Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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Ma la proposta mette in imbarazzo la sinistra,
rispuntano i «presidenzialisti»
Gianni Fregonara
ROMA - Il socialista Roberto Villetti la vede in
modo un po’ tragico: «Non possiamo certo pensare che basti stenderci
sui binari per fermare il treno berlusconiano, saremmo travolti».
Raccontano che Arturo Parisi, vicepresidente della Margherita, avesse previsto
già qualche tempo fa che l’idea di rilanciare la stagione delle
riforme fosse l’unica mossa sensata di Berlusconi «per ricompattare
la maggioranza e per spiazzarci». Perché nell’ironia con cui
nel centrosinistra viene accolta la nuova mossa del premier, nell’insistere
che è tutta una questione mediatica per nascondere i problemi nella
maggioranza, si nasconde anche un certo imbarazzo: sulla riforma presidenziale
non tutti la pensano allo stesso modo, sulle riforme istituzionali non
c’è un accordo e il programma elettorale «lo abbiamo fatto
apposta un po’ generico su questo punto», come spiega Paolo Gentiloni
della Margherita.
E dunque non basta fare previsioni poco fauste
per Berlusconi, come spiega il capogruppo dei Ds Luciano Violante: «Già
è stato dimostrato che uno fa le riforme per essere favorito, rischia
che il risultato sia negativo». L’ex presidente della Camera pensa
a Mitterrand che fece cambiare la legge elettorale e a Jacques Chirac che
provocò le elezioni anticipate e le perse. E’ più realista
il dalemiano Peppino Caldarola che teme: «rischiamo di nuovo di farci
trovare impreparati». E non a caso il coordinatore dei Ds Vannino
Chiti, mentre i leader del partito sono impegnati a demolire Berlusconi,
fa sapere alle agenzie che la Quercia ha ancora un suo modello istituzionale
preferito che è il «governo del premier», una copia
del sistema spagnolo o di quello tedesco.
In realtà durante la Bicamerale, lo corregge
Caldarola, «dopo l’imboscata della Lega che bocciò il nostro
progetto, decidemmo di votare il semipresidenzialismo alla francese, e
anche per questo adesso sarà difficile gestire questo passaggio».
Perché soltanto il «governo del premier» è quello
che può tenere insieme tutto il partito. Con buona pace di quanti
preferivano il presidenzialismo. A partire da Valdo Spini («ma io
non rinnego la mia posizione») fino a Cesare Salvi che ha già
cambiato idea qualche mese fa, sposando la proposta di legge di Nicola
Mancino (Margherita) per introdurre il cancellierato.
Se nella scorsa legislatura, Massimo D’Alema,
presidente della Bicamerale, accettò di appoggiare il sistema francese,
oggi Luciano Violante frena. Tanto per cominciare nessuno si metta in mente
di fare commissioni ad hoc per gestire le riforme: «Se ne parla in
quella degli Affari Costituzionali». Anche se, aggiunge il capogruppo
dei Ds, «non mi sembra che adesso questa sia una priorità.
Il presidenzialismo alla francese era pensato per rispondere alla necessità
di stabilità del sistema: oggi il nostro sistema è stabile,
dunque non vedo perché insistere a cambiare».
Insomma, avanti adagio, perché altrimenti
la coalizione rischia nuovi scossoni. Non sono soltanto i socialisti a
mantenere la bandiera del sistema presidenziale (lo vollero ai tempi di
Craxi, lo votarono in Bicamerale). Certo oggi c’è un buon motivo
per andare cauti che nel centrosinistra unisce anche chi la pensa in modo
diverso: il conflitto di interessi. «Questo passaggio dell’elezione
di Berlusconi al Quirinale non sarebbe altro che l’ultimo passaggio verso
una repubblica sudamericana», insistono i diessini del correntone,
la minoranza anti Fassino.
Eppure l’opposizione intransigente al progetto
della Casa delle Libertà non è considerata da tutti una tattica
adeguata: «Se si parla di riforme in modo vero e serio non resta
che sederci al tavolo», spiega Gentiloni, braccio destro di Francesco
Rutelli. E non è un caso che metta le mani avanti: «Io sono
per non fare crociate contro il presidenzialismo. Non condivido che si
parli di rischi peronismo solo perché c’è questo centrodestra».
Non è il solo Gentiloni a temere che una battaglia frontale contro
le riforme non faccia altro che dare nuovi elementi di propaganda alla
maggioranza. Ma certo anche nella Margherita gli ex democristiani non vogliono
sentir parlare di presidenzialismo in nessuna variante, mentre Rutelli
e Parisi non sono «pregiudizialmente contrari».
Ma non riemerge soltanto la contraddizione tra
presidenzialisti e non. La proposta berlusconiana ridà fiato al
variegato partito del proporzionale, nella maggioranza come nell’opposizione.
Partito trasversale che nel Polo ha il suo profeta in Rocco Buttiglione,
ma raccoglie consensi anche nella Lega e in parte di Forza Italia, e nel
centrosinistra va da Mastella a Salvi, da Rifondazione ad un buon pezzo
di Margherita. «Credo che se riusciremo a introdurre il sistema presidenziale,
sarà accettabile il sistema elettorale attualmente in vigore nelle
regioni», che è proporzionale di coalizione, propone il ministro
Giuliano Urbani, esperto di questioni istituzionali. Nella maggioranza
c’è chi pensa che sia meglio soprassedere, «altrimenti non
faremo nulla».
La questione nell’opposizione è aperta.
Per non parlare della più lontana ma non meno difficile scelta:
chi sarà lo sfidante di Berlusconi? Prodi, Amato... la lista nel
centrosinistra è già lunga.
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