Riforme Istituzionali
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La Stampa 23-04-2003
 
Missione impossibile
 
    di Massimo Luciani
 
Adesso, il problema principale a Baghdad è quello del potere. E' un problema classico per il costituzionalismo, che da sempre si interroga su quali siano i fondamenti del potere legittimo e - allo stesso tempo - da sempre ragiona su quali siano le tecniche migliori perché quel potere, pur legittimamente fondato, sia anche limitato e contenuto, in modo tale che ad ogni persona sia garantita una sfera intangibile di autonomia. Un problema classico certo, che, tuttavia, risulta inserito in un contesto assolutamente originale e sconosciuto, nel quale le categorie tradizionali della scienza giuridica e politica occidentali rischiano di essere difficilmente utilizzabili.

Alla questione del fondamento del potere, il costituzionalismo ha da tempo risposto con la teorizzazione del principio democratico, tradotto nella regola della prevalenza della decisione di maggioranza di tutti i cittadini. Alla questione del suo limite, ha risposto con l'elaborazione del paradigma dei diritti fondamentali, riconosciuti da una Costituzione sovraordinata anche alla legge e ospite dei valori di riconoscimento della collettività. E' proprio l'applicazione del binomio democrazia/diritti che risulta assai problematica nell'attuale situazione irachena.

Quanto alla democrazia, sono pochi, ormai, coloro che non si rendono conto che non basta affidarsi alla volontà della maggioranza per illudersi di aver realizzato un sistema democratico. La democrazia presuppone un'acqua di coltura, alcune condizioni di funzionamento senza le quali non è possibile concepirla: una società civile autonoma; una sfera di discussione pubblica sufficientemente sviluppata; un sistema di gruppi in competizione pluralistica tra di loro; un'accettazione diffusa del potere sociale. Quanto ai diritti fondamentali, per come concepiti dalla consolidata tradizione costituzionalistica occidentale, è arduo immaginarli senza la laicità dello Stato, e cioè senza la separazione tra la sfera del potere politico e quella del potere religioso.

Ben poche, per non dire nessuna, delle condizioni della democrazia sono presenti nell'Iraq di oggi, erroneamente confuso, da qualcuno, con l'Italia o con la Germania del 1945. Ed è difficile dire se, terminata l'occupazione americana, ci sarà veramente l'opportunità per costruire un regime di separazione tra l'ambito della politica e quello della religione. Non è un caso, allora, che all'iniziale ottimismo, largamente ingiustificato, cominci a sostituirsi una maggiore cautela, tanto che si comincia a parlare di un allungamento dei tempi della partenza americana o addirittura dell'apertura di una fase intermedia, che potremmo chiamare a-democratica, nella quale le precondizioni per la creazione di una democrazia siano lentamente costruite.

Non è questo, insomma, il tempo della scrittura di una nuova Costituzione irachena che non sia di semplice transizione. Non di una Costituzione democratica e pluralista, quanto meno. E nessuno sa se e quando questo risultato potrà mai essere raggiunto. 


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2003
 
 
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