Giuliano Urbani (Ministro per i Beni culturali e professore ordinario di Scienza della politica)
Sono ormai decenni che gli italiani attendono
la riforma delle loro istituzioni politiche. Il governo Berlusconi sa benissimo
che non si può attendere ed ha perciò previsto la riforma
già a partire dal prossimo anno, dando con ciò vita anche
a una inevitabile discussione sul modo migliore di farla. In questo dibattito
(che sarà tanto più utile, quanto più saprà
essere costruttivo) è da ultimo intervenuto ancora una volta Giovanni
Sartori, con tutta la sua esperienza di specialista della materia. E da
Sartori sono venute sia delle luci «verdi» (di via libera),
sia almeno una luce «rossa» sulla quale merita riflettere.
Le luci verdi sono tutt’altro che trascurabili. Perché riguardano
almeno due questioni di importanza cruciale: il presidenzialismo, nella
versione cosiddetta francese (in luogo di quella americana), e il federalismo.
Inoltre, Sartori ha apertamente condiviso anche la compatibilità
del presidenzialismo (nella identica versione che Forza Italia ha sempre
proposto nei propri impegni elettorali, fin dalla sua nascita nel ’94)
con il proporzionalismo.
La luce rossa (un vero e proprio stop) ha invece
riguardato il tipo di proporzionalismo, temendo egli che nella pentola
del governo stia bollendo una mistura orripilante: «proporzionalismo
» sbarramento » premio di maggioranza». E, visto che
egli cita una mia intervista, sento il dovere di precisare che quella mistura
voglio evitarla anch’io.
L’assunto da cui parte Sartori è da me
condiviso: sbarramento e premio di maggioranza rischiano di contraddirsi,
proprio perché il secondo potrebbe consentire di aggirare il primo.
Mentre lo sbarramento cerca infatti di limitare il numero dei partiti,
il premio potrebbe invece finire per aggregarli soltanto temporaneamente,
fornendo loro un comodo alibi per superare lo scoglio elettorale, ma lasciando
poi a ciascuno di loro la libertà di continuare ad operare in ordine
sparso (con tanti auguri alle esigenze di semplificazione e di governabilità).
Sbarramento e premi elettorali sono allora sempre
reciprocamente incompatibili? A me non sembra. Nel senso che è la
stessa diagnosi sartoriana a indicarci il possibile antidoto. Dice Sartori:
lo sbarramento «funziona solo se i partiti non si possono alleare
per scavalcarlo» (aggirandolo). Come fare? Semplice: basterebbe stabilire
che i partiti possono concorrere al premio solo se abbiano effettivamente
superato lo sbarramento. Insomma, per un partito che sia parte della coalizione
vincente, delle due l’una: o ha superato la soglia e allora conquista la
sua parte di premio; oppure, se non l’ha fatto, si limita a dare il proprio
contributo in voti alla causa comune (il patto di coalizione che ha sottoscritto),
ma non riceve alcun seggio in «premio» (proprio perché
è stato considerato «insufficientemente rappresentativo»
degli interessi generali da parte degli stessi elettori).
Come si può capire, il freno alla frammentazione
resterebbe davvero grande (logica dello sbarramento). Ma lo sarebbe anche
l’incentivo a formare alleanze veramente stabili, poiché le coalizioni
fra partiti non sarebbero più un mero espediente tattico - come
invece avviene ancora oggi nel sistema maggioritario fin qui sperimentato
in Italia - ma qualcosa di radicalmente diverso (e in meglio): sarebbero
infatti coalizioni che danno luogo in ciascun caso ad una sola lista, un
solo simbolo e (quel che più conta) un solo programma.
Un’ultima avvertenza. È certamente vero
che il presidenzialismo alla francese dà il meglio di sé
quando è accompagnato dal sistema maggioritario uninominale a doppio
turno. Ma ho l’impressione che potrebbe dare qualcosa di ancora migliore
con un proporzionale corretto da un significativo premio di maggioranza,
proprio perché potrebbe offrire un altro vantaggio insperato: quello
di evitarci il bruttissimo spettacolo delle cosiddette «desistenze
incrociate» fra un partito e l’altro, con tutti i non edificanti
mercanteggiamenti del caso.
Concludo: riconosco di avere ancora una volta
ubbidito a un ordine superiore, come da otto anni in qua. Quello di chi
sente forte il dovere di dare nuove istituzioni politiche alla nostra giovane
democrazia. Nel corso di questi ultimi otto anni, tutti i tentativi sono
andati a vuoto. Ma, prima di rassegnarmi, preferisco insistere, cercando
magari di imparare qualcosa dalle esperienze fatte.
Idea ingegnosa, ma rischia di piacere solo
a Berlusconi e Fini
Giovanni Sartori
Ogni giorno lamentiamo il «muro contro muro».
Invece il ministro Urbani avvia con me un dialogo costruttivo. Del che
lo ringrazio. Ed eccomi subito a ricambiarlo (costruttivamente). L’accoppiabilità
tra presidenzialismo e proporzionalismo è stabilita dai fatti, e
cioè dal fatto che i presidenzialismi sudamericani si avvalgono
quasi tutti di sistemi elettorali proporzionali. Però quest’accoppiamento
non dimostra che la soluzione sia ottimale. Secondo me, anche per l’America
latina il doppio turno alla francese sarebbe preferibile. Ma se si opta
per un sistema proporzionale, allora il problema è quale proporzionalismo.
Urbani condivide la mia obiezione di fondo, osservando
che «sbarramento e premio di maggioranza rischiano di contraddirsi».
In verità, sono in contraddizione. Se Urbani dice «rischiano»
è perché suggerisce un modo per evitarla: stabilire che il
premio compete solo a chi ha superato lo sbarramento. Questa soluzione
è ingegnosa. Ma la vedo esposta al rischio di essere vanificata
da partiti elettorali «finti». Lo sbarramento del 5 per cento
(senza premio) basta in Germania. Perché non dovrebbe bastare anche
da noi? Perché complicare quando non occorre? Aggiungi che lo sbarramento
da solo può facilmente trovare una maggioranza trasversale che lo
appoggia (è nell’interesse di tutti i partiti medio-grandi), mentre
la proposta Urbani rischia di piacere soltanto a Berlusconi e a Fini, e
quindi di non passare. In linea di principio l’idea è, ripeto, ingegnosa.
Ma è praticabile?
Infine, Urbani ed io siamo d’accordo sul «bruttissimo
spettacolo», o peggio, delle desistenze incrociate. Ma questo mercato
delle vacche viene dal Mattarellum , e più precisamente dalla
sua componente maggioritaria. E quindi verrebbe meno se venisse meno il
Mattarellum . È la proporzionale che elimina le desistenze.
A questo effetto il premio di maggioranza non sposta nulla, mi sembra.
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