il manifesto
7-06-2003
Europa alla Carta
Tutti i punti del compromesso
FEDERICO PETRANGELI
Un forte impulso alla componente intergovernativa, non del tutto controbilanciato
dal rafforzamento della Commissione e del Parlamento. Un quadro istituzionale
più affollato, con alcuni nuovi soggetti dai contorni non del tutto
definiti. Un testo pieno di brutti compromessi, ma anche con qualche apertura
di prospettiva. Molto al di sotto delle aspirazioni europeiste degli inizi,
insomma, ma forse meno peggio di come le vicende degli ultimi giorni sembravano
far temere. Si potrebbe sintetizzare così un giudizio a caldo sul
nuovo assetto istituzionale dell'Unione che è stato delineato ieri
dal Presidium della Convenzione e che sarà definito nell'ultima
sua decisiva settimana di lavoro.
Il «Superpresidente». Messa nel cassetto la rotazione
semestrale della Presidenza, il Consiglio europeo (cioè l'organo
che quattro volte l'anno riunisce i capi di governo per definire le grandi
linee di sviluppo dell'Unione) avrà un suo presidente stabile, con
un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta. Rispetto alle
prime bozze della Convenzione, il ruolo del «superpresidente»
è stato notevolmente ridotto (tanto che in inglese non dovrebbe
chiamarsi president ma chairperson e in italiano «presidente
in esercizio»). Scompaiono infatti gli aspetti che avrebbero maggiormente
messo in ombra la Commissione e il suo presidente e anzi viene lasciata
aperta la possibilità che in futuro le due funzioni possano coincidere.
Nel frattempo, però, la bozza Giscard non chiarisce quali saranno
le funzioni del nuovo organo. La bozza lo descrive come la persona che
«presiede e anima» i lavori del Consiglio, adoperandosi per
raggiungere coesione e consenso tra i vari governi. Avrà inoltre
la rappresentanza esterna dell'Unione, ma solo per la politica estera e
di sicurezza, e senza ledere del competenze del Ministro degli esteri .
Il che sembrerebbe un po' poco, rispetto alle forti pressioni che su questo
punto hanno espresso i grandi stati. Molto dipenderà, dunque, da
chi sarà scelto per il primo mandato. Se i governi insistessero
per uno dei nomi «forti» circolati nei primi tempi, a cominciare
da Blair e Aznar, è chiaro che, al di là delle formule, quello
sarebbe il volto dell'Europa nel mondo. E sarebbe un volto di chiara impronta
intergovernativa.
La Commissione. Sotto il profilo delle competenze un certo rafforzamento della Commissione è innegabile, anche se forse non sufficiente. Tra i nuovi compiti che aquista c'è sopratutto la rappresentanza esterna per le materie di sua competenza, un riconscimento formale dal forte significato politico. Per quanto riguarda la sua composizione, la Convenzione è riuscita in qualche modo a uscire dall'impasse. Per il prossimo mandato la Commissione sarebbe ancora composta secondo il compromesso raggiunto a Nizza, cioè un commissario per ogni stato membro (25, almeno fino all'ingresso di Romania e Bulgaria). Il cambiamento è rinviato al 2009, quando la Commissione scenderà a 15 componenti, compresi Presidente e Ministro degli esteri. A quel punto ai commissari effettivi si aggiungeranno altri 14 «commissari delegati» (una specie di sottosegretari), senza però diritto di voto. Non cambia, rispetto alle regoli attuali, la procedura di nomina del Presidente della Commissione. I successori di Prodi continueranno ad essere scelti, a maggioranza qualificata, dai capi di governo e poi soltanto approvati da Strasburgo. Bocciata la proposta di passare a un meccanismo di elezione diretta da parte del Parlamento, che pure avrebbe rafforzato la figura del presidente e reso un po' più attraenti le elezioni europee. L'unico spiraglio in questa direzione è che nella designazione i governi dovranno «tener conto» dei risultati elettorali.
Il Ministro per gli Affari Esteri. E' tra le novità principali della bozza. Alla stessa persona verrebbe attribuita la gestione di tutte le competenze estere dell'Unione, che attualmente sono divise tra l'Alto rappresentante e il commissario alla relazioni esterne. Il nuovo ministro degli esteri avrà un «doppio cappello»: guiderà la politica estera e di sicurezza seguendo le indicazioni del Consiglio europeo (quindi dei governi), mentre per tutto il resto (dalla politica commerciale agli accordi internazionali) sarà soggetto alle regole di funzionamento della Commissione, di cui sarà vicepresidente. Nello scontro tra chi voleva che la gestione della politica estera rimanesse rigorosamente nelle mani dei governi e chi voleva invece spostarla verso la Commissione, alla fine ha dunque prevalso una soluzione di compromesso. Si apre la strada, almeno dal punto di vista delle procedure, ad una visione più complessiva del ruolo dell'Europa nel mondo, anche se restano gli scogli dei veti nazionali (che è un capitolo a parte del pacchetto delle riforme).
Le formazioni del Consiglio dei ministri. Uno dei punti meno appariscenti, ma anche dei più delicati. Attualmente il Consiglio dei ministri assomma funzioni legislative e funzioni esecutive, che vengono esercitate nelle stesse riunioni e della stesse persone. Nel corso dei lavori della Convenzione era emersa una proposta molto chiara: affidare la funzione legislativa ad un unico consiglio, composto da un ministro specializzato per ogni paese (sempre lo stesso) e lasciare i consigli settoriali per lo svolgimento dei soli compiti esecutivi (con i ministri delle materie di volta in volta interessate). Ciò non soltanto avrebbe costituito un antidoto all'attuale parcellizzazione della legislazione comunitaria, ma avrebbe sopratutto segnato un passo significativo verso la separazione dei poteri nel contesto comunitario. Il consiglio «Affari legislativi» sarebbe stato nei fatti l'embrione di quella «Camera degli stati» da tempo vagheggiata, contitolare insieme al Parlamento europeo del potere legislativo. Anche su questo la bozza Giscard propone una soluzione di compromesso, stavolta decisamente al ribasso. Il Consiglio Affari legislativi sarà infatti accorpato al Consiglio Affari generali, e avrà anche il compito di preparare i vertici europei. Dunque un progresso molto incerto quanto a separazione dei ruoli e trasparenza del processo legislativo.
Il Parlamento europeo. Acquista poteri più ampi, com'è giusto che sia, soprattutto in materia legislativa, compresa la procedura di bilancio. Il meccanismo della codecisione, in cui Parlamento e Consiglio sono sullo stesso piano, viene esteso a quasi tutti i settori, anche se con alcune pesanti eccezioni. Ancora troppi tenui restano poi i suoi poteri in alcuni santuari della sovranità nazionale, a cominciare dalla politica estera.
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