Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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il manifesto 12-07-2002
 
Modernizzazioni
 
Avanzi savoia
 
Alessandro Robecchi
 
Non dovranno dimostrare di avere un lavoro regolare, cosa che peraltro non hanno mai avuto. Non dovranno essere chiamati nominalmente dal datore di lavoro. Non dovranno nemmeno lasciare le impronte digitali. Eppure, come ha deciso ieri la Camera dei deputati, i Savoia potranno rientrare in Italia: una sanatoria in piena regola per questi bellimbusti extracomunitari che, arrivando dalla Svizzera, non rischieranno nemmeno di farsi intercettare dalla Marina italiana con licenza di affondarli in mezzo al mare. Certo il loro rientro sarà un viaggio terribile: in yacht dall'isola di Cavallo a Nizza, poi in limousine fino a Ginevra, poi in Ferrari fino a Saint Moritz e poi, finalmente si affacceranno ai nostri confini. Un'odissea spaventosa, resa ancora più ardua dal fatto che parlano l'italiano un po' meno di Biscardi e che lo parlano con l'accento del Tartufòn dei panettoni. Ma in questo modo - assicurano le più svariegate forze politiche di centro, di destra e di sinistra che ieri hanno votato per la sanatoria-Savoia alla Camera - si fa un immenso servizio alla Repubblica. Non si sa esattamente quale servizio, ma è bello dirlo.
Fa fine e soprattutto fa tanto "bipartisan", una cosa che fa sempre la sua figura, specie col caviale. Mentre alla Camera si faceva un "servizio alla Repubblica" riaprendo le porte ai monarchi (bizzarra equazione), al Senato si faceva un regalo ai padani fingendo di chiudere fuori gli immigrati. Per questi, povera gente che lavora, ci vogliono la chiamata nominale, un lavoro in regola (una cosa che con il Patto per l'Italia tra poco non avrà nessuno), e le impronte digitali. E questo nonostante nessuno di loro abbia mai preso a fucilate un turista all'isola di Cavallo, né venduto armi all''ingrosso, né aperto le porte alla dittatura fascista. In compenso il loro viaggio sarà di tutto relax: un container piombato dal Kurdistan a Istanbul, poi una carretta del mare fino a Durazzo, poi un gommone, poi un rigenerante bagno a tre o quattro miglia dalla costa. Educativo: così se non sanno nuotare imparano. E divertente: sempre con il brivido che una motovedetta italiana li affondi, come peraltro è già successo senza che i settimanali di cronaca rosa se ne siano occupati. A prima vista viene da pensare che sia tutto un quiproquo, uno scambio di persone. Forse in un altro mondo (possibile?) si sarebbe dovuti prendere le impronte ai Savoia e accogliere gli stranieri che vengono qui a lavorare. Forse, chissà, i deputati sono andati per sbaglio al Senato e i senatori si sono recati per errore alla Camera e così è nato questo incredibile equivoco.

O forse no. Forse rimangono aperte alcune questioni, come per esempio il ricongiungimento familiare. E' risaputo che uno straniero che lavora qui da anni e cerca di far venire moglie e figli, in modo da integrarsi meglio, non potrà farlo. I tempi si allungano, la burocrazia è più stronza di un doganiere a mano armata, più feroce dei fari di una motovedetta (ma molto più lenta). E' la famosa politica della famiglia tanta cara al Polo: vieni qui, ti fai un culo così, la moglie non la puoi portare, e se vai via ti freghiamo i contributi Inps. Tutto in regola, insomma. Per i Savoia, invece, i ricongiungimenti famigliari saranno una bazzecola, una pura formalità. Il che significa che nel giro di qualche mese avremo tra i maroni contessine, principessine, arciduchi di primo, secondo, terzo grado, marchesini di primo e secondo pelo, cicisbei di ogni risma, fancazzisti blasonati, tutti ovviamente con le loro omologhe femminili, per la gioia delle trasmissioni tivù del pomeriggio e dei rotocalchi per famiglie, un po' stufi di doversi pagare l'albergo in Svizzera per raccontare le scemenze di casa Savoia.

Naturalmente si tratta della solita finzione mediatica. Già: nonostante non potessero mettere piede sul Sacro Suolo, i Savoia ci ammorbano ormai da decenni. Sdoganati per far ridere in tivù, usati per commentare le partite, per decantare le bellezze turistiche della Corsica, per recensire le piste da sci, essi sono diventati in pochi anni un segno distintivo dell'immaginario italiano: un Savoia un parere, una cazzata, un gossip non lo nega a nessuno, con regale generosità.E d'altro canto suona finzione anche la legge razzista votata al Senato, quella Bossi-Fini che teoricamente, secondo i suoi firmatari, dovrebbe evitare l'invasione di "stranieri delinquenti". Macchè: i delinquenti verranno lo stesso (se si fanno fermare da una legge, che delinquenti sono?) e in compenso gli stranieri regolari saranno più ricattabili, costeranno meno, verranno licenziati (e quindi espulsi) al primo accenno di sindacalizzazione. La nemesi storica finisce qui, dunque. Il cerchio si chiude: l'Italia modernizzata da Silvio e dai fascisti suoi soci prevede ampio uso di una mano d'opera senza garanzie, senza salvagenti, senza ammortizzatori sociali. Braccia da importare se ce n'è bisogno e da espellere a lavoro fatto. Ed è giusto, dunque, che con la reintroduzione della schiavitù e del lavoro servile senza garanzie, torni in auge pure la più sfaccendata, perniciosa e parassita nobiltà, con i suoi birignao, le sue fastose residenze, le sue feste, i suoi commerci poco chiari. In una giornata sola (quella di ieri), un balzo indietro di oltre un secolo. Complimenti per la modernizzazione.


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