Riforme Istituzionali
Rassegna stampa

www.riforme.net


Corriere della sera 28-01-2002
NE VERRA’ FUORI UN CAN-GATTO?

G. Sartori

Dobbiamo dialogare? Certo, ci mancherebbe altro. Better ballots than bullets , meglio schede (di voto) che pallottole. Del pari, meglio dialogare che sparare. Ma il dialogare presuppone - lo dice la dizione - il logos , e cioè la capacità e la volontà di entrare in un discorso razionale. Il dialogare presuppone sincerità di scambio (di idee). Inoltre, per dialogare bisogna essere in due (come per sposarsi o ballare il tango). E la domanda è: come si fa a dialogare con un sordo? E cioè con un finto dialogante che si rifiuta di ascoltare e che evita sistematicamente di rispondere? Me lo chiedo perché il dibattito sul conflitto di interessi si svolge proprio così. La parte che appartiene alla civiltà del dialogo critica la «situazione Berlusconi» adducendo argomenti, spiegando perché. Ma la controparte non contro-dialoga, ripete sempre una identica velina e tira imperturbabilmente innanzi. A me è addirittura capitato di imbattermi per tre volte di fila nello stesso difensore d’ufficio del Cavaliere. La sera prima aveva asserito che costringere Berlusconi a vendere Mediaset costituirebbe una violazione costituzionale del principio della proprietà privata. Io gli avevo risposto leggendogli la Costituzione, che appunto prevede «limiti» alla proprietà privata. La sera prima aveva asserito che la Costituzione non consentiva «l’esproprio» del Cavaliere. Io gli avevo risposto che la vendita sul mercato - specie se con offerta pubblica di vendita - non è un esproprio; e comunque che anche l’esproprio è previsto e consentito dalla Costituzione. Tutto inutile. La mattina dopo il nostro bravo Berluschino ripeteva (senza nemmeno cercare di salvare la faccia con qualche variante) che la Costituzione rendeva il Cavaliere intoccabile. E così ogni volta.
Dialogo? Questo sarebbe dialogo? Ci deve essere qualche dialogante - o raccomandatore di dialogo - più bravo di me. Gli passo volentieri la mano.
L’invito al dialogo non è - s’intende - un fine in sé. In politica si dialoga per negoziare un «compromesso», un incontro a mezza strada. Domanda: questa mezza strada esiste sempre? Sempre no. Se vado al ristorante non posso scegliere un «carne-pesce», un animale che sia metà carne e metà pesce. Analogamente, se cerco un animale domestico non posso scegliere un «can-gatto» un mezzo-cane e mezzo-gatto. Ma se scelgo pesce, allora posso negoziare un accordo su quale pesce; o se scelgo cane, allora tra un alano e un bassotto si può trovare un compromesso su un cane lupo. E nel caso del conflitto di interessi? In questo momento si fronteggiano - in commissione a Montecitorio - due progetti: da un lato il disegno di legge Frattini (con i ritocchi cosmetici di Caianiello), e dall’altro il «modello americano» proposto dall’opposizione. Sono conciliabili? O sono alternativi? Vediamo.
Il modello americano prevede l’intervento, in vari modi, sulla radice del male, sul patrimonio. La Frattini-Caianiello sposta il problema dalle sue cause ai suoi effetti. Esclude a limine qualsiasi intervento sul patrimonio, e consente soltanto un controllo ex post sugli atti di governo. Al che si oppone che 1) un uso improprio del potere deve essere impedito prima che crei danni e non quando li ha già prodotti, e che 2) non c’è nessuna equivalenza tra i due interventi: il primo affronta un coccodrillo, il secondo acchiappa solo lucertole. Perché il conflitto di interessi di Berlusconi non richiede, per essere esercitato, atti di governo; oramai si fonda soprattutto su rendite di posizione.
È di tutta evidenza, allora, che i due progetti non sono fondibili; che sono alternativi. Dialogando, dialogando si arriverà a un can-gatto? Questo no. Però si potrebbe benissimo arrivare a un gatto (l’opposizione) che si lascia mangiare dal cane (la maggioranza), e cioè che legittima la presa in giro del progetto berlusconiano in cambio di un piatto di lenticchie. Dialogando, dialogando.


Il giurista alla commissione Affari costituzionali della Camera: sia la sanzione estrema per la violazione della legge

Conflitto d’interessi, Caianiello non esclude la vendita dei beni

Ascoltato anche Cheli (Authority Comunicazione): sì al modello americano
 

ROMA - Sono iniziate con una maratona di sette ore le audizioni per la legge sul conflitto di interessi. E non sono mancate le sorprese. Teatro degli eventi: la commissione Affari costituzionali di Montecitorio che aveva deciso di ascoltare un ampio ventaglio di pareri forniti in diretta da giuristi ed esperti. Già dalla prima seduta gli schemi sono saltati in virtù dei giudizi espressi dall’ex presidente della Consulta Vincenzo Caianiello e dal professor Sabino Cassese. Il primo ha sostenuto con dovizia di argomentazioni che la sua proposta non è assolutamente integrabile con il disegno di legge governativo firmato dal ministro Franco Frattini, il secondo invece ha detto che sono conciliabili. Chi si aspettava che Caianiello desse una mano al governo e Cassese all’opposizione si è dovuto ricredere. Il terzo protagonista della giornata è stato Enzo Cheli, attuale presidente dell’Authority delle Comunicazioni, che si è speso per «il modello americano» e comunque ha sostenuto che la sua struttura oggi non ha né i poteri né i mezzi necessari per vigilare sugli atti del governo. Ma ovviamente attuerà «con il massimo scrupolo» le decisioni che verranno prese in sede legislativa. Era previsto anche un intervento del presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro, ma a causa di un malore ha dovuto disertare l’audizione. Secondo indiscrezioni sembra che anche Tesauro nutra timori sulla reale capacità dell’Antitrust di cumulare, ai compiti affidatigli dalla legge antimonopoli, nuovi controlli e nuove funzioni di garanzia.
Il presidente emerito Caianiello ha ribadito la sua contrarietà ad una struttura ad hoc e ha proposto di affidare la vigilanza sugli atti del governo alle due authority attualmente presiedute da Cheli e Tesauro. Poi ha insistito molto sul regime delle sanzioni. «Si potrebbe pensare - ha detto - a una multa per la prima volta, poi a una sospensione dell’amministratore e poi all’interdizione dalle attività». Se si dovessero ripetere violazioni della legge si può prevedere persino la vendita delle aziende. «E’ come quando si tira fuori il cartellino rosso dopo due cartellini gialli». Caianiello si è detto contrario a un regime di incompatibilità e ha giudicato incostituzionale il progetto presentato dall’Ulivo. Per Cheli il modello americano da copiare prevede «misure limitative che mirino a separare temporaneamente proprietà e gestione» come il blind trust o l’amministrazione fiduciaria. Da escludere invece l’obbligo di cessione dell’impresa.
Oggi è ancora giornata di audizioni, domani cominciano i lavori veri e propri della commissione. La maggioranza è già al lavoro per stendere una proposta definitiva, mentre l'opposizione per bocca di Paolo Gentiloni (Margherita) ieri ha commentato sarcasticamente le dichiarazioni di Caianiello: «Anche lui ha bocciato Frattini».

D.D.V


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni"