(ANSA) - ROMA, 13 OTT - Il rischio, concreto, e' di stravolgerne
la natura e la connotazione. Cancellando in un istante cinquant'anni
di terzieta' e imparzialita' che hanno rappresentato e costituito
un equilibrio quasi perfetto, cosi' come voluto dai padri costituenti,
e inserendo, di fatto, elementi ''di parte'' anziche' ''super partes''.
Non ce n'e' uno, tra gli ex presidenti della Corte Costituzionale
intervenuti d un convegno della fondazione Basso sul tema 'Riformare
la Corte Costituzionale?', che vede di buon occhio la riforma della
Consulta - portare da cinque a nove i membri di nomina parlamentare,
di cui tre eletti dalla Camera e sei dal Senato federale - cosi'
come previsto dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri
lo scorso 16 settembre.
Da Vassalli a Conso, da Baldassarre a Ruperto, i presidenti emeriti
hanno criticato anche aspramente il progetto di riforma, senza che
una voce si sia levata a favore della proposta elaborata dai quattro
saggi della Cdl riuniti in Cadore, a partire dal numero dei componenti,
19, giudicato troppo elevato.
Il problema, e' la tesi di fondo degli ex presidenti, non sta
nel numero dei giudici ma nel rapporto che si verrebbe a creare all'interno
della Consulta con elementi che manifestamente rappresentano gli
interessi di una parte, le Regioni appunto. Che, tra l'altro, rappresentano
l'oggetto di diverse controversie cui proprio la Corte Costituzionale
e chiamata a dirimere.
''E' fin troppo facile sparare contro questo testo - ha esordito
Giovanni Conso - il problema sta nel rapporto tra i componenti, che
va calibrato con estrema attenzione in quanto non si tratta di una
questione di aritmetica ma di alta ingegneria costituzionale''. Il
rischio, cosi' come e' stata concepita, ''e' infatti che la Corte
si sbilanci troppo sul versante regionale'' e che il giudizio ''super
partes, la terzieta' del giudice'' venga di fatto annullata.
Stesso concetto espresso da Antonio Baldassarre secondo il quale
e' ''profondamente sbagliato cambiare la connotazione della Corte,
cosa che invece fa la proposta del governo'' riservando un ruolo
''privilegiato'' al Senato federale.
E per Leopoldo Elia, e Cesare Mirabelli l'attuale soluzione italiana
rappresenta ''un mix riuscito che ha garantito equilibrio''. Toccarlo,
ha aggiunto Elia, ''e' molto pericoloso, perche' si rischia di
rompere il giocattolo''.
Ancor piu' diretto Renato Granata: ''il testo di riforma - ha
detto - stravolge la natura della Corte cosi' come voluta dai padri
costituenti. Un organo di garanzia e terzieta', assicurate proprio
dai criteri di arruolamento''. Il nuovo testo, a giudizio di Granata,
va esattamente nella direzione opposta. ''Le parole dicono chiaramente
che i nuovi giudici saranno di parte, esprimendo le sensibilita'
regionali''.
Insomma, un coro di no chiaro e articolato, che punta anche sulle
difficolta' funzionali che scaturirebbero dall'aumento dei componenti
- ''avremmo una corte elefantiaca dove sarebbe impossibile arrivare
all'unita''' ha spiegato Ruperto - e che non risparmia critiche anche
ai ''signori governatori'', come li chiama l'ex presidente Giuliano
Vassalli, e agli emendamenti da loro presentati al testo, per ''lo
scempio all'imparzialita' della Corte''.
Vassalli ha inoltre parlato di un atteggiamento ''prevaricatore''
da parte dei ''saggi del Cadore'': una prevaricazione ''duplice''
rintracciabile nel voler ''introdurre elementi che sono parte di
un' istanza chiara'' e nel voler ''aumentare il numero''.
Dopo aver respinto tout court il ddl varato dal Consiglio dei
ministri, gli ex presidenti hanno avanzato alcune proposte, ''se
proprio non si puo' fare a meno di modificare qualcosa che ha funzionato
e funziona bene''. Tre, fondamentalmente, i suggerimenti: Vassalli
ha proposto di portare la Consulta dagli attuali 15 a sedici membri
e far salire il numero degli elementi nominati dal Parlamento da
cinque a sei, in modo da lasciarne 3 alla Camera e 3 al nuovo Senato
federale. Per Granata, invece, la soluzione potrebbe essere quella
di ridurre da 5 a 4 gli eletti da parte della Magistratura e portare
a 6 quelli nominati dal Parlamento, ripetendo lo schema Vassalli,
oppure far eleggere i 5 membri 'parlamentari' dal solo Senato
Federale.(ANSA).
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