Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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il manifesto  8-07-2003
 
Dietrofront sul proporzionale
No di Pera (FI) alla riforma elettorale del Polo. Anche i Ds contrari

ROMA - Dopo Casini anche Pera stronca il «ritorno al proporzionale». Il presidente del senato ha messo in guardia «chiunque vuole tornare indietro», ricordando «i costi enormi del sistema proporzionale». E domenica era stato Casini, presidente della camera, a dire che la questione «non è prioritaria». Così il dibattito, apertosi nella Casa delle libertà al tavolo della verifica di governo, sembra destinato a chiudersi subito. Nel Polo si stava ragionando attorno al sistema delle provinciali, che trasferito a livello nazionale significherebbe, da un lato, l'elezione diretta del premier, dall'altro la ripartizione dei seggi su base proporzionale attuata in base di collegi uninominali (e non a scrutini di lista) corretta da un premio di maggioranza che assicuri la «governabilità». Lo stesso Berlusconi ne aveva parlato a Bossi, Fini e Buttiglione. Dietro il progetto c'è l'insofferenza di Forza Italia verso gli alleati, relativamente favoriti dal maggioritario, nonché la presa d'atto che le coalizioni non hanno affatto soppiantato i partiti. Ma a quanto pare non se ne farà niente, non subito almeno. Nella Casa delle libertà si dice ora che la nuova legge elettorale sarà solo «l'ultima tappa» di percorso di riforme già pieno di difficoltà, che deve passare per la «devolution» di Bossi e il contestuale rafforzamento del potere del premier. A conferma di questo orientamento le decise prese di posizione di Casini e Pera. Sulla riforma elettorale ieri i big del Polo tacevano. Solo il proporzionalista Rocco Buttiglione (Udc) ha spezzato una lancia per il progetto in questione: «E' una buona idea. Qualche opinion leader è preoccupato. Vorrei ricordare che il sistema proporzionale nelle regioni ha dato più stabilità di governo di quanto l'uninominale abbia dato a livello nazionale».

Dall'opposizione erano arrivati sulle prime commenti favorevoli, almeno per quanto riguarda Rifondazione comunista e le forze minori dell'Ulivo Per Fausto Bertinotti non si trattava di un sì alla proposta del Polo, quanto piuttosto una disponibilità al confronto sui guasti del maggioritario in vigore. Chiede l'apertura di un dibattito anche Pecoraro Scanio, che il sistema attuale lo chiama «minoritario»: «Un ritorno indietro al vecchio proporzionale è improponibile - ha detto il leader dei verdi - Ma lo è anche rimanere paralizzati in un finto maggioritario che premia la fedeltà al capo e non il rapporto con gli elettori. I sistemi elettorali di province e regioni sono certo più rappresentativi dell'attuale sistema di camera e senato». Margherita e Ds, però,chiudono il discorso. Secondo Rutelli sono «chiacchiere di cui non se ne può più. L'unico problema in Italia - ha spiegato al tg3 - è che c'è un uomo che ha troppo potere, non poco potere». Dal canto suo Luciano Violante, capogruppo Ds, sostiene che eventuali proposte del Polo saranno valutate «furie ideologiche», ma osserva anche che il maggioritario ha funzionato perché ha dato «solidità alle coalizioni». Per la sinistra Ds, infine, Cesare Salvi ha respinto la proposta delle destre, la quale «riduce ulteriormente la logica democratica del sistema, con l'elezione diretta del premier, il premio di maggioranza, l'assenza di ogni sbarramento che frammenta e indebolisce il parlamento. Mentre rimane immutato l'altro difetto del sistema, rendendo obbligatoria la formazione di coalizioni elettorali anche eterogenee, e quindi poco adatte a governare bene».
 



 
Corriere della sera  08-07-2003
 
Pera alza il muro contro il proporzionale
Dopo la frenata di Casini il presidente del Senato boccia l’idea: temo un ritorno al passato
 
ROMA - Dopo i dubbi del presidente della Camera Pierferdinando Casini - «la questione mi sembra secondaria» - arriva il no secco del presidente del Senato, Marcello Pera. La proposta della Casa delle Libertà di tornare al sistema proporzionale riceve una doppia bocciatura dalle alte cariche dello Stato, che invitano a riflettere bene prima di portarla all’ordine del giorno e mettono una seria ipoteca sul futuro iter della riforma. Sono preoccupati, i due presidenti, che una legge elettorale proporzionale senza ulteriori modifiche al sistema istituzionale per completare la transizione rischi di minare alle fondamenta il bipolarismo, in linea a questo proposito con quanto sostiene da sempre il presidente della Repubblica, che ieri ha ricevuto il padre dell’attuale legge elettorale, Sergio Mattarella. «Temo un ritorno al passato», protesta Marcello Pera. E a quanti vogliono reintrodurre il proporzionale ricorda «i costi enormi del periodo in cui il proporzionale era imperante, non solo in termini politici: se c’è un enorme debito pubblico da pagare - ammonisce il presidente del Senato - lo si deve anche a questo sistema». Altro discorso per il presidente del Senato meritano le riforme istituzionali per il rafforzamento della premiership e per un federalismo temperato dalla camera di compensazione rappresentata dal Senato federale. Riforme necessarie e troppo a lungo ritardate secondo Pera, che fa notare un paradosso: «Stiamo approvando con facilità la Costituzione europea, ma dopo dieci anni in Italia ancora non si trova un luogo dove maggioranza e opposizione possano discutere di riforme istituzionali per dare efficienza al nostro sistema». Certo, aggiunge, «le fughe in avanti», come la riforma elettorale, «non aiutano a trovare soluzioni equilibrate».
Difficile dopo questi giudizi così duri che il percorso della riforma elettorale possa procedere spedito, anche se uno dei sostenitori più accaniti della modifica proporzionale, il ministro per le politiche Ue Rocco Buttiglione spiega che «l’idea non è tornare al vecchio proporzionale ma di adottarne uno simile a quello delle regioni, che ha funzionato dando stabilità ai governi locali». Ma anche il leader dell’Udc - lo stesso partito di Buttiglione - Marco Follini blocca le velleità di riforma: «Non possiamo fare l'errore del '93, quando si partì dalla legge elettorale e ci si fermò lì. La legge elettorale è la conseguenza di un modello di governo». Ma sa bene Follini, come i suoi alleati, che un conto è cambiare la legge elettorale per via ordinaria, un conto e mettere come pregiudiziale la corposa modifica costituzionale per aggiustare la forma di governo e introdurre devolution e Camera delle Regioni, impresa che richiede tempi, clima politico e consenso ben più complessi.
Dall’opposizione arrivano bordate contro l’ipotesi proporzionalista. Il leader della Margherita Francesco Rutelli parla «di proposte sgangherate della maggioranza». E il vicepresidente della Convenzione europea Giuliano Amato è persino ironico: «Non avrei nulla contro il proporzionale se davvero servisse, come viene detto, a pesare ciascuno per quel che vale, in modo da fare entrare in Parlamento solo forze che sono significative e non dispersive. Ma già vedo girare tutti i trucchi per cui in realtà rischiamo di avere coalizioni in cui chi ha lo 0,50% fa valere il ricatto del suo 0,50% e chi ha l'1,50% va valere il ricatto del suo 1,50%. Lo Spirito Santo ha ragione per proteggerci».
Anche Enrico Boselli, pur favorevole al proporzionale, mette una condizione ineludibile: che prima si risolva il conflitto di interessi, altrimenti niente convergenza con la maggioranza. Luciano Violante, capogruppo dei ds alla Camera, considera estemporanee la proposte della Casa delle Libertà: «Il sistema funziona: se poi non riescono a governare il problema non è della macchina, ma dell’autista». Per Egidio Pedrini dell’Udeur, non si tratta che di un modo con cui «Forza Italia cerca di regolare i rapporti di forza all’interno delle coalizioni, lasciando intatto il potere delle oligarchie nella scelta del personale politico».
 
Gianna Fregonara
 

Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2003
 
 
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