Corriere della
sera 05-09-2003
La Commissione non può sostituirsi alla magistratura
di Sabino Cassese
Tutte le nostre istituzioni pubbliche sono sottoposte
a tensioni. Com’era prevedibile, cambiata una parte del sistema politico,
le altre parti, restate immutate, subiscono torsioni derivanti da nuove
funzioni o nuovi ruoli che si vogliono attribuire ad esse. Tocca ora alle
inchieste parlamentari. Queste sono previste dalla Costituzione come mezzo
di conoscenza per il Parlamento e come strumento di controllo del Parlamento
sul governo. Per poter svolgere le proprie indagini, sono dotate dei poteri
dell’autorità giudiziaria. Si pretende, ora, di trasformarle o in
strumento di accertamento, accusa e sanzione (una specie di pubblico ministero
o di giudice),
o in strumento di lotta tra parti politiche (un
polo, quindi, le usa contro un altro).
Il primo e il secondo uso portano l'inchiesta
parlamentare lontano sia dalla vigente disciplina costituzionale, sia dalla
sua stessa natura e vocazione.
In primo luogo, infatti, un’inchiesta può
essere diretta ad accertare fatti relativi alla società o al governo,
non a istituire un foro interno al Parlamento, una specie di "ring" per
una gara di pugilato tra partiti. Tanto più che, secondo la Costituzione,
"ciascuna camera" può disporre inchieste. E - se le Camere avessero
maggioranze diverse - si potrebbero vedere commissioni di un ramo del Parlamento
in lotta con commissioni d'inchiesta dell'altro ramo.
Secondo: la Costituzione è chiara. La
commissione d'inchiesta deve procedere a "indagini" ed "esami". Per far
ciò ha "gli stessi poteri e la stesse limitazioni dell'autorità
giudiziaria". Dunque, i poteri dell'autorità giudiziaria sono uno
strumento, non trasformano la commissione d'inchiesta in un giudice. Giustamente
il presidente del Senato ha criticato "una politica che rischia di agire
in veste giudiziaria". Il Parlamento ha due funzioni: di indirizzo e di
controllo del governo, e di legislazione.
Purtroppo, invade spesso il campo dell'esecutivo,
con leggi-provvedimento. Sarebbe grave che invadesse anche quello dell'ordine
giudiziario. L'inchiesta è lo strumento per l'esercizio di una competenza.
Dunque, uno dei due rami del Parlamento può ricorrervi se l'inchiesta
è funzionale o all'indirizzo e al controllo del governo o alla legislazione.
Terzo: la Costituzione dispone che il pubblico
ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Dunque, l'iniziativa
di procedimenti diretti a sanzionare comportamenti penalmente illeciti
è assegnata ad uffici pubblici estranei al Parlamento.
La tentazione parlamentare di assumere le funzioni
che spettano ad altri poteri (l'esecutivo e il giudiziario), già
implicita nella retorica della "centralità del Parlamento", è
ora accentuata da un'altra dilagante retorica, quella che - come è
stato scritto acutamente - riduce la democrazia all'atto del voto, delegando
tutti i poteri a chi conquista la maggioranza. La fabbrica dei poteri pubblici
è composta - l'ha osservato più volte Angelo Panebianco su
questo giornale - di più materiali: c'è la componente democratica
(Parlamento e governo), c'è quella garantistica (giudici), c'è
quella dei "poteri neutri" (Presidente della Repubblica e autorità
indipendenti). Sarebbe grave che il Parlamento deragliasse dai suoi binari,
invadendo campi che spettano ad altri poteri. E sarebbe bene che ciascun
potere svolgesse il proprio ruolo, nel campo ad esso riservato, senza straripare
in quelli vicini.