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La Stampa 18-07-2003
 
LA CONTAMINAZIONE FRA COLTURE NORMALI E COLTURE MODIFICATE È DIMOSTRATA E INEVITABILE
 
Chi sceglie Ogm sceglie anche per te

    di Carlo Petrini
 
ERA da aspettarselo che la battaglia per l’introduzione degli Ogm in Europa raggiungesse questi livelli d’interesse per l’opinione pubblica. La sorpresa invece sta nel fatto che tutto è nato proprio dal Piemonte, che ha deciso di distruggere il mais Ogm illegale trovato clandestino nei suoi campi. Plaudo la decisione di Ghigo perché è giusta, in linea con la legge e decisa come pochi politici oggi sanno fare.

In merito agli Ogm, in questi giorni, se ne sono sentite davvero tante. Le associazioni di categoria agricole sono finalmente uscite allo scoperto: Cia e Confagricoltura pro-Ogm e Coldiretti contro. L’Assobiotech, presieduta da Sergio Dompé, rappresentante italiano della Monsanto ­ insieme alla Pioneer Hi-Breed responsabile della vendita delle sementi Ogm in Piemonte ­ continua a sostenere che gli Ogm non fanno male a nessuno e che tanto vale accoglierli se c’è questa contaminazione «accidentale». Gli ambientalisti, insieme a tutti gli altri che si oppongono al mais Ogm, vengono tacciati a più riprese di luddismo e oscurantismo, di essere contro la ricerca e il progresso.

Purtroppo il dibattito risulta molto riduttivo, condendo il tutto d’ideologismi vari, meglio se aderenti agli steccati della destra e della sinistra politica, così è anche più facile raccontarli. E invece non è affatto una questione da prendere sottogamba.
Io sono contro, al cento per cento. Ma non adduco principi ideologici o teorie strampalate e prive di fondamento. C’è un dato, l’unico per ora dimostrato scientificamente, che m’induce in questa direzione: la contaminazione fra colture normali e colture Ogm è un fatto certo e dimostrato. Di più: è inevitabile. Vale a dire che se un contadino ha intenzione di fare agricoltura biologica nei suoi terreni e il suo vicino semina Ogm, il suo prodotto biologico conterrà di sicuro tracce di Ogm. Se, a livello legale, passasse definitivamente questo principio, indicato come quello della «coesistenza» (purtroppo sembra che l’Europa si voglia orientare su un’idea del genere), non sarebbe possibile tenere le diverse coltivazioni separate e, progressivamente, non potrebbero più esistere campi senza Ogm. Cioè non ci sarebbe più possibilità di scelta.

Non è uno scherzo. Infatti i fautori di questo «progresso», per quanto riguarda il mais distrutto in Piemonte, minimizzano e parlano di contaminazioni irrisorie, in piccole quantità. Sono coscienti dei dati sulla contaminazione e infatti questo è il loro modo un po’ subdolo per fare entrare gli Ogm in un continente dove esiste una moratoria largamente condivisa dall’opinione pubblica (i sondaggi parlano del 75% dei consumatori diffidenti). Che diavolo di principio è quello del fatto compiuto, dell’accettazione passiva di una regola trasgredita? Io non voglio un ritorno a un’agricoltura ancestrale e arcaica, vorrei che i popoli avessero diritto a decidere cosa e come coltivare, che ci possa essere un’autodeterminazione che con gli Ogm nel campo accanto sarebbe irrealizzabile.

Proprio in questi giorni, a San Rossore in Toscana, è stato presentato il Manifesto sul Futuro del Cibo: un documento sottoscritto da grandi personalità scientifiche, intellettuali e in rappresentanza di grandi associazioni internazionali. In questo testo si sottolinea l’importanza della rivalutazione dei modelli agricoli locali e tradizionali, legati a piccole comunità. E che nessun organismo sopranazionale, pubblico o privato, possa stabilire per queste comunità agricole che tipo d’agricoltura praticare. Si tratta di un principio democratico basilare, elementare. A me piace parlare di reciproco rispetto di fronte alla questione Ogm. Ad esempio, non sono contro la ricerca, perché può aiutarci a capire meglio le problematiche legate a queste nuove coltivazioni. Ma il reciproco rispetto dev’essere tale: l’invasività degli Ogm non è rispetto, si tratta di un tentativo di sopraffazione bell’e buono.

E poi, fossero gli Ogm questo reale portento. Producono di più? A parte il fatto che è ancora da dimostrare, quanto mais vogliamo ancora produrre in Italia? Vogliamo foraggiare ancor di più l’allevamento intensivo che sta facendo danni mostruosi a livello ambientale? Per generare ancor più sovrapproduzioni inutili? Tutte queste piantagioni di mais che servono all’alimentazione animale si stanno succhiando tutta l’acqua. Avete presente quei grandi getti che si possono vedere lungo le autostrade della Pianura Padana? Vaporizzando l’acqua, con questo caldo, ne sprecano almeno il 50%. Gli Ogm salveranno il mondo dalla fame? La fame è soprattutto dovuta a problemi di distribuzione delle risorse e alle nostre sovrapproduzioni che vengono regalate come aiuti umanitari devastando i già fragili mercati interni dei paesi più in difficoltà.

Secondo me non c’è nessun bisogno degli Ogm, ma vogliono farceli digerire in virtù degli investimenti ultra miliardari fin qui sostenuti per riuscire a creare infine soltanto due tipi di coltivazioni che si sono dimostrate accettabili a livello economico: mais e soia. Non sembrerebbe un gran risultato scientifico, ma questi vogliono evidentemente rientrare a tutti i costi degli investimenti fatti. Chi non vuole gli Ogm non è contro qualcosa o qualcuno, è semplicemente a favore della libertà di scelta. Buiatti, professore di genetica all'Università di Firenze, sostiene: «Gli Ogm sono la punta di diamante per l’imposizione di un tipo d’agricoltura basato sulla monocultura e sulla produzione in base alla quantità e non alla qualità. Ma il Sud del mondo ­ e l’Europa, aggiungo io ­ ha bisogno della diversità. Colture e culture si sono mescolate insieme e hanno dato vita a un’enorme varietà di piante, ed è quella che ci salverà». La diversità, la biodiversità naturale, è libertà di scelta, libertà di progredire nel modo che si vuole: a che servono allora gli Ogm? 


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2003
 
 
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