Riforme Istituzionali
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il manifesto 16-07-2002
 
Paolo Bonetti, docente all'università Bicocca: «La legge Bossi-Fini contiene molti profili di incostituzionalità»
 
Cinzia Gubbini
 
Sulla nuova legge Bossi-Fini se ne sono dette tante, ma un aspetto è rimasto in ombra. Si tratta dei profili incostituzionali di cui, secondo alcuni giuristi, il nuovo testo è intriso e che, nei prossimi mesi, potrebbero richiedere un intervento della Consulta. Con Paolo Bonetti, ricercatore di diritto costituzionale presso l'università degli studi di Milano Bicocca, e docente presso lo stesso ateneo di istituzioni di diritto pubblico, analizziamo i punti più controversi. «Uno degli aspetti più allarmanti della nuova legge sull'immigrazione riguarda le misure di accompagnamento alla frontiera dell'immigrato espellendo per mezzo della forza pubblica», spiega il professore. Che non assolve neanche il decreto 51, emanato dal governo quest'anno, per stabilire che il questore deve «comunicare» al giudice il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento. Il provvedimento, infatti, resta «immediatamente esecutivo». Una beffa, da un lato, ma anche una decisione in contrasto con la costituzione, perché, come spiega Bonetti: «Con la legge Bossi-Fini l'espulsione con accompagnamento alla frontiera diventa ordinaria, ovvero, tutti gli immigrati presenti irregolarmente sul territorio italiano verranno espulsi in questo modo. Ma l'articolo 13 prevede che la libertà personale si possa limitare solo in casi di eccezionalità, oltre a prevedere, in questi casi, una riserva giurisdizionale». Oltre alla mancata «eccezionalità», c'è anche qualcos'altro che non torna nella decisione di "scortare" tutti gli espellendi: «Manca completamente la tassatività dei presupposti - continua Bonetti - cioè una loro precisa definizione. Ad esempio, non basta dire "per motivi di ordine pubblico", occorre spcificare. In secondo luogo, la riserva di giuridizionalità dell'articolo 13 non riguarda soltanto, come potrebbe apparire a una lettura superficiale, la necessità che il magistrato convalidi la misura, bensì che sia la magistratura stessa ad applicarla, e non l'autorità di pubblica sicurezza».

Colpevoli. Fino a prova contraria

«Nella Bossi-Fini troviamo tutta una serie di misure - continua Bonetti - in cui sembra venir meno la presunzione costituzionale di non colpevolezza fino alla condanna definitiva». L'articolo 4 stabilisce, infatti, il divieto di ingresso nel territorio nazionale di persone che siano state condannate in via non definitiva per reati medio-gravi. «E' un divieto assoluto - continua il professore - che si pone come misura sanzionatoria e che fa a pugni con il principio di non colpevolezza. E non basta: secondo il sistema del testo unico, qualora queste condanne di primo grado venissero inferte a uno straniero già regolarmente soggiornante, si configura, in modo automatico, il presupposto per procedere alla revoca o al rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno».

Diritto alla difesa in pericolo

La nuova legge prevede che il ricorso avverso all'espulsione può essere presentato tramite «la rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel paese di destinazione» (articolo 12). «Il diritto alla difesa è tutelato dall'articolo 24 della costituzione - spiega Bonetti - Ma è evidente che se lo straniero proviene da un paese in cui non siano presenti rappresentanze consolari, gli viene di fatto impedito il diritto alla difesa. Le dirò di più, il diritto alla difesa non è soltanto il diritto a ricorrere, ma anche il diritto ad evitare l'adozione nei propri confronti di azioni gravi e irreparabili. Per esempio l'espulsione con accompagnamento alla frontiera, di cui parlavamo prima. In quel caso, la limitazione della libertà personale è sottratta alla possibilità di un intervento giurisdizionale prima dell'esecuzione del provvedimento di espulsione».

Quel che ha fatto più scalpore tra gli addetti ai lavori rispetto al diritto alla difesa, riguarda però la parte della legge Bossi-Fini dedicata al diritto di asilo: «Nel caso in cui il richiedente asilo otterrà un respingimento della propria domanda da parte della commissione territoriale, potrà presentare ricorso. Ma questo non comporterà la sospensione dell'espulsione», osserva Bonetti. E, pare, non sia sufficiente neanche la previsione - aggiunta in extremis - di un ricorso amministrativo gerarchico. «Ma non si tratta neanche di un ricorso gerarchico vero e proprio - sottolinea Bonetti - visto che la domanda sarà esaminata per la seconda volta dalla stessa commissione territoriale integrata da un membro esterno. E' una cosa kafkiana, non si capisce quale effetto avrà questo ricorso, anzi si sa, non avrà alcun effetto. E' una pura finzione». E sulla questione del diritto d'asilo, Bonetti rileva che: «Si continua pervicacemente a identificare il rifugiato - cioè colui che in base alla Convenzione di Ginevra dimostra una persecuzione individuale - con l'asilante. Secondo la costituzione italiana può chiedere asilo chi, nel paese d'origine, non vede garantito l'effettivo esercizio delle libertà previste dalla nostra carta costituzionale».

Diritto d'asilo: il centro

Come se non bastasse la Bossi-Fini introduce l'istituto dei «centri di identificazione» per i richiedenti asilo. E' costituzionale? «Il testo è volutamente ambiguo, perché non è chiaro quale sarà l'effetto del trattenimento, è una vera misura restrittiva della libertà personale? Sembrerebbe di no, come dire, sarebbe un onere imposto al richiedente asilo per vedere esaminata la sua domanda. Tant'è vero che si dice: se lo straniero si allontana dal centro di identificazione significa che rinuncia all'esame della domanda. Il che significa che potrebbe allontanarsi, teoricamente. Ma non è affatto chiaro».

Novità sui cpt

Nel 2001 la Corte costituzionale dichiarò legittimo il trattenimento nei centri di permanenza temporanea per gli espellendi. Ma con la Bossi-Fini, qualcosa potrebbe cambiare: «Con la Turco-Napolitano il trattenimento poteva essere considerato una misura non ordinaria, e quindi costituzionalmente legittima. Con la nuova normativa le cose cambiano, perché il trattenimento e l'accompagnamento alla frontiera diventano la normale procedura di espulsione. Ma il problema non sta nel trattenimento, di dubbia costiuzionalità è che sia disposto autonomamente dall'autorità di pubblica sicurezza. Come succedeva già con la Turco-Napolitano, al giudice viene presentato un provvedimento che già di per sé prevede trenta giorni di tratenimento, mentre questo tipo di valutazioni spetta soltanto alla magistratura». Eppure, secondo Bonetti, esisterebbe un modello di trattenimento in grado di tenere insieme la necessità di controllare le frontiere e l'inviolabilità della libertà personale: «Nei termini massimi di 48 ore più 48 - spiega il professore - il questore potrebbe chiedere al magistrato tre cose: decretare l'espulsione, convalidare l'accompagnamento e decidere sull'eventuale prolungamento del trattenimento. Questa decisione spetta solo al giudice. Sono anni che lo ripeto, eppure nessuno vuole ascoltare».

Il contratto di soggiorno

Ma anche la «rivoluzione» più consistente contenuta nella Bossi-Fini, e cioè il famoso contratto di soggiorno è, dice Bonetti, «di dubbia costituzionalità»: «Perché è un istituto previsto solo nei confronti degli stranieri extracomunitari, in violazione del principio di uguaglianza di trattamento previsto dalla convenzione 143 del 1975 dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Questa convenzione, in base all'articolo 10 secdondo comma della costituzione, è vincolante per il legislatore italiano»

Ricongiungimento a ostacoli

E cosa dire sulle nuove restrizioni poste al ricongiungimento famigliare? «Ci sono una serie di norme che configurano una intromissione delle autorità nel diritto al vivere in famiglia, che è garantito dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo - spiega Bonetti - e che la Consulta afferma essere garantito dalla costituzione italiana anche agli stranieri in base agli articoli 29 e 30. Il primo caso, e più evidente, è la revoca del permesso di soggiorno ai coniugi stranieri di cittadini italiani, qualora venga meno la convivenza. Si configura, anche in questo caso, una disuguaglianza tra una famiglia composta da comunitari, e una famiglia formata da un italiano e un extracomunitario. Che cosa succederà? Se il marito va a lavorare lontan è cessata la convivenza? La legge dice: se è nata la prole non si revoca. E se è in arrivo? Non ha senso una norma del genere. Tra l'altro mal si coordina con l'altra norma, ereditata dalla legge del `98, che permette di avere un permesso di soggiorno ad altro titolo a chi, avendo usufruito del ricongiungimento familiare, si separa o si divorzia. Pensiamo al caso di una separazione legale, come purtroppo avviene, non consensuale. Nel periodo di interregno, tra quando si cessa la convivenza e quando si ottiene la separazione, che cosa succede? Si revoca il permesso di soggiorno?


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