L´opposizione raggiunge l´accordo sulla bozza Amato: il
primo ministro non può sciogliere le Camere
Riforme, l´Ulivo rilancia la sfida "Premierato sì,
ma con un limite" Il centrosinistra vuole mantenere, per il Capo dello Stato, la funzione
di garante del sistema
ROMA - Il centrosinistra, tutto l´Ulivo più Rifondazione
e Di Pietro, rilancia sulle riforme costituzionali. Le opposizioni unite
si ritrovano in una bozza di controproposta al testo preparato dal governo
elaborato da un gruppo di esperti coordinati da Giuliano Amato. Un progetto,
subito battezzato "bozza Amato", che ruota, ma non solo, intorno all´idea
di più poteri per il premier, ma non quello di scioglimento che
resta nelle mani del presidente della Repubblica. Il centrosinistra inoltre
non vuole che il primo ministro sia eletto direttamente né che ci
sia l´indicazione del suo nome sulle schede elettorali. La "nomina"
a capo di una coalizione resta un fatto politico e una volta eletto il
premier riceve la fiducia dalla Camera.
Proposte che sembrerebbero simili a quelli usciti mercoledì
dal vertice della Cdl con Berlusconi. Al punto che si potrebbe parlare
di un abbozzo di testo condiviso. Voce che circolava già mercoledì
al Senato, e che faceva prevedere al presidente della commissione Affari
Costituzionale, il forzista Andrea Pastore, che si può incardinare
il testo in aula prima di Natale, arrivare al primo voto a gennaio 2004
e terminare tutto l´iter nel 2005.
Ma, come spiega il senatore diessino Stefano Passigli, «il diavolo
si annida nei dettagli e prima di fare qualsiasi passo vogliamo vedere
cosa ci dirà domani (oggi ndr) il relatore Francesco D´Onofrio».
Perché, spiega Passigli, «vogliamo vedere cosa dicono sull´elezione
del premier: perché una cosa è l´elezione diretta e
l´indicazione del nome sulla scheda, o il collegamento fra il suo
nome e il candidato nel collegio, un´altra l´annuncio politico
di una candidatura». Noi, conclude il senatore diessino siamo pronti
a discutere «sulla base di un vero modello Westminster, dove la maggioranza,
anche se perde un pezzo, o se ne aggiunge un altro che non altera l´esito
del voto, può sfiduciare il premier e trovarne al suo interno un
altro. Lasciando al presidente della Repubblica il potere di scioglimento».
Dunque l´Ulivo si muove con cautela. Nonostante l´esultanza
di Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, che plaude alla presunta
svolta del centrosinistra, e il realismo di Umberto Bossi che ammette che
sì, qualche cosa all´opposizione bisogna pur concedere. E
minimizza l´importanza del documento il padre della bozza. Giuliano
Amato, dice infatti che «è solo un documento preliminare che
non doveva neanche uscire».
La parola così torna al relatore D´Onofrio che dovrà
spiegare oggi quali sono i punti che la Cdl vuole modificare e in che modo.
«Ma Pastore - spiega Massimo Villone, responsabile riforme dei Ds
- si tolga l´idea che ascoltato D´Onofrio si passa
immediatamente a votare gli emendamenti, E´ una riforma costituzionale
e ci vuole tempo per riflettere.
E se il presidente della commissione vuole forzare i tempi comincerò
a fare l´ostruzionismo da solo».
Problemi e diversità restano anche su altri punti. A partire
dalla norme contro i conflitti di interessi e sulla parità di accesso
ai mass media che l´Ulivo inserisce nel suo progetto nel capitolo
sullo statuto dell´opposizione. Il centrosinistra inoltre è
contrario ad alterare il numero e la composizione della Corte costituzionale
e chiede che vengano salvaguardati standard nazionali e unitari per sanità
e scuola.
L´esatto contrario della devolution bossiana.
SILVIO BUZZANCA
Corriere della
sera 11-12-2003
NUOVE REGOLE / Nella bozza Amato i «4 paletti» per evitare
gli stravolgimenti istituzionali.
D’accordo Rifondazione e Di Pietro Ulivo: dialogo sì ma meno
poteri al premier
No allo scioglimento delle Camere e a un Quirinale indebolito. I nodi
di Consulta e devolution
ROMA - Se la riforma costituzionale della maggioranza è nata
dal vertice dei quattro «saggi» della Cdl in una baita del
Cadore, quella «ombra» del centrosinistra è spuntata
ieri dalla borsa di Giuliano Amato, presenti i leader di tutte le opposizioni.
Dopo la bozza di Lorenzago, quella dell’ex presidente del consiglio è
una proposta in sei cartelle su cui la minoranza, che ha trovato un accordo
di massima, è pronta ad accettare la sfida della Cdl: sì
al dialogo sulle riforme, ma il centrodestra rinunci allo scioglimento
automatico delle Camere su iniziativa del primo ministro. Al premierato
forte, il fronte unitario di «centrosinistra e sinistra» contrappone
un premierato «temperato», che non intacchi l’assoluta centralità
del Parlamento. Nella proposta della maggioranza il nome del premier compare
sulla scheda elettorale, mentre l’Ulivo si accontenta di renderlo noto
in campagna elettorale. Il candidato premier ha bisogno della fiducia del
Parlamento e, una volta insediato a Palazzo Chigi, può nominare
e revocare i ministri. Ma non decretare lo scioglimento delle Camere. C’è
anche una norma «antiribaltone»: il premier può cambiare
solo se non cambia la maggioranza, in caso contrario si torna alle urne.
Sulla via del dialogo il centrosinistra fissa quattro paletti, «stravolgimenti
istituzionali» su cui non si tratta. Lo scioglimento automatico delle
Camere da parte del primo ministro, perché darebbe luogo «a
una forma di governo autoritario». L’indebolimento del Capo dello
Stato, che deve conservare il ruolo di garante. La modifica dell’assetto
della Corte costituzionale, cui l’Ulivo assegna nuovi poteri. E la devolution
senza un sistema di contrappesi.
Sul nuovo assetto del Senato, invece, i due schieramenti non sono poi
così distanti. La riforma del titolo V della Costituzione «impone»
l’addio al bicameralismo perfetto, così anche nel progetto di Amato
la seconda Camera ha una «maggiore sensibilità regionalistica».
La «bozza Amato», che a gennaio (dopo opportune limature) dovrà
avere il via libera dei parlamentari dei nove partiti dell’alleanza, è
piaciuta anche a Di Pietro e Bertinotti. Tanto che l’ex premier parla di
«notevole passo avanti» verso una posizione comune e annuncia
che l’opposizione «non ha alcuna intenzione di bocciare una riforma
che ha i contenuti da noi sostenuti». Dario Franceschini, Margherita,
è convinto che l’opposizione abbia il «diritto-dovere»
di dialogare sulle riforme. Più cauto il diessino Vannino Chiti:
«La Cdl non ha più alibi, ma se avesse aperto al confronto
anche sulla Gasparri, il clima sarebbe un altro».