Corriere della
sera 16-10-2003
Costituzione Ue, ecco le ragioni d’un referendum in tutta l’Europa
Dall’Irlanda alla Spagna, sette Stati hanno già deciso la consultazione. Anche nel nostro Paese si vada alle urne
BRUXELLES - L'argomento è
difficile, ostico, ma sottoporre la Costituzione europea al giudizio dei
cittadini attraverso un referendum avrebbe un forte valore politico. Sette
Paesi hanno già annunciato la consultazione, altri ne stanno discutendo,
in Italia finora se ne è parlato poco per gli imbarazzi che una
campagna elettorale provocherebbe nei due poli e in particolare nel centrodestra.
Silvio Berlusconi ha dichiarato di non aver nulla in contrario, ma non
si è neppure sbilanciato nel proporlo apertamente. Teme con ogni
probabilità l'immediata reazione dell'alleato Umberto Bossi, recalcitrante,
l'euroscettico in carico al governo. L’Italia ha una ricca tradizione referendaria.
Repubblica, divorzio e aborto sono nati nelle urne, dal dopoguerra a oggi,
e gli italiani hanno potuto dire la loro su almeno cinquanta diversi temi.
Solo Svizzera e Liechtenstein ci battono. Ma proprio sull’Europa gli italiani
sono stati finora coinvolti poco. In Francia hanno votato per il Trattato
di Maastricht, in Danimarca e Svezia per l’euro (con risultati negativi),
in Irlanda due volte per il Trattato di Nizza, per citare i casi più
noti. Da noi è accaduto nel 1989, quando fu chiesto di esprimersi
sulla trasformazione della Comunità «in un’effettiva Unione,
dotata di un governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo
stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione
europea». Chi si ricorda di quel quesito, diffuso insieme con le
schede delle terze elezioni europee, il 18 giugno 1989? Fu una campagna
in sordina, ma gli euroentusiasti trionfarono: partecipazione altissima
(85,4%), anche per il contestuale appuntamento elettorale, e nove italiani
su dieci dissero di sì.
Oggi il verdetto sul quale si dovrebbero
esprimere gli italiani è più articolato. La Conferenza intergovernativa
(Cig) sta discutendo la Costituzione e il Cavaliere, come presidente di
turno Ue, punta a risolvere ogni conflitto per chiudere la partita entro
fine anno. Anche l’Italia potrebbe votare lo stesso giorno di giugno sia
per eleggere il nuovo europarlamento sia per pronunciarsi sulla Carta.
I benefici sono almeno quattro.
Primo. Un’ampia consultazione in
Europa consentirebbe di avvicinare i cittadini alle istituzioni che i governi
si apprestano a varare. Irlanda e Danimarca sono obbligate a farlo dalla
loro Costituzione. Olanda, Lussemburgo, Portogallo, Spagna e Repubblica
Ceca hanno già deciso per il sì. In Francia il dibattito
è serratissimo, la stragrande maggioranza è favorevole, dal
primo ministro Jean-Pierre Raffarin dell’Ump ai socialisti, si attende
una dichiarazione ufficiale di Jacques Chirac. In Germania è uno
strumento poco utilizzato, ma si sta lavorando per fare un’eccezione: lo
vogliono la maggioranza dei socialdemocratici, liberali e ampi strati di
Cdu e Csu, contrari i verdi. In Gran Bretagna la lotta è durissima,
i conservatori puntano alle urne più che altro in funzione anti-Blair,
il quale esclude il referendum. Negli altri Paesi vince la prudenza e si
attende l’esito della Cig.
Non è ancora chiaro che
cosa succederebbe qualora uno o più Paesi dovessero votare «No»,
per via parlamentare o per via referendaria. E’ fra i temi in discussione
alla Cig. Ecco che cosa dice la bozza Giscard: se dopo due anni dalla firma
del Trattato i quattro quinti degli Stati membri hanno ratificato e uno
o più Stati hanno difficoltà, «la questione è
deferita al Consiglio europeo». Anche se non decisivo ai fini della
Costituzione, una bocciatura di Irlanda o Malta o, peggio ancora, di un
Paese più grande trascinerebbe l’Europa in una bufera politica dagli
esiti molto incerti.
Secondo. Un referendum sui contenuti
costringerebbe i partiti a impegnarsi sull’Europa e a non cadere nella
tentazione di deviare la campagna elettorale sui temi di politica interna.
Uno scenario più o meno così. Gruppi, coalizioni e liste
uniche devono prendere posizione per far capire la nuova Europa agli elettori.
Centrodestra e centrosinistra hanno «l’onere» di spiegare bene
su che cosa si dividono tra loro e al loro interno. Gli euroscettici, non
solo Bossi da una parte e Bertinotti dall’altra, sono spinti a uscire allo
scoperto. La competizione sale di livello e ne guadagna forse l’elenco
dei candidati al seggio di Strasburgo.
Terzo. Gli italiani hanno fama
di grandi europeisti, nessuno più di loro ama l’Unione. L’ultimo
eurobarometro ha confermato che siamo i più fiduciosi nelle istituzioni
di Bruxelles. Ci piace il nome che porta, la libertà che consente
nel viaggiare, studiare e lavorare, l’euro, l’opportunità di avere
più voce nel mondo. Ben il 77% degli italiani pensa che l’Europa
dovrebbe avere una Costituzione, un piccolo 5% è contrario: nella
Ue il dato medio è rispettivamente del 63% e del 10%.
Ma c’è anche una realtà
più allarmante. Solo il 36% degli italiani era al corrente in luglio
di che cosa stesse discutendo la Convenzione e poco più del 30%
sapeva che governo e Parlamento italiani avevano loro rappresentanti nello
stesso organismo. Un recente sondaggio della Doxa rivela che il 76% dei
cittadini si considera poco o del tutto non informato sugli argomenti della
Conferenza intergovernativa. Il referendum diventa un test per i cittadini,
oltre che per governo e opposizione.
Quarto. E’ un’occasione per rilanciare
uno strumento democratico che negli ultimi anni è stato forse abusato
con i risultati noti a tutti in termini di partecipazione e adesione. Forse
non scatenerà le passioni umane e civili del divorzio, dell’aborto
o della drammatica scelta fra Repubblica e Monarchia. Ma di certo risveglierà
un po’ di interesse collettivo, scalderà gli animi come è
toccato in questi mesi all’euro, finito suo malgrado sul banco degli imputati
per l’aumento sconsiderato dei prezzi. Senza contare che in ballo non c’è
un’Europa astratta, ma vicina e concreta, dove molte decisioni vengono
prese anche per conto dell’Italia.
Se il cittadino vuole sentirsi
in Europa come a casa propria, è meglio, a questo punto, che si
informi bene e possa esprimersi sulle regole condominiali.
Claudio Lindner
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