Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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il manifesto 13-06-2002
 
«Incostituzionale e inefficiente»
 
Parere negativo del Csm. «No» alla super-cassazione e alla separazione tra giudici e pm
 
A. Man.
 
Una bocciatura senza appello. Dal consiglio superiore della magistratura arriva un deciso «no» alla riforma dell'ordinamento giudiziario, da ieri al senato. «No» alla separazione delle funzioni, «no» al al nuovo status della cassazione, «no» alla Scuola della magistratura che il governo vorrebbe sottrarre all'organo di autogoverno. Per il Csm la riforma del ministro Roberto Castelli è «in contrasto con le norme costituzionali sull'assetto organizzativo e sul governo autonomo della magistratura» o almeno - si legge nel parere approvato ieri - se ne discosta «in larga misura». E poi, «non si è di fronte ad una legge di riforma organica» ma ad «innesti che spesso risultano non coordinati o mal raccordati con la normativa non investita di modifiche». Si salvano solo la temporaneità degli incarichi direttivi e la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Venti voti a favore, tre contrari (i laici del Polo) e otto astenuti. La separazione delle funzioni. Il Csm non può che «apprezzare» la scelta di «mantenere nell'ambito di un'unica carriera i magistrati requirenti e giudicanti» che «offre la più sicura garanzia dell'indipendenza dell'ufficio del pm». Ma va bene solo l'obbligo di un corso di formazione nel passaggio da giudice a pm (o viceversa), mentre l'obbligo di cambiare distretto «potrebbe costituire un ostacolo e un forte disincentivo al mutamento, finendo per operare in concreto come causa effettiva di separazione delle carriere, in contrasto con l'obiettivo dichiarato del governo». Il Csm teme insomma che si arrivi alla separazione delle carriere senza chiamarla con il suo nome.

Cassazione e sistema disciplinare. «E' l'idea stessa di ordinare i magistrati di una sorta di piramide - avverte il Csm - che non risponde ai bisogni di una società moderna». Bocciato il ritorno al concorso (per metà dei posti) perché «non si muove affatto nella direzione di una maggiore efficienza»; respinta l'idea di un trattamento economico «privilegiato» per i giudici di cassazione. Per il Csm non c'è spazio per un organismo «fortemente differenziato dalla magistratura di merito», destinato alla duplice funzione di terzo grado di giudizio e di «controllore» delle toghe di rango inferiore. «No» anche alla Commissione speciale per l'accesso alle funzioni di legittimità, a meno che non venga nominata «esclusivamente dal Csm» (il ddl lascia al governo «un potere di proposta» che costituirebbe «grave violazione delle attribuzioni del Csm»). La confusione dei ruoli - si legge ancora nel parere - contrasta con l'articolo 105, che assegna promozioni, trasferimenti e assegnazioni all'organo di autogoverno.

Critiche ancora più aspre per il nuovo sistema disciplinare. Il ddl non definisce «i beni e i valori che la giurisdizione disciplinare è chiamata a tutelare, i doveri del magistrato, la tipologia delle sanzioni irrogabili»; la definizione di illeciti e sanzioni, osserva il plenum, «viene lasciata integralmente alla discrezionalità dell'esecutivo, il quale diviene l'unico arbitro». E' dunque «una delega in bianco del tutto incompatibile con la costituzione, talmente generica da risolversi in un incondizionato trasferimento all'esecutivo di dettare norme sull'assetto della magistratura, in palese violazione dell'articolo 76» che limita la delegazione legislativa).

«No» alla Scuola di Castelli. Legato a doppio filo al nuovo status della suprema corte è il tema della Scuola della magistratura, che il governo vorrebbe istituire proprio nell'ambito della cassazione. Castelli si è impegnato a rivedere i meccanismi di nomina del consiglio direttivo, ma non basta. Rimangono «perplessità di ordine costituzionali» con riferimento ai principi dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura. «Il concetto di formazione che traspare dalla delega - si legge ancora nel parere - risulta lontano sia da quello elaborato nella ricca esperienza formativa del Csm sia da quello proprio della moderna scienza della formazione e delle prassi formative nelle aziende ed in rami qualificati della stessa Pubblica Amministrazione». Mentre «la moderna formazione in ambito giudiziario deve essere processo continuo di accrescimento della professionalità e non mero ed episodico momento di aggiornamento professionale», la delega disegna «una struttura accentrata, che somministra corsi di tipo tradizionale».


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