Viola la privacy e viene smarrita spesso. Per
il voto elettronico si dovranno aspettare quattro anni
ROMA - Questa potrebbe essere davvero l’ultima
volta. Perché la tessera elettorale non funziona. E il governo ha
deciso di mandarla in pensione. Per il futuro si punta sul voto elettronico.
Ma è un futuro lontano, nonostante le sperimentazioni. Nell’immediato
si pensa a una soluzione di passaggio già per le europee del 2004:
il ritorno al vecchio certificato, quello consegnato a casa pochi giorni
prima del voto, o anche una semplice lettera. Sulla tessera, distribuita
nel 2001, pesa il giudizio del Garante della privacy: un documento che
viola la riservatezza del cittadino. Perché quei 18 spazi da timbrare
dicono a quali consultazioni ha partecipato, compresi i referendum dove
pure l’astensione può avere un significato politico. Basta pensare
al prossimo, quello sull’articolo 18. Ma contano ancora di più considerazioni
pratiche. Spiega il sottosegretario all’Interno, Antonio D’Alì:
«E’ un documento che va conservato a lungo e che serve solo una volta
ogni tanto. Molti italiani finiscono per perderlo». Alle amministrative
del 2002 il 10% degli elettori non ha trovato l’originale e si è
presentato al seggio con la copia rilasciata dal Comune. «Questa
volta - osserva D’Alì - potrebbero essere ancora di più,
visto che è passato un altro anno. Senza contare chi rinuncia a
votare proprio per evitare la seccatura di chiedere il duplicato. Si rischia
di incentivare l’astensionismo».
I Comuni sono in allarme. A Brescia, ad esempio,
già da 15 giorni è possibile prenotare il duplicato sul sito
Internet dell’amministrazione. E poi c’è un altro problema. «La
tessera - dice ancora D’Alì - serve solo a indicare la sezione dove
votare. E questo potrebbe diventare un boomerang». Con i dati dell’ultimo
censimento, infatti, il Viminale ridisegnerà la composizione dei
seggi. Risultato? «Quel documento potrebbe contenere un’indicazione
sbagliata: una sezione soppressa, oppure diversa da quella in cui l’elettore
è stato trasferito».
Un motivo in più per cambiare. Il punto
è decidere come. «La soluzione ottimale è il voto elettronico.
Procediamo con le sperimentazioni». L’anno scorso è toccato
a 800 elettori di Parma, questa volta a 4 mila fra Trieste e Gorizia. Ma
i tempi sono lunghi. Perché voto elettronico vuol dire carta d’identità
elettronica: un documento che per ora hanno 100 mila italiani. Diventeranno
un milione e mezzo entro la fine dell’anno. Per arrivare a tutti ci vorranno
almeno 3 o 4 anni. Nel frattempo ci saranno altre elezioni. «E per
queste stiamo decidendo come fare». Nulla di definito, solo ipotesi:
«Il problema è dire all’elettore dove deve votare. Un’idea
è quella di tornare al vecchio certificato». Era stato abbandonato
per i costi: 35 milioni di euro ad ogni tornata. «Ma tutto sommato
dava meno problemi. Un’altra ipotesi è quella di avvisare il cittadino
direttamente per lettera. Una strada più semplice: stiamo facendo
gli approfondimenti necessari».
Lorenzo Salvia
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