Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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La Stampa 19-07-2002
  
Il ministro leghista: presidenzialismo e federalismo andranno di pari passo
Bossi: le grandi riforme con Berlusconi al Quirinale
Pera auspica «provvedimenti meno frettolosi e bipartisan o si rischia il caos»
 
Maria Teresa Meli
 
ROMA - «Non c´è dubbio, il prossimo Capo dello Stato verrà eletto direttamente dagli italiani, così si inaugurerà la terza Repubblica e il candidato della Casa delle Libertà sarà Silvio Berlusconi. Chi meglio di lui potrebbe svolgere questo ruolo? E´ una garanzia di cambiamento». Chi parla è Umberto Bossi. Il leader della Lega Nord non sta rilasciando dichiarazioni a titolo personale. No, sta illustrando il progetto per ricompattare la maggioranza: una legislatura all´insegna delle riforme istituzionali basate sull´accoppiata federalismo-presidenzialismo. E il capogruppo dell´Udc al Senato, Francesco D´Onofrio, chiosa così le affermazioni di Bossi: «E´ un modo per stabilizzare la coalizione. Una risposta a quelli che immaginano altri scenari». Il riferimento è a Pierferdinando Casini e a quei centristi (D´Onofrio non è tra questi) che strizzano l´occhio al centrosinistra, che immaginano cambi di maggioranza e sognano il Quirinale. Dunque, dopo i ripetuti smarcamenti di Casini da Berlusconi, la Casa delle Libertà ha deciso di passare all´offensiva su un progetto che accontenta, nella parte federalista, la Lega, che soddisfa, sul presidenzialismo, Alleanza nazionale, e che conferma la leadership sulla coalizione del Cavaliere. L´occasione per anticipare le future mosse del centrodestra è fornita da un convegno a Palazzo Madama. Ospite del presidente del Senato Marcello Pera, nel ruolo di contraltare di Casini, Umberto Bossi è chiamato a parlare di federalismo con il ministro Enrico La Loggia, il presidente della conferenza delle Regioni Enzo Ghigo, il presidente dell´Anci Leonardo Domenici, il diessino Franco Bassanini. In prima fila siede il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi. Il Quirinale, com´è prassi in questi casi, ha ricevuto dagli uffici di Palazzo Madama gli interventi scritti di tutti gli oratori. Solo uno è mancato all´appello. Quello del ministro delle Riforme, il quale ha spiegato che avrebbe parlato a braccio. In verità il leader della Lega arriva con una cartellina sotto braccio. Dentro c´è il suo discorso, ma è solo una scaletta, scritta a penna da lui medesimo. Davanti a quella platea, Bossi spiega che il federalismo dovrà andare di pari passo con una riforma presidenziale che ricalchi il modello francese. Le prossime tappe per completare le riforme saranno l´ingresso nella Corte Costituzionale di rappresentanti delle Regioni e la creazione di un Senato federale. Bossi spiega che la riforma del titolo quinto della Costituzione, quella approvata dal centrosinistra alla fine della scorsa legislatura, ha creato un «federalismo caotico». Per uscire dall´impasse, spiega, «è necessario ragionare su uno schema di riforma che abbia il respiro di una legislatura». Quella dell´Ulivo, in realtà, rappresenta solo un «piccolo pezzettino della riforma federalista, il secondo pezzettino - aggiunge il leader della Lega - sarà costituito dall´ingresso degli eletti delle Regioni nella Consulta. Il terzo si avrà con la coppia dialettica federalismo e presidenzialismo». Quanto all´ultimo punto il ministro sottolinea che «l´ipotesi più realistica è quella derivabile dal modello francese». Quindi Bossi spiega a grandi linee quale dovrebbe essere l´impianto del federalismo: «Per le competenze statali esclusive le proposte di legge dovrebbero essere votate dalla Camera, quelle regionali dalle Regioni, mentre per le competenze concorrenti Stato-Regioni, che possono anche essere ridotte, dovrebbero essere assegnate al Senato federale». La maggioranza sembra aver dunque trovato un punto d´accordo su un tema che si pensava dovesse provocare non poche polemiche il prossimo autunno all´interno della coalizione. Ma Bossi assicura: «Da parte di Berlusconi c´è il desiderio di mettersi alla testa del cambiamento federalista». E non è un caso che, nel suo discorso, anche il ministro forzitalista La Loggia parli della «realizzazione di un senato federale e del presidenzialismo». Ma a Palazzo Madama, proprio in apertura dei lavori del convegno, si tiene un altro discorso importante, quello di Pera. Non un saluto di rito ai presenti, bensì un attacco alla riforma federalista approvata dall´Ulivo nella scorsa legislatura, che rischia di «far precipitare l´ordinamento in uno stato di incertezze» che provocano «conseguenze istituzionali». La prima è che la Corte Costituzionale è «investita da un contenzioso» di «conflitti» che «può provocarne persino la paralisi». Perciò «altri interventi legislativi saranno sicuramente necessari», ammonisce il presidente del Senato. E «questa volta meno frettolosi e bipartisan, altrimenti», avverte il presidente del Senato, quello che «ci va di mezzo è lo Stato».
 

 
«Accelerare sulla devolution»
 
C.T.
 
ROMA

Il presidenzialismo «ci serve a blindare la maggioranza» perchè con un piano complessivo di riforme, nessuno potrà dire no alla devolution. Francesco Speroni, braccio destro di Umberto Bossi al ministero delle riforme, spiega così l´apertura del sentaur al presidenzislimo. E lancia un avvertimento: sulla devolution serve una «accelerata» e non verrano tollerati «sgambetti» da parte dei centristi o di altri alleati.
 

Il presidenzialismo, insomma, è una garanzia per la il federalismo?

«In primo luogo noi pensiamo al semipresidenzialismo. Pensiamo al modello francese. Comunque è un´opportunità politica».

In che senso?

«Nel senso che con il presidenzialismo rispondiamo ad alcune esigenze della coalizione».

A quelle di Alleanza nazionale?

«Soprattutto a quelle di An, ma non solo. In questo modo riusciamo a offrire un piano organico di riforme e a rendere più compatta la maggioranza. Così blindiamo la Casa delle libertà».

In questo modo, però, una volta approvata questa riforma, si aprirebbe immediatamente la strada alle elezioni.

«No. Su questo Bossi è stato chiaro: bisogna arrivare al 2006. Si approva la riforma e si dice che entra in vigore nel 2006».

Pensate che di fronte ad una riforma presidenzialista l´attuale Presidente della Repubblica Ciampi possa pensare a rimettere il mandato anticipatamente?

«Per niente. Abbiamo fatto bene i conti. E guarda caso la fine della legislatura coincide con la fine del mandato di Ciampi. Non c´è quindi alcun contrasto. Il Capo dello Stato rimarrà al suo posto».

Il presidenzialismo renderà forse più difficile il dialogo con l´opposizione.

«Per noi la collaborazione con la minoranza è sempre ben accetta. Ma loro la riforma se la sono fatta da soli. Anche noi non rinunceremo alle nostre idee. Eppoi non mi sembra che il centrosinistra sia ben disposto nei nostri confronti. Sulla devolution al Senato hanno presentato quasi mille emendamenti. Più che da spirito costruttivo, mi sembrano animati da uno spirito quasi distruttivo».

A proposito di devolution, l´esame in Parlamento procede al rallentatore.

«In effetti bisogna dare una accelerata. Penso che subito dopo la pausa estiva si dovrà iniziare a votare».

E´ più l´opposizione o qualche settore della maggiornaza a frenare?

«Più l´opposizione. Nella maggioranza non ci sono problemi. Anche per questo abbiamo pensato di presentare una piattaforma globale di riforme. Che comprenda appunto anche il presidenzialismo».

Molti sostengono che l´Udc di Casini e Follini, sia pronta a fare qualche sgambetto sulla devolution.

«Perchè dovrebbe farli a noi. Certe cose si fanno agli avversari e non agli alleati. E´ vero, però, che ultimamente hanno dato segni di sbandamento. Ma la devolution fa parte del programma di governo. E sarebbe un tradimento non rispettare il patto con cui ci siamo presentati alle elezioni».

E quali sarebbero le conseguenze di questo eventuale tradimento?

La nostra uscita dal governo. Noi siamo al governo per fare le riforme. Se non le facciamo, usciamo».

Le prossime tappe riformatrici quali saranno?

«Oltre alla devolution su cui in autunno dovremo dare una svolta, inizieremo a mettere mano alla Corte costituzionale. Se le condizioni politiche lo permetteranno, entro fine anno credo che sarà tutto fatto. Poi il Senato delle regioni, che entrerà in funzione con la nuova legislatura».

E il federalismo dell´Ulivo?

«Dobbiamo solo superarlo. Quello crea solo un sacco di problemi».


Corriere della sera 19-07-2002
 
Bossi rilancia il presidenzialismo alla francese
Il leader leghista: deve procedere insieme con il federalismo. Il candidato ideale? Il premier
 
Gianni Fregonara
 
ROMA - L’occasione è solenne: nella sala Maccari al Senato ci sono il presidente della Repubblica, il presidente del Senato, i rappresentanti delle regioni, dei comuni e delle province. Ci sono maggioranza e opposizione. E Umberto Bossi, che parla «da ministro ma anche da segretario del partito che proprio a causa del federalismo ha subito sei-settecento processi», annuncia quale sarà la riforma federalista che ha in mente il centrodestra. Una riforma, precisa Bossi, che «deve avere il respiro di legislatura». Con questo intervento il leader della Lega smina il terreno del prossimo possibile scontro nel centrodestra. E anzi cerca di rilanciare la riforma, visto che «ci troviamo in un periodo di paralisi di iniziativa». Poiché è stata «scelta la strada dei piccoli passi, spiega Bossi, andremo avanti per stadi». Primo: la devolution con l’attuazione della riforma del titolo V della Costituzione, perché finora con la legge approvata dall’Ulivo «abbiamo un federalismo caotico». Secondo: la riforma della Corte Costituzionale con elezione dei giudici da parte delle Regioni. Terzo: la nuova forma di Stato e di governo insieme, cioè federalismo e presidenzialismo, «che è la bandiera della destra nazionale».
E’ la prima volta che Bossi dice sì in modo così esplicito anche alla riforma presidenziale, ma lì, davanti a Ciampi e a Pera, fa anche di più. Suggerisce quello che gli sembra al momento il modello «più probabile»: «quello del presidenzialismo alla francese». Poi, davanti ad un gruppetto di giornalisti, aggiunge: «Chi potrà essere il presidente eletto? Non vedo chi meglio di Berlusconi...».
Dai discorsi del ministro per le riforme, che ieri ha faticosamente concluso il suo intervento perché era febbricitante ed è stato scortato in infermeria da Tremonti e Brancher, scompaiono così i toni propagandistici, come il riferimento ai tre parlamenti. E prende corpo un progetto condiviso dalla maggioranza: «Non ne ho parlato con Berlusconi nelle ultime ventiquattr’ore - racconta Bossi - ma è chiaro che il premier ha il desiderio di mettersi alla testa del grande cambiamento federalista» e di far uscire il Paese «dal pantano». Non a caso il presidente del Senato Marcello Pera parla, introducendo la discussione, della necessità di occuparsi del problema della Corte Costituzionale e di fare la Camera delle Regioni. Enrico La Loggia, ministro delle Regioni e fedelissimo del Cavaliere, appoggia il progetto Bossi. Persino Francesco D’Onofrio dell’Udc spiega che «è importante quello che ha detto il ministro delle Riforme perché ha parlato di un progetto di coalizione per la legislatura, con buona pace di chi pensa ad altri scenari», aggiunge forse riferendosi al braccio di ferro tra Berlusconi e Casini.
Avanti verso la riforma istituzionale, dunque. Ma come? Marcello Pera parla di uno scenario bipartisan e anche Bossi a modo suo spiega che «non si può fare una legge costituzionale come ha fatto l’Ulivo nella passata legislatura, con quattro voti trasformisti». L’annuncio di Bossi non era scontato, ma nel centrodestra ci hanno lavorato a lungo. E prima del convegno, ieri, il presidente della Repubblica ha voluto incontrare i partecipanti: da Bossi, al presidente del Piemonte Enzo Ghigo, dal presidente dell’Anci Leonardo Domenici a Franco Bassanini. E’ con il senatore diessino che Bossi indirettamente si scambia messaggi distensivi. «Qualsiasi passo fatto finora anche dal centrosinistra è positivo», dice Bossi spiegando che «adesso tocca a noi fare il passo definitivo». Bassanini propone che «ognuna delle due parti faccia un passo verso l’altra».
Bossi non ha fretta per la riforma costituzionale: «Per un anno c’è stata la priorità economica affidata al nostro creativo ministro del Tesoro - sorride - adesso si potranno fare le correzioni della devolution e le norme per la Corte Costituzionale, per le quali al massimo ci vorranno sei mesi». Ma il presidenzialismo? «Ci sarà il semestre di presidenza europea dell’Italia, poi partirà il progetto federalista della Casa delle libertà».


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