Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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il manifesto
26-07-2001
Un blitz sullo Stato di diritto
Genova e dopo. I diritti violati, il ruolo della
magistratura reso marginale rispetto a quello della polizia, il principio
della legittima difesa invocato da Fini per l'uccisione di Carlo Giuliani:
gli scenari inquietanti che si aprono per lo Stato di diritto tolgono la
maschera al garantismo sbandierato negli anni passati dalla Casa delle
libertà. Intervista a Livio Pepino, presidente di Magistratura democratica
Ida Domijanni
Quello che è successo a Genova apre scenari
nuovi, anche per la giurisdizione. Problemi non del tutto inediti,
ma che non si presentavano da almeno una ventina d'anni". Livio Pepino,
presidente di Magistratura democratica, pesa le parole, aspetta i risultati
delle indagini, rispetta ruoli e tempi dovuti. Ma i fatti - violazione
di diritti, sospensione di garanzie, su cui ormai le testimonianze abbondano
-, e gli indirizzi politici che dietro i fatti si intravedono, impediscono
d'altro canto di tacere. Mentre allo scenario genovese già si sommano
le intenzioni di intervento sul sistema-giustizia annunciate dal nuovo
guardasigilli.
Cariche sui cortei, pestaggi, fermi, sospensione del diritto ai colloqui
fra i fermati e i loro difensori, requisizione di hard-disk dai computer
degli avvocati, di documenti e telecamere. Non ce n'è abbastanza
per parlare di sospensione delle garanzie più elementari?
Aspetto i risultati delle inchieste della magistratura, che già
ieri, sia a Genova sia a Pavia, non ha convalidato molti dei fermi effettuati
dalla polizia. Ma sulla base delle testimonianze possiamo e dobbiamo intanto
riaffermare alcuni principi. Non a caso Magistratura democratica, già
lunedì sera, ha diffuso un testo che fa appello alla Convenzione
europea contro la tortura. E la convenzione è chiarissima: non c'è
alcun contesto di eccezionalità che giustifichi trattamenti "inumani
e degradanti", nemmeno la lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato,
e nemmeno le circostanze di "pericolo pubblico". In uno stato di diritto,
i diritti costituzionali non sono un optional.
Eppure la maggioranza di governo che va sotto il nome di Casa delle
libertà aveva fatto del garantismo una sua bandiera. Adesso si vede,
che si trattava di un garantismo a uso dei potenti....
Appunto: dov'è finito il garantismo di Forza Italia? E non solo
il suo: dov'è la cultura giuridica accademica? Dov'è l'unione
delle camere penali? Dov'è l'avvocato Pecorella, e perché
non dice che fra le garanzie irrinunciabili c'è il diritto di essere
assistiti da un avvocato? Le garanzie valgono per tutti o per alcuni? Lo
stato di diritto impone che l'accertamento delle responsabilità
avvenga sempre in un quadro di garanzie. E garantismo, cito una definizione
di Luigi Ferrajoli, significa assolvere in mancanza di prove anche contro
l'opinione pubblica, e condannare in presenza di prove anche contro l'opinione
pubblica. A Genova, viceversa, gli apparati repressivi sembrano essersi
mossi solo per alimentare e soddisfare gli istinti peggiori dell'opinione
pubblica.
Un intervento massiccio della polizia come quello che c'è stato
a Genova, non può costituire un precedente inquietante anche per
il futuro? L'autonomizzazione della polizia dal pm è uno dei sogni
nel cassetto della maggioranza di governo.
E' molto inquietante la marginalizzazione del ruolo della magistratura
che si delinea a partire dai fatti genovesi. Quando c'è un intervento
di polizia di queste dimensioni, il rischio è che la magistratura
venga chiamata non a fare le sue indagini su episodi singoli e circostanziati,
ma a convalidare l'operato della polizia. E questo avviene in contemporanea
con l'esercitarsi di una pressione senza precedenti sul giudizio della
magistratura stessa. Quando il vicepresidente del consiglio Gianfranco
Fini invoca la legittima difesa per giustificare l'uccisione di Carlo Giuliani
da parte del carabiniere che ha sparato, non fa che anticipare una sentenza
che è di competenza della magistratura, premendo indebitamente su
di essa. Questo sì, che è un elemento nuovo e preoccupante
della situazione. Rispetto al quale tutta la magistratura farà bene
ad attrezzarsi.
Non è grave anche l'estromissione dall'indagine del sostituto
procuratore Pinto, per via delle sue dichiarazioni sull'opinabilità
del ricorso all'articolo 41 del Tulps per il blitz sulla scuola Diaz?
E' quantomeno discutibile. Pinto avrebbe potuto evitare di fare dichiarazioni,
ma va detto che non si era espresso sul merito dell'inchiesta, si era limitato
a evocare un principio. E sul piano dei princìpi, la situazione
domanda di esprimersi, non di tacere: la rigidità sui princìpi
garantisce, non minaccia, l'imparzialità del giudice. E' inquietante
anche che su Pinto sia subito partita, da parte del senatore Cossiga, la
sollecitazione al guardasigilli dell'avvio dell'azione disciplinare.
Non da magistrato ma da cittadino, che cos'altro ti inquieta del teatro
genovese?
La divaricazione fra due universi, quello della politica ufficiale
e quello della contestazione: due linguaggi che non comunicano, al di là
delle professioni di dialogo. Perché fra l'uno e l'altro è
saltata la mediazione della rappresentanza politica. Genova dice tutto
quello che l'astensionismo aveva già anticipato, sulla crisi della
rappresentanza nonché sulla crisi della sinistra.
Violenza: c'è o non c'è un problema?
C'è. E non si può esorcizzare, come molti fanno, dicendo
che riguarda 1500 black bloc perlopiù non italiani. Tra le frange
violente c'erano infiltrati e non infiltrati. Dobbiamo mettere a fuoco
il fenomeno, capire da dove viene e che cosa significa, perché senza
capirlo non riusciremmo ad averne ragione.
il manifesto
26-07-2001
"Genova, il Cile anni 70"
Giuristi e avvocati denunciano. "Chiediamo le dimissioni di Scajola
e un'inchiesta parlamentare"
Tiziana Barucci
"Quella notte, sotto il faro degli elicotteri, di fronte ai reparti
speciali schierati, tra le urla dei ragazzi, non si era più a Genova,
né in Italia, ma in un altro tempo e in un altro spazio, in un non-luogo
di scomparsa di ogni regola e di ogni garanzia. Si assisteva insomma al
tentativo di sostituire all'ordinamento vigente un nuovo stato di polizia".
Fioccano da ogni parte le denunce di giuristi, esponenti politici e associazioni
contro le violenze delle forze di polizia a Genova. Lo stralcio qui sopra
è tratto da un appello siglato da avvocati penalisti e civilisti
di Milano che hanno raccolto l'invito del Gsf coprendo il ruolo
di osservatori durante le manifestazioni. In tre pagine denunciano il provvedimento
dell procura di Genova che in quei drammatici giorni ha sospeso il diritto
ai colloqui tra i fermati e i loro difensori per tutto il periodo di trattenimento
in caserme o commissariati consentendo "alle forze di polizia, che tanta
violenza avevano già esercitato al momento degli arresti, di mantenere
un potere pieno e incontrollato su fermati o arrestati, impedendo ogni
verifica sulle loro condizioni fisiche ed ogni controllo circa ulteriori
abusi e violenze".
Altro capitolo la mancata comunicazione ai familiari dell'avvenuto
arresto o fermo, informazione dovuta con immediatezza ai sensi dell'articolo
387 del codice di procedura penale. Per non parlare della "mattanza" perpetrata
nei locali delle scuole e del fatto, "inconcepibile e inquietante, che
la Procura della Repubblica di Genova, che pure ha dichiarato di essere
stata avvisata dell'inizio delle operazioni, non abbia sentito il dovere
di presenziare all'atto di indagine, abdicando di fatto al ruolo di controllo
del rispetto delle garanzie di libertà e dei più elementari
principi di civiltà giuridica".
Ancora più duro, se possibile, il documento firmato, tra gli
altri, dall'avvocato Luigi Saraceni e il giurista Luigi Ferrajoli. Per
quest'ultimo i fatti di Genova, in particolare la perquisizione avvenuta
durante la notte nei locali delle due scuole rappresentano "una sfida allo
stato di diritto e alla democrazia e un banco di prova per la tenuta democratica
della giurisdizione. C'è da sperare -aggiunge - che la magistratura
intervenga non convalidando gli arresti di quella notte e la stessa perquisizione.
Mai come ora bisogna dire che queste cose non sono ammissibili in un paese
democratico. Non è ammissibile una perquisizione durante la quale
non venga rispettata l'incolumità di cose e persone ma vengano distrutte
prove e mandati all'ospedale 60 ragazzi".
"L'oltraggio inaudito alla democrazia, alla Costituzione, alle norme
internazionali ed europee non può restare impunito", si legge nel
documento, che chiede le "immediate dimissioni del ministro degli Interni
Scajola, del vicepresidente del consiglio Fini, del questore di Genova,
degli altri responsabili politici e istituzionali di quanto accaduto",
nonché la "formazione immediata di una commissione parlamentare
d'inchiesta che proceda a un'ampia e approfondita ricostruzione di quanto
è avvenuto a Genova e la liberazione dei giovani arrestati senza
motivo".
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