Consulta, il presidente condanna il conflitto Chieppa cita la Costituzione e chiede un minuto
di silenzio: la violenza chiama violenza. Il Polo insorge
M. Gal.
ROMA - Ha parlato «a titolo personale»,
ma la precisazione non è servita ad evitare le polemiche. Riccardo
Chieppa, presidente della Corte Costituzionale, ha aperto ieri la seduta
della Consulta chiedendo ai giudici un minuto di silenzio e di meditazione
«sul grave conflitto in Iraq che mette in pericolo la pace»,
ed esprimendo «l’augurio che le sofferenze finiscano presto».
Con una breve dichiarazione Chieppa ha letto il primo comma dell'art.52
della Carta costituzionale («la difesa della Patria è un sacro
dovere del cittadino»), e l'intero art.11 («l'Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa...). Proprio l’articolo 11 della Costituzione
è stato negli ultimi giorni materia di interpretazione e scontro
politico, riferimento giuridico delle tesi dell’Ulivo a sostegno dell’illegittimità
della guerra.
Chieppa ha aggiunto considerazioni come uomo
che è stato testimone nel secolo scorso di guerre, «spettatore
immediato di bombardamenti, di distruzioni, di morte». «La
guerra - ha aggiunto, ricordando sia gli americani che hanno combattuto
contro il nazismo, sia le vittime civili di ogni conflitto - è una
violenza che non può servire da sola a risolvere conflitti; violenza
chiama violenza e terrore». L’intervento ha creato imbarazzo e sorpresa
fra gli stessi giudici della Corte, e ha prodotto un caso politico. Di
solito la Corte Costituzionale - e i giudici che la compongono - parlano
solo attraverso le decisioni che prendono, il riserbo è uno dei
tratti distintivi. Francesco Speroni, Lega, braccio destro di Umberto Bossi,
è molto duro: «E’ l’ennesimo caso di giudici che fanno politica,
un’uscita del tutto impropria. Chieppa ha dimenticato l’articolo 87, dove
si prevede esplicitamente che l’Italia possa dichiarare guerra e deliberarla.
Chi cita la Costituzione dovrebbe farlo in modo completo e corretto».
Aggiunge Dario Rivolta, FI: «Le considerazioni a titolo personale
sono ampiamente percorribili anche nei salotti di casa o al bar dell'angolo.
Chi rappresenta le massime istituzioni dello Stato ha delle responsabilità
nei confronti della propria carica». Dura anche An, che con il portavoce
Mario Landolfi giudica «sorprendente» l’iniziativa: «Sembra
che surrettiziamente si contesti la decisione del Parlamento di concedere
le basi e il diritto di sorvolo agli Usa». Mentre il ministro per
i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, condivide «nel merito»
le dichiarazioni di Chieppa, ma non nasconde perplessità per «i
modi, i tempi e la sede». Chieppa ha invece interpretato alla lettera
lo spirito della Costituzione per i Comunisti italiani, che nel gesto leggono
«un contrasto stridente con le scelte del governo». Aggiungono
i Verdi: è stato un gesto contro la guerra, «il simbolo più
alto della ferita inferta alla nostra Costituzione».
Il presidente della Consulta in campo contro la guerra
R.R.
Roma - I rumori della guerra e le polemiche che si trascina dietro
irrompono nelle stanze felpate della Corte Costituzionale attraverso le
parole del suo presidente. Riccardi Chieppa, aprendo ieri l´udienza
pubblica, ha chiesto di meditare «sul grave conflitto in Iraq che
mette in pericolo la pace e la convivenza dei popoli»; ha chiesto
un minuto di silenzio e di meditazione e ha citato l'articolo 11 («L'
Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo di soluzione delle controversie internazionali...»).
Affermazioni che hanno fatto esultare l´opposizione e sbigottito
una parte della maggioranza che vede in questo gesto fuori dal protocollo
una critica alle posizioni del governo, un giudizio negativo sul voto parlamentare.
«Un fatto molto grave», secondo Gaetano Pecorella, presidente
della commissione Giustizia della Camera. Ma cosa ha detto Chieppa? Intanto
che la guerra è una violenza che non può servire a risolvere
i conflitti. Anche perché «violenza chiama violenza e terrore»
e si finisce per provocare «orrori, deportazioni, stermini, anche
quelli razziali. Il presidente della Corte Costituzionale si è augurato
che il conflitto in Iraq finisca presto, ha citato anche il primo comma
dell'articolo 52 della Costituzione («la difesa della Patria è
un sacro dovere del cittadino»). E infine si è lasciato andare
ai ricordi della sua generazione che ha visto «ben tre guerre negli
anni 1939 e '40, spettatore di bombardamenti, di distruzioni, di morte,
di famiglie disperate nella incertezza della sorte dei propri cari e poi
della loro immatura scomparsa». Ecco per Pecorella le dichiarazioni
di Chieppa hanno modificato l´immagine della Corte Costituzionale
che è sempre rimasta «fuori dalle polemiche», che non
ha mai preso posizioni politiche. La Consulta, sostiene l´esponente
di Forza Italia, parla solo attraverso le sentenze, come dovrebbe fare
qualunque giudice»: «E´ la prima volta che nella Corte
in qualche modo si confonde il ruolo di regolatore delle leggi con quello
di regolatore della politica». Applaude invece il centrosinistra
che nelle parole di Chieppa vede l´interpretazione autentica della
Costituzione e una sonora bocciatura del governo italiano. Il presidente
dei senatori verdi, Stefano Boco, ad esempio, sostiene che lo spirito dei
nostri costituenti è stato «violentemente ferito dal voto
parlamentare e da un esecutivo suddito di Bush». Il capogruppo del
Prc Franco Giordano è convinto che a questo punto il presidente
della Repubblica debba intervenire contro «l'illegittimità
dell'agire di questo governo». E Maurizio Fistarol della Margherita
non capisce l´alzata di scudi della maggioranza visto che il presidente
della Consulta non ha fatto altro che ricordare la Costituzione, «a
meno che non si ravvisi, nella lettura dell'articolo 11, una sorta di implicito
richiamo». Macchè, questo governo si è mosso nel solco
della Costituzione, ribatte invece la maggioranza. Semmai, sostiene il
portavoce di An Mario Landolfi, è «sorprendente» che
il presidente Chieppa abbia preso questa iniziativa: «Anche perché
presta il fianco a strumentalizzazioni, come sta già avvenendo.
Sembra che surrettiziamente contesti la decisione libera e sovrana del
Parlamento di concedere la basi e il diritto di sorvolo agli Usa. È
opportuno ricordare - conclude Landolfi - che chi ricopre un ruolo così
delicato dal punto di vista costituzionale dovrebbe ispirarsi sempre a
quella regola aurea che è il riserbo». Su questo giudizio
non è d´accordo l´Udc che con Luca Volontè ricorda
che si tratta di affermazioni condivisibili fatte a titolo personale, ma
non vanno strumentalizzate da parte dell´opposizione. Certo, nel
merito Chieppa ha detto «cose di buonsenso», riconosce il ministro
Carlo Giovanardi, «tuttavia non capisco i modi, i tempi e la sede
scelti per dirle».
il manifesto
26-03-2003
La Corte impugna l'articolo 11 Il presidente della Corte costituzionale apre la seduta chiedendo un
minuto di silenzio, e ricordando che «l'Italia ripudia la guerra».
«Stia al suo posto» si scatena la destra. Rifondazione invita
Ciampi a seguire l'esempio di Riccardo Chieppa e dichiarare «illegittima»
la concessione delle basi
G. P.
«La guerra è una violenza che non può servire da
sola a risolvere i conflitti, violenza chiama violenza, la guerra ha sempre
scatenato orrori, deportazioni, stremini anche razziali, delitti contro
l'umanità intera». A sorpresa, Riccardo Chieppa, presidente
della Corte costituzionale, ha aperto così la seduta di ieri mattina.
Un breve discorso, una durissima requisitoria conclusa dalla lettura dell'articolo
11 della Carta («L'Italia ripudia la guerra...») e dalla richiesta
di «un minuto di silenzio e di meditazione sul grave conflitto in
Iraq che mette in pericolo la pace». Cattolico, membro della Corte
dal `94 ma presidente da soli 3 mesi, Chieppa ha fatto un intervento ricco
di ricordi della seconda guerra mondiale («da spettatore immediato
dei bombardamenti, la distruzione e morte»). Precisando di parlare
a titolo personale, e attento a ringraziare «gli eserciti angloamericani
per la liberazione dell'Europa». Ma non c'è stato niente da
fare, la lingua batte dove il dente duole e la destra è partita
immediatamente all'attacco. L'accusa più dura, fatta quasi in coro
dal leghista Cè, dal forzista Pecorella e dal nazionalleato Landolfi,
è di ingerenza politica, se non addirittura di non rispetto del
parlamento. «Chi ricopre un ruolo così delicato, dovrebbe
ispirarsi sempre alla regola aurea del riserbo - bacchetta così
il portavoce di An - Sembra che si contesti surrettiziamente la decisione
libera e sovrana di concedere basi e diritto di sorvolo agli Usa».
Il presidente stia al suo posto, insomma, come ribadisce Alessandro Cè.
«Se ha qualcosa da dire - sale in cattedra il capogruppo della Lega
alla camera - lo faccia nell'ambito delle procedure e delle competenze
della Corte». Mentre Gaetano Pecorella, avvocato di Silvio Berlusconi
e presidente della commissione giustizia della camera, definisce l'accaduto
«un fatto molto grave» e accusa Riccardo Chieppa di aver addirittura
stravolto «l'immagine che da sempre abbiamo del massimo giudice».
Nel mezzo, con grande cautela, si schierano i cattolicissimi e sempre più
a disagio centristi della Casa delle libertà. «Condividiamo
l'augurio del presidente sulla brevità del conflitto...» dice
infatti Luca Volontè, capogruppo dell'Udc alla camera, dopo aver
implorato tutti di non «strumentalizzare e non cercare divisioni».
Il fuoco di sbarramento non riesce però a annullare il senso
del richiamo del presidente della Corte costituzionale. Del resto nelle
settimane scorse era stato lo stesso Ciampi, con il richiamo all'articolo
11 della Carta, a premere perché Silvio Berlusconi moderasse i suoi
applausi a George Bush e alla guerra americana. Così ora il verde
Stefano Boco interpreta l'iniziativa come «il simbolo più
alto della ferita inferta alla nostra Costituzione dal voto parlamentare
e da un governo suddito di Bush».E mentre il margheritato Fistarol,
salomonico, si dice stupito della levata di scudi contro il presidente
della Corte, Franco Giordano spara a zero. Anche sul Quirinale. «A
questo punto credo che il presidente della repubblica non possa più
aspettare e debba intervenire - dice infatti, polemico, il capogruppo del
Prc alla camera - L'articolo 11 è chiaro nel dire che il nostro
stato ripudia la guerra. E per questo è illegittima la concessione
agli Usa dello spazio aereo e delle basi italiane».