Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
www.riforme.net
Corriere della
sera 07-07-2003
Legge elettorale, il Polo ora punta sui partiti
Maggioritario a base proporzionale, niente sbarramento, seggi in premio
a chi vince e forse addio alle preferenze
ROMA - «Il maggioritario è la nostra
religione», Silvio Berlusconi, febbraio 1995. Un anno dopo: «Insieme
al semipresidenzialismo è il nostro fine». Passa ancora un
anno, prima l’amore si affievolisce («siamo disponibili ad aumentare
la quota proporzionale»), poi scompare. Mario Segni lo chiamerà
«tradimento», per Berlusconi sarà definitivo: nel 1998
parlerà di sbarramento al 5%; nel 2000 - senza più riserve
- di «un sistema di parlamentari eletti con il proporzionale»,
di «fallimento» del maggioritario, che «non è
certo un dogma di fede». La metamorfosi di Berlusconi, e con lui
di Forza Italia, non è recente. A parte un invaghimento per il sistema
tedesco, che chi lo conosce definisce «passeggero», sono almeno
quattro anni che il presidente del Consiglio pensa al ritorno al proporzionale.
«Senza nessuna quota di sbarramento» per i partiti più
piccoli, precisano i suoi collaboratori. Mutuato dai modelli delle autonomie
locali, affiancato dal premierato, senza analogie - aggiungono - con gli
schemi della Prima Repubblica: «Il sistema è uno strumento
- ripete oggi Berlusconi - il fine è la stabilità e il bipolarismo».
Aggiunge Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia: «Punto fermo rimane
la logica dell’alternanza».
La spiegazione della metamorfosi, e del rilancio
del tema nell’agenda di governo, è molteplice. Primo: Berlusconi
non vuole tornare a votare con il cosiddetto «mattarellum»,
così come i ministri Tremonti e Urbani è convinto che Forza
Italia abbia regalato fin qui troppi seggi agli alleati, che «le
trasfusioni di sangue garantite dal maggioritario» - come le chiama
il centrista D’Onofrio - debbano cessare. Secondo: le fibrillazioni della
maggioranza rendono sempre più incerto immaginare - come esige il
maggioritario - la definizione di candidature concordate fra i partiti
della coalizione. Terzo: la stessa Casa delle libertà ha smesso
di immaginarsi potenziale partito unico, è tornata solo condominio
di inquilini diversi: «Abbiamo preso atto - dice Bondi - che i partiti
sono insopprimibili, che l’integrazione delle coalizioni, la nostra come
quella dell’Ulivo, è fallita, che è impossibile parlare anche
solo di federazione».
Per tutti questi motivi Forza Italia pensa al
modello delle Province, elezione diretta del presidente (trasferito su
scala nazionale del premier), consiglio (leggi Parlamento) eletto su base
proporzionale, con un premio di maggioranza, che Berlusconi chiama «di
governabilità». Perché proprio quello delle Province
e non quello delle Regioni, molto simile? «Perché - spiega
D’Onofrio - alle provinciali non c’è il voto di preferenza, che
gli azzurri, partito giovane, poco radicato sul territorio, vedono come
il fumo negli occhi. Noi Udc e An invece propendiamo per il modello regionale,
che mantiene le preferenze, che sviluppa di più la capacità
dei candidati di raccogliere voti indirizzati a se stessi prima ancora
che al partito».
Il vero nodo, forse, se mai la maggioranza troverà
voglia e forza di approvare un nuovo sistema elettorale, starà proprio
in questo passaggio. Ne è convinto D’Onofrio, lo rivelavano ieri
alcune dichiarazioni: Francesco Storace, An, dice che l’unico dialogo possibile
è sul modello regionale, «il resto sono chiacchiere»;
Mario Landolfi, portavoce di An, indica anche lui il modello che serve
a scegliere i «governatori»; Francesco Speroni, braccio destro
di Umberto Bossi, pur con qualche dubbio, dice che l’ipotesi non è
da scartare.
Qualcuno può storcere il naso, in fondo
An fece una battaglia (persa per un soffio) proprio per l’abolizione del
proporzionale: «E’ vero - ammette Ignazio La Russa - ma è
altrettanto vero questo sistema non è il massimo della governabilità,
che stiamo parlando di un percorso istituzionale non imminente, che il
principio da cui non ci discostiamo è il sistema bipolare, la garanzia
contro i ribaltoni. E in questo caso, insieme a un premierato forte, si
può discutere anche di proporzionale».
Se Forza Italia preme anche per rafforzare il
peso di partito di maggioranza relativa, una fetta di Udc - non il segretario,
Marco Follini («purtroppo, sul punto, nel mio partito, sono in minoranza»)
- preme da sempre per contare tanto quanto i voti presi, per strizzare
l’occhio un domani all’idea di un nuovo Grande Centro: «L’ingresso
di Forza Italia nel Ppe - dice D’Onofrio - ha favorito l’allontanamento
dal maggioritario, quello che io chiamo proporzionale di governo può
favorire un’aggregazione fra noi e Forza Italia».
Ultima nota: non chiamatelo solo proporzionale.
La parola sarebbe sbagliata perché - dicono tutti, da Carlo Giovanardi
a Mario Landolfi - un tempo le alleanze si facevano dopo il voto, in questo
caso si farebbero prima, con elezioni legate al sistema di governo, salvaguardando
stabilità e alternanza. Ecco dunque la nuova definizione: «Maggioritario
con base proporzionale». In fondo un gioco di parole, solo per spingere
un po' più in là una parola che tanti italiani non amano,
per non dire «proporzionale, col premio di maggioranza».
Marco Galluzzo
Corriere della
sera 07-07-2003
Bertinotti: basta con il maggioritario - Ma il premierato svilisce
le Camere
ROMA - E’ pronto a iscriversi al dibattito e
a farne una vera e propria battaglia. E non è solo perché
il suo partito potrebbe averne un vantaggio, che Fausto Bertinotti preferisce
il sistema proporzionale. Ma sulle possibilità che il rilancio della
discussione sulla legge elettorale possa portare a qualche risultato Bertinotti
è cauto: «Il tema è molto serio, ma la decisione che
lo spinge all’ordine del giorno ha origine da ragioni congiunturali. Comunque
finalmente si certifica la crisi del maggioritario, che ha provocato un
astensionismo inquietante: un terzo dell’elettorato non partecipa al voto
e sono di solito le persone più marginali, escluse, gli ultimi che
non si sentono rappresentati. Quella introdotta dal maggioritario è
una vera e propria malattia del sistema: si riduce il peso dei partiti
nella società, trasformandoli in coalizioni elettorali che diventano
a loro volta puri supporter di leader e poi, nei casi come Berlusconi,
vere e proprie patologie del sistema. Col proporzionale il Parlamento,
le istituzioni e la democrazia erano permeabili alla società civile.
I movimenti della società diventavano protagonisti: uno sciopero
generale provocava la caduta del governo».
Questo è successo anche nel 1994 a Berlusconi,
quando si votava con il maggioritario.
«No, lì è stato un conflitto
interno alla compagine di governo che ha fatto cadere l’esecutivo. Quando
c’era il proporzionale era diverso. Negli Anni Settanta, pur in presenza
di un governo non in sintonia, è stato fatto lo Statuto dei lavoratori
con il Pci».
Non negherà che il proporzionale è
stato tra le cause dell’instabilità dei governi.
«Non direi, abbiamo avuto quarant’anni
di Dc e non è stato peggio dell’asse Bossi-Berlusconi-Fini».
Ci sono stati oltre cinquanta governi in cinquant’anni.
«In Germania c’è il proporzionale
e ha garantito l’alternanza di conservatori cattolici e socialdemocratici».
Lei propone il cancellierato?
«Sì, addirittura mi piacerebbe un
sistema con un Parlamento più forte e un premier più debole,
ma il modello tedesco può andar bene: la società civile e
il Parlamento hanno un ruolo strategico nella decisione».
Berlusconi pensa al sistema con cui si eleggono
i consigli provinciali. Le va bene lo stesso?
«No, il sistema provinciale è un
sistema presidenziale, e io credo che debba essere messa da parte ogni
spinta presidenzialista».
Bossi dice che prima di discutere di legge
elettorale bisogna fare il Senato delle Regioni. Si può fare?
«Se la discussione parte così è
morta. Stiamo parlando di un problema gravissimo per la democrazia, non
se ognuno deve piazzare la propria bandierina su una riforma».
Nelle settimane scorse si è parlato
dell’accordo di Rifondazione con l’Ulivo per le politiche. Il ritorno al
proporzionale rischia di mettere in crisi questi programmi?
«Il nostro schema non cambia perché
noi ricerchiamo, qui e ora, convergenze su obiettivi comuni contro Berlusconi».
Gianna Fregonara
Corriere della
sera 07-07-2003
Anche a sinistra fa breccia il proporzionale
Quercia e Margherita contrarie. Ma per Rifondazione,
correntone ds, Sdi, Udeur e Verdi se ne può parlare
ROMA - Se per i coordinatori della Quercia Vannino
Chiti e della Margherita Dario Franceschini la proposta di discutere la
legge elettorale non è un tema prioritario da mettere all’ordine
del giorno ora e l’idea della maggioranza di mettersi a discutere del sistema
elettorale non è altro che un «diversivo» per distogliere
dai «problemi veri» del Paese, il partito trasversale del proporzionale
ha diversi e combattivi iscritti anche nell’opposizione. Pronti a dar battaglia
da subito per ritornare - anche se in forme diverse - al vecchio sistema
elettorale, travolto da Tangentopoli e dalla crisi della Prima Repubblica.
Sono soprattutto i partiti più piccoli e maggiormente identitari
della coalizione a sognare di potersi contare nel proporzionale, ma anche
dentro Ds e Margherita i sostenitori di questo sistema non mancano.
ALLEANZE - Rifondazione comunista, che per il
proporzionale fa una battaglia da sempre, si trova «alleata»
con Clemente Mastella e con i socialisti come Ottaviano Del Turco. «Non
mi interessa se la battaglia la fa il centrodestra o il centrosinistra.
Noi ci schieriamo con chiunque sostiene il sistema proporzionale, come
nella legge per le regionali», spiega il segretario dell’Udeur. Al
quale fa eco Pino Pisicchio che proclama quella per il proporzionale «la
madre di tutte le battaglie», che tra l’altro permetterebbe all’Udeur
di sciogliersi dai lacci della coalizione e giocare un ruolo più
determinante nello scacchiere politico.
Che torni a essere argomento di discussione piace
anche all’ex ministro Del Turco: «Se davvero si cambiasse il sistema
elettorale cambierebbero tutti gli scenari, gli schieramenti sarebbero
meno rigidi, ci sarebbe nuovo dinamismo per i partiti. Senza dimenticare
che finalmente si renderebbero omogenei i diversi sistemi elettorali per
le comunali, le regionali e le politiche». Non ci crede però
molto il leader dello Sdi Enrico Boselli: «Noi siamo favorevoli,
ma non è la prima volta che nel Polo si parla di proporzionale e
si fa il contrario. Bisogna capire se è una cosa seria o è
la solita politica degli annunci».
PROPOSTA - Un nutrito gruppo di parlamentari del
centrosinistra, da Giordano (Rifondazione) a Del Turco (Sdi), ha firmato
una proposta di legge scritta da Cesare Salvi con l’ex presidente del Senato
Nicola Mancino (Margherita) per l’introduzione del premierato. Il progetto
è depositato al Senato e non è l’unico di questa ispirazione.
Ma a mettere in guardia i colleghi dell’opposizione è proprio Salvi:
«Noi siamo per il cancellierato, che un sistema coerente, altro è
la combinazione premierato forte con legge proporzionale, che non sarebbe
altro che un modo per accelerare la torsione autoritaria. Il proporzionale
in quel caso sarebbe un falso proporzionale». Allora meglio capire
bene che cosa ha in testa la maggioranza, prima di esultare.
CANCELLIERATO - Più aperto si dimostra
il leader dei verdi Alfonso Pecoraro Scanio, che ritenendo che «il
maggioritario all'italiana» ha fallito essendosi rivelato una «perversione
democratica», spera che si trovi una mediazione su un proporzionale
all’italiana: nulla a che vedere con il vecchio sistema della Prima Repubblica,
ma una «versione o del sistema delle provinciali, o delle comunali
o delle regionali».
La cautela è d’obbligo per il segretario
dei Ds Piero Fassino, che boccia l’idea stessa di affrontare il problema
del sistema elettorale: la discussione sulla legge per le elezioni politiche,
oltre a riaprire la competizione tra partiti nel centrosinistra, rischia
di dividere anche i Ds che stanno diventando il centro della coalizione
dell’Ulivo e sarebbero spinti a sinistra dalla competizione proporzionale.
«Il fatto che si creda di rispondere ai problemi del Paese cambiando
la legge elettorale - attacca il segretario dei Ds - è la dimostrazione
di un centrodestra che non ha una strategia di governo del Paese, non ha
idee e pensa di rifugiarsi in corner, ma credo che faccia male perché
gli italiani lo giudicheranno severamente». Parole molto dure, pronunciate
alla festa dell’ Unità di Prato e che non sono tanto diverse
da quelle del capogruppo dei Comunisti Italiani Marco Rizzo: «Credo
che l'idea di cambiare il sistema elettorale sia un ulteriore riconoscimento
delle difficoltà del governo Berlusconi».
G. Fre.
Indice "Rassegna Stampa
e Opinioni" - 2003