Riforme Istituzionali
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Corriere della sera
07-07-2001
La sorte dei dibattimenti ora
è consegnata ai giudici e al fair play tra le parti
L’errore del magistrato: far prevalere l’esigenza della giustizia su
quella parlamentare
Giovanni Biancone
Quello che accadrà ora ai processi in
corso a Milano contro Cesare Previti e Silvio Berlusconi non l’ha stabilito
la Corte costituzionale e non l’ha stabilito - per adesso - nessuno. Gli
avvocati difensori fanno il loro mestiere, e dunque gridano vittoria dando
per scontato un «azzeramento» per tutti gli imputati (non solo
Previti che era ricorso alla Consulta, dunque) che però non sembra
affatto scontato. Si legge infatti nella sentenza che «non è
compito di questa Corte, ma dei competenti organi della giurisdizione,
stabilire i corretti criteri interpretativi e applicativi delle regole
processuali», comprese quelle sugli impedimenti più o meno
legittimi di chi dev’essere giudicato. Saranno i tribunali a decidere come
comportarsi nei due dibattimenti che ora risultano «viziati»
da alcune ordinanze del gip annullate dalla Consulta, ma la previsione
più quotata, al momento, è che verrà stralciata la
posizione di Previti mentre i processi continueranno il loro corso nei
confronti degli altri imputati. Dice l’onorevole-avvocato Pecorella che
«non è possibile disgiungere le posizioni perché tutti
devono essere giudicati insieme», ma proprio nel processo Imi-Sir
c’è già una imputato che sta andando per conto suo (l’avvocato
Acampora, che ha scelto la strada del rito abbreviato), e dunque è
possibile.
Ma al di là di queste considerazioni, il problema
posto dalla Corte costituzionale è più «alto»,
perché riguarda il futuro - oltre che il passato - dei processi
milanesi e di tutti gli altri dove sono impegnati dei parlamentari. La
Consulta ha stabilito che esistono due esigenze paritarie, entrambe da
garantire: quella del deputato o senatore di partecipare ai lavori delle
assemblee e quella del giudice di portare a termine il processo. L’errore
del gip di Milano è stato quello di far prevalere la seconda sulla
prima senza «contemperare» le due esigenze, ha detto la Corte,
aggiungendo che il «legittimo impedimento» del parlamentare
non può limitarsi ai giorni in cui si vota, ma all’intera attività
legislativa.
Ecco dunque il problema: che tempi restano per
i processi quando ci sono deputati o senatori non soltanto tra gli imputati
ma anche tra gli avvocati, come nei dibattimenti milanesi in questione?
Ancora una volta la soluzione è consegnata ai giudici e al fair
play tra le parti, con l’auspicio che l’inevitabile allungamento dei tempi
non diventi una strategia difensiva dietro il nobile paravento di una sentenza
della Corte costituzionale.
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