Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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Costituzione italiana e ripudio della guerra


Corriere della Sera  26-03-2003
 
Consulta, il presidente condanna il conflitto
Chieppa cita la Costituzione e chiede un minuto di silenzio: la violenza chiama violenza. Il Polo insorge
 
    M. Gal.
 
ROMA - Ha parlato «a titolo personale», ma la precisazione non è servita ad evitare le polemiche. Riccardo Chieppa, presidente della Corte Costituzionale, ha aperto ieri la seduta della Consulta chiedendo ai giudici un minuto di silenzio e di meditazione «sul grave conflitto in Iraq che mette in pericolo la pace», ed esprimendo «l’augurio che le sofferenze finiscano presto». Con una breve dichiarazione Chieppa ha letto il primo comma dell'art.52 della Carta costituzionale («la difesa della Patria è un sacro dovere del cittadino»), e l'intero art.11 («l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa...). Proprio l’articolo 11 della Costituzione è stato negli ultimi giorni materia di interpretazione e scontro politico, riferimento giuridico delle tesi dell’Ulivo a sostegno dell’illegittimità della guerra.
Chieppa ha aggiunto considerazioni come uomo che è stato testimone nel secolo scorso di guerre, «spettatore immediato di bombardamenti, di distruzioni, di morte». «La guerra - ha aggiunto, ricordando sia gli americani che hanno combattuto contro il nazismo, sia le vittime civili di ogni conflitto - è una violenza che non può servire da sola a risolvere conflitti; violenza chiama violenza e terrore». L’intervento ha creato imbarazzo e sorpresa fra gli stessi giudici della Corte, e ha prodotto un caso politico. Di solito la Corte Costituzionale - e i giudici che la compongono - parlano solo attraverso le decisioni che prendono, il riserbo è uno dei tratti distintivi. Francesco Speroni, Lega, braccio destro di Umberto Bossi, è molto duro: «E’ l’ennesimo caso di giudici che fanno politica, un’uscita del tutto impropria. Chieppa ha dimenticato l’articolo 87, dove si prevede esplicitamente che l’Italia possa dichiarare guerra e deliberarla. Chi cita la Costituzione dovrebbe farlo in modo completo e corretto». Aggiunge Dario Rivolta, FI: «Le considerazioni a titolo personale sono ampiamente percorribili anche nei salotti di casa o al bar dell'angolo. Chi rappresenta le massime istituzioni dello Stato ha delle responsabilità nei confronti della propria carica». Dura anche An, che con il portavoce Mario Landolfi giudica «sorprendente» l’iniziativa: «Sembra che surrettiziamente si contesti la decisione del Parlamento di concedere le basi e il diritto di sorvolo agli Usa». Mentre il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, condivide «nel merito» le dichiarazioni di Chieppa, ma non nasconde perplessità per «i modi, i tempi e la sede». Chieppa ha invece interpretato alla lettera lo spirito della Costituzione per i Comunisti italiani, che nel gesto leggono «un contrasto stridente con le scelte del governo». Aggiungono i Verdi: è stato un gesto contro la guerra, «il simbolo più alto della ferita inferta alla nostra Costituzione».

La Stampa 26-03-2003
 
Il presidente della Consulta in campo contro la guerra
 
    R.R.
 
Roma - I rumori della guerra e le polemiche che si trascina dietro irrompono nelle stanze felpate della Corte Costituzionale attraverso le parole del suo presidente. Riccardi Chieppa, aprendo ieri l´udienza pubblica, ha chiesto di meditare «sul grave conflitto in Iraq che mette in pericolo la pace e la convivenza dei popoli»; ha chiesto un minuto di silenzio e di meditazione e ha citato l'articolo 11 («L' Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di soluzione delle controversie internazionali...»). Affermazioni che hanno fatto esultare l´opposizione e sbigottito una parte della maggioranza che vede in questo gesto fuori dal protocollo una critica alle posizioni del governo, un giudizio negativo sul voto parlamentare. «Un fatto molto grave», secondo Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia della Camera. Ma cosa ha detto Chieppa? Intanto che la guerra è una violenza che non può servire a risolvere i conflitti. Anche perché «violenza chiama violenza e terrore» e si finisce per provocare «orrori, deportazioni, stermini, anche quelli razziali. Il presidente della Corte Costituzionale si è augurato che il conflitto in Iraq finisca presto, ha citato anche il primo comma dell'articolo 52 della Costituzione («la difesa della Patria è un sacro dovere del cittadino»). E infine si è lasciato andare ai ricordi della sua generazione che ha visto «ben tre guerre negli anni 1939 e '40, spettatore di bombardamenti, di distruzioni, di morte, di famiglie disperate nella incertezza della sorte dei propri cari e poi della loro immatura scomparsa». Ecco per Pecorella le dichiarazioni di Chieppa hanno modificato l´immagine della Corte Costituzionale che è sempre rimasta «fuori dalle polemiche», che non ha mai preso posizioni politiche. La Consulta, sostiene l´esponente di Forza Italia, parla solo attraverso le sentenze, come dovrebbe fare qualunque giudice»: «E´ la prima volta che nella Corte in qualche modo si confonde il ruolo di regolatore delle leggi con quello di regolatore della politica». Applaude invece il centrosinistra che nelle parole di Chieppa vede l´interpretazione autentica della Costituzione e una sonora bocciatura del governo italiano. Il presidente dei senatori verdi, Stefano Boco, ad esempio, sostiene che lo spirito dei nostri costituenti è stato «violentemente ferito dal voto parlamentare e da un esecutivo suddito di Bush». Il capogruppo del Prc Franco Giordano è convinto che a questo punto il presidente della Repubblica debba intervenire contro «l'illegittimità dell'agire di questo governo». E Maurizio Fistarol della Margherita non capisce l´alzata di scudi della maggioranza visto che il presidente della Consulta non ha fatto altro che ricordare la Costituzione, «a meno che non si ravvisi, nella lettura dell'articolo 11, una sorta di implicito richiamo». Macchè, questo governo si è mosso nel solco della Costituzione, ribatte invece la maggioranza. Semmai, sostiene il portavoce di An Mario Landolfi, è «sorprendente» che il presidente Chieppa abbia preso questa iniziativa: «Anche perché presta il fianco a strumentalizzazioni, come sta già avvenendo. Sembra che surrettiziamente contesti la decisione libera e sovrana del Parlamento di concedere la basi e il diritto di sorvolo agli Usa. È opportuno ricordare - conclude Landolfi - che chi ricopre un ruolo così delicato dal punto di vista costituzionale dovrebbe ispirarsi sempre a quella regola aurea che è il riserbo». Su questo giudizio non è d´accordo l´Udc che con Luca Volontè ricorda che si tratta di affermazioni condivisibili fatte a titolo personale, ma non vanno strumentalizzate da parte dell´opposizione. Certo, nel merito Chieppa ha detto «cose di buonsenso», riconosce il ministro Carlo Giovanardi, «tuttavia non capisco i modi, i tempi e la sede scelti per dirle».


il manifesto 26-03-2003
 
La Corte impugna l'articolo 11 
Il presidente della Corte costituzionale apre la seduta chiedendo un minuto di silenzio, e ricordando che «l'Italia ripudia la guerra». «Stia al suo posto» si scatena la destra. Rifondazione invita Ciampi a seguire l'esempio di Riccardo Chieppa e dichiarare «illegittima» la concessione delle basi
 
        G. P.
 
«La guerra è una violenza che non può servire da sola a risolvere i conflitti, violenza chiama violenza, la guerra ha sempre scatenato orrori, deportazioni, stremini anche razziali, delitti contro l'umanità intera». A sorpresa, Riccardo Chieppa, presidente della Corte costituzionale, ha aperto così la seduta di ieri mattina. Un breve discorso, una durissima requisitoria conclusa dalla lettura dell'articolo 11 della Carta («L'Italia ripudia la guerra...») e dalla richiesta di «un minuto di silenzio e di meditazione sul grave conflitto in Iraq che mette in pericolo la pace». Cattolico, membro della Corte dal `94 ma presidente da soli 3 mesi, Chieppa ha fatto un intervento ricco di ricordi della seconda guerra mondiale («da spettatore immediato dei bombardamenti, la distruzione e morte»). Precisando di parlare a titolo personale, e attento a ringraziare «gli eserciti angloamericani per la liberazione dell'Europa». Ma non c'è stato niente da fare, la lingua batte dove il dente duole e la destra è partita immediatamente all'attacco. L'accusa più dura, fatta quasi in coro dal leghista Cè, dal forzista Pecorella e dal nazionalleato Landolfi, è di ingerenza politica, se non addirittura di non rispetto del parlamento. «Chi ricopre un ruolo così delicato, dovrebbe ispirarsi sempre alla regola aurea del riserbo - bacchetta così il portavoce di An - Sembra che si contesti surrettiziamente la decisione libera e sovrana di concedere basi e diritto di sorvolo agli Usa». Il presidente stia al suo posto, insomma, come ribadisce Alessandro Cè. «Se ha qualcosa da dire - sale in cattedra il capogruppo della Lega alla camera - lo faccia nell'ambito delle procedure e delle competenze della Corte». Mentre Gaetano Pecorella, avvocato di Silvio Berlusconi e presidente della commissione giustizia della camera, definisce l'accaduto «un fatto molto grave» e accusa Riccardo Chieppa di aver addirittura stravolto «l'immagine che da sempre abbiamo del massimo giudice». Nel mezzo, con grande cautela, si schierano i cattolicissimi e sempre più a disagio centristi della Casa delle libertà. «Condividiamo l'augurio del presidente sulla brevità del conflitto...» dice infatti Luca Volontè, capogruppo dell'Udc alla camera, dopo aver implorato tutti di non «strumentalizzare e non cercare divisioni».
Il fuoco di sbarramento non riesce però a annullare il senso del richiamo del presidente della Corte costituzionale. Del resto nelle settimane scorse era stato lo stesso Ciampi, con il richiamo all'articolo 11 della Carta, a premere perché Silvio Berlusconi moderasse i suoi applausi a George Bush e alla guerra americana. Così ora il verde Stefano Boco interpreta l'iniziativa come «il simbolo più alto della ferita inferta alla nostra Costituzione dal voto parlamentare e da un governo suddito di Bush».E mentre il margheritato Fistarol, salomonico, si dice stupito della levata di scudi contro il presidente della Corte, Franco Giordano spara a zero. Anche sul Quirinale. «A questo punto credo che il presidente della repubblica non possa più aspettare e debba intervenire - dice infatti, polemico, il capogruppo del Prc alla camera - L'articolo 11 è chiaro nel dire che il nostro stato ripudia la guerra. E per questo è illegittima la concessione agli Usa dello spazio aereo e delle basi italiane». 
Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2003
 
 
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