Corriere della
sera 18-07-2003
L’Europa condanna l’Italia «Violata la privacy di Craxi»
«Lette in aula e pubblicate intercettazioni personali»
La Corte di Strasburgo stabilisce un risarcimento per la famiglia
BRUXELLES - L’Italia è stata condannata
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo perché in
alcuni atti giudiziari riguardanti l’ex leader del Psi Bettino Craxi è
stato violato il diritto fondamentale dei cittadini al rispetto della vita
privata. In particolare nell’ambito di un procedimento per fatti corruttivi
sono stati letti nell'aula del Tribunale di Milano stralci di intercettazioni
telefoniche considerati dai giudici non necessari, in quanto di interesse
esclusivamente personale. Queste violazioni, insieme alle «fughe
di notizie» sulle stesse intercettazioni, hanno portato sui giornali
il contenuto di conversazioni che sarebbero dovute rimanere nell’ambito
della privacy di Craxi, morto nel dicembre del 2000 durante la sua latitanza
ad Hammamet.
Le intercettazioni considerate a Strasburgo furono
attuate nel ’95 sul telefono dell’ex leader nella cittadina tunisina dai
magistrati della Procura di Milano, che indagavano sulle tangenti della
«Metropolitana Milanese». In udienza il pm Paolo Ielo lesse
alcuni stralci, che vennero riportati dalla stampa. Sui giornali finirono
anche altre intercettazioni a sfondo personale. Tra queste telefonate ebbe
risalto perfino quella confidenziale tra Craxi e la giornalista televisiva
Alda D’Eusanio, riportata nella sentenza di Strasburgo che fa riferimento
anche a conversazioni private relative a familiari e alla «moglie
del signor Berlusconi».
I giudici della Corte contestano alle autorità
italiane di non aver tutelato la riservatezza delle intercettazioni e di
non aver eseguito «una efficace indagine su come queste conversazioni
private divennero di pubblico dominio». Ritengono che ci sarebbe
dovuta essere un’udienza preliminare in cui le parti e il giudice avrebbero
potuto escludere i passaggi delle conversazioni inutili per il processo.
Giudicano pertanto evidente la violazione dell’articolo 8 della Convenzione
sui diritti dell’uomo, che garantisce il rispetto della vita privata dei
cittadini. L’unico dissenso l’ha espresso il giudice italiano Vladimiro
Zagrebelsky, limitatamente alla pubblicazione sulla stampa delle intercettazioni.
La Corte ha condannato l’Italia a risarcire con
duemila euro ciascuno la vedova Anna Moncini e i figli Stefania e Bobo,
che hanno reiterato a Strasburgo anche un precedente ricorso di Craxi,
accolto in passato perché agli avvocati dell’ex leader del Psi non
era stato consentito di interrogare in aula tutti i testimoni.
In Italia sono arrivate dal centrodestra molte
reazioni politiche alla sentenza di Strasburgo, che non mette in discussione
i fatti corruttivi attribuiti a Craxi dalla Procura di Milano, ma può
avvalorare almeno in parte la tesi di chi lo riteneva sottoposto ad attenzioni
degli inquirenti ben superiori a quelle richieste dalle esigenze processuali.
«Risulta ormai evidente quale fu il carattere persecutorio e politico
dell’azione giudiziaria che costrinse mio padre Bettino a riparare nell’esilio»,
ha commentato Bobo Craxi, ricordando che «la violazione dei più
elementari diritti alla privacy fu ripetuta, ostinata e costante nei confronti
degli imputati politici coinvolti nelle inchieste di Milano». Il
presidente della Commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella
di Forza Italia, collegando il verdetto di Strasburgo alle inchieste di
Mani pulite, ha detto che l’obiettivo dei magistrati «era buono,
ma i mezzi spesso sono stati ingiusti». Per il sottosegretario alla
Giustizia Michele Vietti «c’è stata sicuramente nel passato
un’anomalia a proposito dell’utilizzo giudiziario delle intercettazioni
telefoniche». Fabrizio Cicchitto di Forza Italia ha affermato che
«la decisione di Strasburgo contribuisce a smantellare le visioni
apologetiche del pool di Mani pulite». Nessun commento è arrivato
dalla Procura di Milano.