La Stampa
12-10-2002
La Consulta e i cambiamenti della politica
Convegno a Milano
Roberto Annichiaro
Il giudice costituzionale e i «dilemmi vertiginosi» dettati
dal «peso della scelta», ma anche dal suo ruolo nella società
e dal rapporto con il potere politico. Cambiano i punti di riferimento,
i principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria in Europa, per esempio
in fatto di diritto di famiglia, hanno una sempre maggiore influenza anche
sui giudici italiani. E quindi anche sul lavoro della Consulta, che, secondo
uno dei suoi più autorevoli protagonisti, Gustavo Zagrebelsky, si
trova ad affrontare «l´avanzata di una visione basata su una
sorta di aziendalismo costituzionale». Ne è spia anche una
terminologia nuova: «Si parla di azienda Italia, sistema paese e
governance invece che di governabilità». Ecco perché,
ha spiegato ieri Zagrebelsky al Convegno annuale dell´Associazione
italiana dei costituzionalisti su «Diritto costituzionale e diritto
giurisprudenziale», che si conclude oggi all´Università
Bocconi, «quello che ci tocca come costituzionalisti è soprattutto
decidere in quale società intendiamo vivere». Alla presidenza
dell´incontro il presidente della Consulta, Cesare Ruperto. In platea,
il presidente della Rai, Antonio Baldassarre, e l´ex Roberto Zaccaria,
Leopoldo Elia. Fra i relatori lo stesso Baldassarre, Mario Dogliani, Valerio
Onida, Angelo Mattioni. Alla radice del tormento del giudice costituzionale,
ha aggiunto Zagrebelsky, quella «ragionevolezza» della soluzione
nell´applicare la dottrina che dovrebbe condurre, pur nella fatica
della collegialità, a «un buon compromesso e non a un cattivo
compromesso». «Una teoria - secondo Giovanni Bognetti, direttore
dell´Istituto di diritto pubblico alla Statale di Milano - che se
accolta in una versione estrema produrrebbe una tendenziale destrutturazione
dell´ordinamento, che non mi pare accettabile. Meglio concepire e
trattare le disposizioni della Costituzione formale come un insieme di
principi e regole che formano una cornice entro la quale possono muoversi
le autonome scelte dei poteri politici». Una tesi condivisa, in contrapposizione
a quella di Zagrebelsky, dal costituzionalista Augusto Barbera. «Dove
va la società? Non mi sembra che queste siano risposte che deve
dare il diritto costituzionale. E´ un compito che tocca alla politica,
all´economia, all´arte. Spero, piuttosto, che usando la ragionevolezza
la Corte Costituzionale sani le ferite della modifica del titolo V. Sono
stato un regionalista convinto, ma qui c´è stata troppa grazia
e qualche correzione andrebbe fatta». Se non antitetica, certamente
non in sintonia, la posizione del presidente della Regione Lombardia, Roberto
Formigoni, convinto sostenitore della riforma, soprattutto in tempi di
trattativa, e talvolta scontro, con il governo sulla Finanziaria. «La
modifica del Titolo V, pur non essendo una riforma federalista - ha detto
Formigoni -, rappresenta una pietra miliare sul cammino verso il federalismo
e dell´avvicinamento dello Stato ai cittadini».