Riforme Istituzionali
L'Opinione
 
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05/01/2002
 
Franco Ragusa
 
I "diritti-doveri" del Presidente

Non ricordo se nel primo o nel secondo libro della trilogia di Asimov, ad un certo punto, per analizzare il discorso di un alto funzionario dell'Impero Galattico, gli abitanti di Terminus ricorrono ad una sorta di marchingegno in grado di estrapolare i passaggi più significativi del discorso. Il risultato delle tante parole pronunziate dal politico inviato dall'Impero fu un foglio di carta bianco.
Volendo accingersi a fare lo stesso tipo di analisi con il discorso di fine anno del Presidente Ciampi, privi, purtroppo, della tecnologia adatta, il risultato non cambia: forse qualche sussurro, ma l'impressione prevalente è quella di un "assordante" silenzio.
Diversamente dai commenti di alcuni giornali, non ho intravisto, nel messaggio del Presidente, alcun richiamo.
Francamente, è difficile scorgere particolari messaggi nelle poche righe (10 su un totale di 144) dedicate alle questioni istituzionali.
Un breve elenco di principi per ricordare i cardini sui quali si fonda la democrazia e l'invito (tra le righe), ad ogni Potere dello Stato, al rispetto del proprie competenze istituzionali senza prevaricare il ruolo degli altri poteri.
Infine, probabilmente perché da più parti sollecitato a svolgere i compiti che la Costituzione gli assegna, la definizione del ruolo istituzionale del Presidente della Repubblica che, secondo l'interpretazione del presidente Ciampi, "vigila ed opera perché siano rispettati i principi costituzionali", più un inedito "diritto-dovere di consigliare".
A ben vedere, una contraddizione dalla quale è praticamente impossibile uscirne vivi.
Perché mai un Presidente dovrebbe limitarsi a consigliare e non utilizzare, a difesa dei principi costituzionali, gli strumenti istituzionali di cui può disporre?
O vista in altro modo: perché mai ad un Presidente potrebbe essere permesso d'interferire nelle scelte del governo attraverso un uso di fatto incontrollato di pubblici consigli?
Baldassarre e Caianiello, ex presidenti della Corte Costituzionale, hanno affermato che il Capo dello Stato può sì dare consigli e suggerimenti, per poi subito aggiungere, però, che questi interventi non devono assumere il significato di "potere intrigante" nella vita politica o di "manovre di Palazzo".
Ma chi la decide la qualità di questi interventi? Dove finisce il consiglio e dove inizia l'intrigo?
Certamente, vista la propensione del Presidente Ciampi a non prendere dure posizioni neanche di fronte allo strappo costituzionale costituito dall'imposizione agli elettori del voto al premier (vedi i simboli delle schede elettorali alle ultime politiche), con conseguente affievolimento delle sue prerogative di nomina del Presidente del Consiglio e scioglimento delle Camere, Baldassarre e Caianiello possono dormire sonni tranquilli.
Sonni meno tranquilli, però, li dormono tutti coloro che guardano con apprensione ai continui conflitti istituzionali.
Ogni tanto un consiglio alla moderazione, ma d'intervenire con decisione nelle apposite sedi, con gli strumenti che la Costituzione offre, per tentare d'individuare chi o che cosa stia minando la pacifica convivenza tra i Poteri dello Stato, questo no.
A che pro', allora, ricordare che esistono dei limiti di competenza per ogni Potere dello Stato, per poi non utilizzare le proprie risorse per intervenire, appunto, a difesa dell'autonomia di ogni singolo Potere nella più ampia logica della difesa dei principi costituzionali?
Cosa ne è degli articoli della Costituzione che conferiscono al Presidente prerogative quali l'invio di messaggi alle Camere, la richiesta di una nuova deliberazione di una legge e la Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura?
Certamente, queste prerogative non possono essere utilizzate per interferire con l'attività del Parlamento o del Governo. Ma ciò non può significare che specifici atti o leggi non possano essere messi sotto esame laddove potrebbe configurarsi la lesione di principi costituzionali e la tenuta delle Istituzioni; per non dire dell'uso indiscriminato dell'attività legislativa e di governo a tutto vantaggio di pochi personalissimi interessi a danno degli interessi generali del paese.
Il Presidente della Repubblica ha il diritto-dovere di non tirarsi indietro, utilizzando correttamente le prerogative costituzionali di cui dispone; prerogative sin troppo chiare che nulla hanno a che vedere con il fantasioso ed inedito diritto-dovere di consigliare che certamente non può essere d'aiuto per la risoluzione dei problemi.
Nel caso dei Poteri dello Stato, si è responsabili non solo per le azioni compiute, ma anche per ciò che non si fa.
Che possa piacere o no al Presidente Ciampi, il suo non fare implica l'automatica legittimazione degli atti compiuti dal Parlamento, dal Governo, come da altri Organi dello Stato.
Si evitino, allora, gl'inviti alla moderazione, e si evitino, soprattutto, gl'inutili consigli: per il Presidente non c'è nulla di cui allarmarsi, altrimenti l'avremmo visto intervenire utilizzando i poteri di cui può disporre.
 


 
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