinistra mi spedisce
da Roma. Ma perché mai dovrei anche digerire la incambiabilità
di Rutelli? Alla stessa stregua, mettiamo che io sia un elettore di destra.
Ma posso votare destra perché sono contrario alla sinistra, e non
perché io sia innamorato di Berlusconi. Questa doppia imposizione,
questa doppia coercizione, è davvero necessaria? Rispondo: a mio
sommesso parere è non soltanto un sopruso, ma è anche una
violazione surrettizia della Costituzione che abbiamo. Perché l’indicazione
del premier sulla scheda di voto trasforma il nostro sistema in un sistema
di elezione diretta del capo del governo. E’ un sistema attuato solo in
Israele, e che in Israele ha dato pessima prova. Non sia mai detto che
i nostri politici si lascino fermare da così poco. Possono essere
fermati, però, da una elezione inficiata (inficiabile) per incostituzionalità.