SESTA COMMISSIONE
ORDINE DEL GIORNO AGGIUNTO
INDICE
1) Parere sul disegno di legge di iniziativa parlamentare già
approvata al Senato.
(Fasc. n. 56/02 Relatori Dott. DE NUNZIO, Prof. BERLINGUER
e Dottori CIVININI, LO VOI)
La Sesta Commissione propone al Plenum di approvare la seguente delibera:
"Il Consiglio Superiore della Magistratura,
rilevato che è in corso l’esame alla Camera dei Deputati dell’atto
n. 3102/C di cui all’intestazione, già approvata dal Senato;
nella consapevolezza che un contributo di approfondimento tecnico proveniente
dall’organo di autogoverno della magistratura possa offrire, in un rapporto
di leale collaborazione tra le istituzioni, utili spunti al Ministro della
Giustizia ai fini della interlocuzione del Governo nella attività
parlamentare,
considerato che a norma dell’art 10 capoverso della Legge 24.3.1958
n 195 rientra nelle attribuzioni del C.S.M. fare proposte al Ministro della
Giustizia su tutte le materie riguardanti l’organizzazione ed i servizi
e dare pareri sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario,
l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente
alle predette materie;
che il disegno di legge in questione apporta delle modifiche alla normativa
sulla rimessione che possono avere ricadute sulla disciplina dell’Ordinamento
giudiziario, sull’organizzazione degli uffici e l’amministrazione della
giustizia;
visto l’art.15 R.I.,
osserva:
Deve anzitutto osservarsi che la previsione dello spostamento del processo
dal giudice naturale precostituito per legge ad altro giudice incide sulla
garanzia costituzionale di cui all’art. 25 Cost. ed è legittima
nei limiti in cui è giustificata dall’esigenza di tutelare situazioni
di rilievo costituzionale prevalente, è specifica ed è condizionata
a presupposti rigorosi, determinati e facilmente accertabili in fatto e
si oppone pertanto a spostamenti di competenza determinabili dall’insindacabile
discrezionalità di un qualsiasi organo giudiziario. Inoltre, ogni
riforma normativa incidente sul funzionamento degli uffici giudiziari non
può prescindere dalla ricerca dei necessari interventi di sostegno
in un contesto come l’attuale e, soprattutto, dalle condizioni organizzative
e strutturali del personale ausiliario (si pensi agli uffici notificazione)
che già oggi rendono difficile la programmazione e la gestione dell’attività
giudiziaria e concorrono a determinare l’elevata lunghezza dei processi
da tutti stigmatizzata.
La precostituzione del giudice (art. 25 Cost.), il buon andamento del
servizio giustizia (art. 97 Cost.) e la durata ragionevole del processo
(art. 111 Cost.) sono, dunque, i temi di fondo cui far riferimento nella
specie; rispetto ad essi il Consiglio ha sempre fornito il proprio contributo
ed il proprio forte impegno propositivo. Ed infatti, la precostituzione
del giudice costituisce il fondamento dell’intera materia tabellare e gli
altri temi hanno visto negli ultimi anni un impegno particolarmente intenso
del Consiglio, che si è attivato per il rispetto dei principi contenuti
nell’art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e nell’art.111
della Costituzione, fornendo il proprio contributo anche in relazione alla
cogente esigenza di rimuovere i presupposti del contenzioso innanzi alla
Corte di Strasburgo.
Possono, pertanto, formularsi le seguenti osservazioni:
A) Con la modifica dell’art. 45 c.p.p. viene prevista una ipotesi
di rimessione per "legittimo sospetto". La mancanza di precisi termini
di riferimento rischia di consentire la configurabilità della fattispecie
in una serie molto ampia di casi, con particolare riferimento ai contesti
di criminalità organizzata e di far sì che qualunque tensione
che investa il processo possa essere posta a fondamento di un’istanza di
rimessione ad opera delle parti pubbliche e private. L’ipotizzabile conseguenza
sarà un incremento esponenziale dei ricorsi, incentivato dal "nuovo"
effetto sospensivo automatico, rispetto ai dati forniti dalla Corte di
Cassazione che stimano in 439 il numero delle istanze per rimessione del
processo dal 1996 ad oggi (di cui soltanto uno accolto).
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La previsione dei casi di sospensione, sia facoltativa che obbligatoria,
avrà poi inevitabili conseguenze negative sul principio costituzionale
della durata ragionevole del processo. La sospensione del processo non
realizza le esigenze di effettività della giurisdizione (e paradigmatica
è la vicenda del regolamento di giurisdizione nell’ambito del processo
civile che, fino alla riforma del ’90, veniva sistematicamente utilizzato
pressochè in tutti i processi di una qualche rilevanza a fini esclusivamente
dilatori). In merito si prospetta l’opportunità di una diversa modulazione
degli effetti sospensivi ed impeditivi della istanza di remissione, ricordando
l’orientamento costante della Corte europea dei diritti dell’uomo (art.6
della Convenzione). Una siffatta ricaduta, del tutto evidente per il processo
interessato dalla istanza di remissione, è peraltro prospettabile
in via più generalizzata, dal momento che la stasi processuale che
così si determina è suscettibile di intralciare e creare
inconvenienti sul programma organizzativo del lavoro di udienza, alterando
l’assetto organizzativo della trattazione dei processi stabilito in precedenza
dall’organo giudicante e quello complessivo dell’ufficio.
-
I termini previsti per l’instaurazione del contraddittorio sulla questione
sollevata se, da un lato, mirano a garantire la concreta possibilità
per le parti di controdedurre, certamente comportano – unitamente al rito
ordinario (anziché quello camerale) previsto per la trattazione
del ricorso davanti la Suprema Corte – un sensibile allungamento dei tempi
di definizione del procedimento. Questo aspetto che si appalesa particolarmente
rilevante nei processi con più imputati, qualora ciascuno presenti
in successione la richiesta di rimessione dando luogo a (nuova) decorrenza
dei termini, laddove più adeguata apparirebbe la previsione di misure
atte a scoraggiare seriamente le istanze meramente dilatorie.
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La mancata riproposizione dell’attuale disposizione, secondo cui in caso
di accoglimento dell’istanza di rimessione il giudice designato è
chiamato a decidere con ordinanza "se e in quale parte gli atti conservano
efficacia", potrebbe far discendere la radicale inefficacia di tutti
gli atti già compiuti. Anche ai fini di una concreta attuazione
del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi, appare
opportuno prevedere un diverso regime di utilizzabilità degli atti,
anche per prevenire il concreto pericolo che sopravvenga la prescrizione
del reato o il decorso dei termini di custodia cautelare.
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La combinata previsione dell’effetto sospensivo automatico e della reiterabilità
dell’istanza di rimessione dichiarata inammissibile per ragioni di rito
e di quella respinta per ragioni di merito con deduzione di "elementi nuovi",
potrebbe dare vita anche a fenomeni di uso dello strumento processuale
a fini dilatori o ad un suo abuso. Ancora più marcatamente il problema
si pone in caso di presentazione di istanza di rimessione innanzi al nuovo
giudice designato in accoglimento di una prima istanza. Tale meccanismo
è stato già valutato in termini negativi dal Giudice delle
leggi che, nella sentenza n. 353/1996, nell’accogliere la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 47, comma 1, in relazione all'uso
distorto della reiterazione dell'istanza di rimessione ex art. 49 del codice
di procedura penale, ha affermato che "l'equilibrio fra i principi di
economia processuale e di terzietà del giudice è … solo apparente
nella ponderazione codicistica, posto che il possibile abuso processuale
determina la paralisi del procedimento, tanto da compromettere il bene
costituzionale dell'efficienza del processo, qual è enucleabile
dai principi costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale
e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali".
Il legislatore " pur pienamente libero nella costruzione delle scansioni
processuale, ....non può tuttavia scegliere, fra i possibili percorsi,
quello che comporti, sia pure in casi estremi, la paralisi dell’attività
processuale, perché impedendo sistematicamente tale attività,
mediante la riproposizione della istanza di remissione, si finirebbe col
negare la stessa nozione di processo e si contribuirebbe a recare danni
evidenti all’amministrazione della giustizia".
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Possibile fonte di abuso può derivare dall’assenza di regolamentazione
nel caso di processo con più imputati, lacuna che rischia di vanificare
anche la preclusione alla reiterazione dell’istanza (rigettata nel merito)
sulla base dei medesimi motivi, ben potendo ciascun imputato a turno proporre
la richiesta di rimessione sulla base delle ragioni già dedotte
(e negativamente vagliate) dal coimputato, ottenendo l’effetto sospensivo
automatico della discussione e quindi impedendo la definizione del giudizio.
Altro rischio riguarda la ricaduta in termini organizzativi sui processi
di criminalità organizzata e, particolarmente, su quelli nei quali
sono coinvolti decine di imputati sottoposti al regime dell’art. 41 bis
O.P., attesa la necessità di conciliare i calendari delle udienze
dei diversi processi che vanno celebrati con il sistema della videoconferenza.
Da ultimo, ritiene il Consiglio di dover porre l’attenzione sui rischi
che un’estensione generalizzata delle cause di rimessione del processo
potrebbe avere effetti negativi sulla stessa credibilità della giurisdizione,
minando quella fiducia che ne costituisce il presupposto indefettibile
e la funzionalità del processo, che è una delle condizioni
della stessa legittimazione del giudice."