Riforme Istituzionali
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Corriere della sera  13-01-2004
 
La minoranza boccia gli emendamenti al progetto del centrodestra: il Parlamento del Nord è una follia
 
Riforme, salta il dialogo. L’Ulivo: democrazia a rischio

ROMA - Nel bocciare il dialogo sulle riforme istituzionali che la maggioranza intende fare tutte le minoranze di centrosinistra e di sinistra evocano «rischi per la democrazia». Sintetizzano bene questo giudizio le parole del senatore diessino Franco Bassanini: «Si mettono in discussione i fondamenti democratici del nostro sistema». Non solo. Il pacchetto messo a punto dalla Casa delle libertà sancirebbe «la vittoria della Lega nord su tutti i fronti». E questo non è accettabile. «Non possiamo - canzona il capo dei senatori della Quercia Gavino Angius - restare chiusi nel fortino padano». Le minoranze giungono a questa posizione dopo due ore di una discussione alla quale hanno preso parte tutti: da Antonio Di Pietro a Giuliano Amato, da Arturo Parisi ad Alfonso Pecoraro Scanio, da Angius a Vannino Chiti. Un dibattito suscitato dall’esame degli emendamenti scritti dal centrista D’Onofrio, relatore del disegno di legge costituzionale che modifica l’architettura dello Stato in senso federalista. E il vaglio dei documenti, dopo l’incontro preliminare dell’altra sera con i saggi della Casa delle Libertà, ha prodotto delusione e irritazione. «Avevamo - spiega Angius - grandi aperture e speranze quando abbiamo accolto gli appelli al dialogo, ma leggendo gli emendamenti di D’Onofrio, ci siamo resi conto che sono stati fatti molti passi indietro».
E ora? Caduta la possibilità di un dialogo bipartisan come aveva auspicato più volte il capo dello Stato, l’opposizione darà battaglia al Senato sia in commissione Affari Costituzionali, dove il testo della maggioranza è approdato ieri, sia in Aula dove è previsto per il 21 gennaio l’avvio della discussione. «Risponderemo colpo su colpo - anticipa Bassanini - non ci sottrarremo al confronto parlamentare rilanciando la nostra proposta unitaria, quella che passa con il nome di bozza Amato».
Bassanini auspica anche un ripensamento da parte di alcune componenti della maggioranza alle quali si rivolge direttamente. «Dove erano - si domanda - Fini e Follini mentre Bossi dettava le nuove norme?». E aggiunge: «Noi, in ogni caso, spiegheremo in Parlamento e al Paese il pericolo rappresentato da questo nuovo testo che contiene una follia come il "Parlamento del Nord"».
Quello evocato da Bassanini, in realtà, non compare nel testo di D’Onofrio. Compare invece una sorta di organismo di coordinamento tra gruppi di Regioni il cui compito è quello di esprimere pareri su materie che interessano più regioni. Questa commissione consultiva è composta da sessanta persone, delle quali un terzo senatori espressi dai territori interessati, un terzo governatori e presidenti di consigli regionali, un terzo rappresentanti di sindaci e presidenti di provincia. Bassanini (e con lui tutte le opposizioni) teme che questo sia un escamotage per riproporre in forma surrettizia «un parlamento del Nord, uno del Centro, uno del Sud e aprire di nuovo lo scontro con il centro».
C’è poi, si lamenta il senatore diessino, «un altro peggioramento del testo dei saggi di Lorenzago e riguarda il presidente della Repubblica, la cui funzione di garanzia costituzionale verrebbe "sfigurata"». Il progetto della maggioranza, spiega, riconosce tale prerogativa «solo nell’esercizio delle funzioni che gli vengono attribuite ed è inaccettabile».
Infine, sulle cosiddette garanzie democratiche, le «concessioni» si limitano a due cose: riconoscere all’opposizione la presidenza delle commissione di controllo e il diritto di eleggere uno speaker. «Sul resto zero - denuncia Bassanini -. Zero sull’innalzamento del quorum per la revisione costituzionale, zero sull’elevamento del quorum per scegliere i presidenti del Parlamento, zero sulle autorità indipendenti, zero in materia di pluralismo dell’informazione, zero sul conflitto di interessi». Insomma troppo poco per trattare.
 


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2004
 
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