La difficile ricerca di un compromesso sul
nodo principale del disegno di legge presentato dalla maggioranza: la sospensione
automatica dei procedimenti in corso
Giovanni Bianconi - ROMA
Quando hanno capito che i «laici»
della Casa delle libertà avrebbero giocato la carta dell’ostruzionismo
facendo mancare il numero legale, l’altra fazione del Consiglio superiore
della magistratura - tutti i «togati» più i «laici»
dell’Ulivo - ha deciso la contromossa: la discussione del parere sulla
legge Cirami non sarebbe più avvenuta con la «procedura d’urgenza»,
ma attraverso un «ordine del giorno aggiunto». Un accorgimento
procedurale che cambia la sostanza, oltre che la forma, di come si iscrive
un argomento da dibattere nel plenum. L’urgenza, infatti, non prevede l’avallo
del presidente del Csm, cioè il capo dello Stato, al contrario dell’altra
via. Sotto l’inserimento nella discussione al plenum di oggi del «parere
sul disegno di legge di iniziativa parlamentare già approvato dal
Senato», c’è dunque la firma più autorevole, quella
di Carlo Azeglio Ciampi. E’ diventato così più difficile
per «l’opposizione» del Csm (che rispecchia la maggioranza
in Parlamento) sostenere l’illegittimità del documento dell’organo
di autogoverno dei giudici sulla proposta di reinserire il «legittimo
sospetto» sui magistrati tra le cause per cui si può spostare
un processo da un tribunale all’altro. Per questo, fino a ieri sera, sono
andate avanti le trattative per trovare una soluzione meno traumatica al
muro contro muro che si prospetta nel Consiglio, uguale e contrario (come
rapporti di forza) a quello che già s’è verificato al Senato
durante il dibattito sulla «Cirami».
Dal Quirinale si fa sapere che Ciampi ha sottoscritto
il nuovo calendario dei lavori perché si tratta di argomentazioni
tecniche sulla ricaduta delle norme proposte sul funzionamento degli uffici
giudiziari, e quindi non c’è alcun intento «politico»
né polemico contro la maggioranza di governo che invece contesta
la legittimità del parere del Csm. Ma a Palazzo dei Marescialli,
sede del Csm, sottolineano che le cinque pagine di serrate critiche alla
legge Cirami riprendono (facendole proprie) anche gli interrogativi sulla
costituzionalità del testo in discussione alla Camera. In particolare
laddove si afferma che «la previsione dei casi di sospensione dei
dibattimenti, sia facoltativa che obbligatoria, avrà inevitabili
conseguenze negative sul principio costituzionale della durata ragionevole
del processo».
La sospensione automatica del giudizio in attesa
del verdetto sul «legittimo sospetto» (regola già bocciata
dalla Corte costituzionale) è il nodo di fondo della rissa sulla
«Cirami», perché è il passaggio che consentirebbe
il blocco dei processi milanesi dove sono imputati Cesare Previti e Silvio
Berlusconi. Su questo punto, con un notevole esercizio di diplomazia, il
documento messo a punto dai magistrati del Csm più i "laici" del
centro-sinistra parla di «opportunità di una diversa modulazione
degli effetti sospensivi ed impeditivi dell’istanza di rimessione».
Un modo per dire che non è in discussione il principio di interrompere
i procedimenti, ma l’automatismo previsto nell’attuale testo della «Cirami».
Fu lo stesso Berlusconi, dopo un colloquio con
Ciampi, ad ammettere che dal Quirinale erano stati segnalati dei «punti
da approfondire». Disse pure che «i nostri uffici hanno già
pronte le risposte», ma nel dibattito alla Camera non sono ancora
emerse proposte in grado di superare i rischi di incostituzionalità
rispettando le esigenze della maggioranza. Una mediazione all’orizzonte,
adombrata a suo tempo dal presidente della commissione Giustizia di Montecitorio
(nonché avvocato del premier nel dibattimento milanese), ipotizza
un vaglio preliminare della Cassazione sull’ammissibilità delle
istanze, nel quale decidere anche l’eventuale sospensione del processo.
Non tutti però sembrano d’accordo con questa soluzione. In attesa
che il Parlamento concluda i suoi giochi, quello che accadrà oggi
al Csm servirà non solo a capire lo stato dei rapporti tra i giudici
rappresentati nell’organo di autogoverno e i politici del centro-destra,
ma anche la disponibilità al dialogo sul «legittimo sospetto»
fuori dal Palazzo dei Marescialli.