Costituzione è fatta, all'ultima ora
L'Europa dei 25 ha da ieri la sua Carta. L'accordo raggiunto in tarda
serata, in extremis, dopo una giornata di estenuanti trattative e scontri,
tra Gran Bretagna e Francia, tra «piccoli» e «grandi».
Ma col nuovo sistema di voto sarà più difficile prendere
decisioni. Aumentate a dismisura le materie in cui viene mantenuto il potere
di veto
Allargamento Unica decisione presa con calma l'apertura dei negoziati
con la Croazia nel 2005. Bulgaria e Romania, come previsto, in lista per
il 2007
ALBERTO D'ARGENZIO
ANNA MARIA MERLO
BRUXELLES - C'è l'accordo sulla Costituzione», la notizia
si propaga rapidissima alle 22.45 dopo un pomeriggio di attesa, lamentele,
offese, giochi al rialzo, capricci e soprattutto formule impossibili che
fanno di questa Unione un oggetto ben difficile da governare, sicuramente
impossibile da capire. E' il momento della gioia tra i 25, una festa seguita
ad una battaglia durissima soprattutto sulla divisione dei poteri. Dopo
un'operazione di basso bricolage, i capi di stato e di governo partoriscono
un sistema di voto pressoché incomprensibile, assai più compleso
del precedente, buono per ingegneri istituzionali ed indigeribile al pubblico.
Si conclude così l'avventura della Costituzione, una storia iniziata
nel febbraio 2002 con la partenza della Convenzione che concludeva la sua
opera giusto un anno fa. Poi la Conferenza intergovernativa prendeva il
testimone il 4 ottobre scorso per naufragare a dicembre sotto la guida
di Berlusconi. Nuovo slancio dopo le elezioni spagnole e l'interramento
di Aznar, ieri l'epilogo con la Presidenza irlandese a celebrare il suo
successo, non ancora quello dell'Europa, lontana dal rilanciare il suo
progetto. Alla fine comunque c'è la tanto attesa Magna Charta, manca
invece il nome del successore di Romano Prodi sulla poltrona di presidente
della Commissione, i 25 ne riparleranno il 30 giugno in un vertice straordinario.
Parto comunque difficilissimo e travagliato per la Costituzione. I piccoli
fanno infatti i diavoli a quattro giusto ad un passo da un accordo che
sembra per tutta la giornata a portata di mano, ma che viene rimandato
mano a mano che procedono le ore. E così alle porte della notte,
mentre Italia e Svezia agglutinano le attenzioni della sala stampa, i 25
erano ancora riuniti in una sessione plenaria per chiudere il testo. La
sensazione era comunque positiva anche perché nessuno in Europa
si può permettere un altro insuccesso dopo delle elezioni europee
comunque fallimentari. Altra cosa è che questa sia una bella Costituzione,
anche se tutti dicono almeno che è necessaria.
L'Europa soffoca infatti nel corsetto che si è imposta, privilegiando una volta di più le relazioni tra stati allo spirito comunitario. E a dimostrare che si tratta della strada sbagliata, ieri il clima tra i capi di stato e di governo è stato molto teso per tutta la giornata. Irrigidimenti nazionali dei grandi e tra i grandi (Blair scatenato contro Chirac e viceversa), scontro ed irrigidimento dei piccoli paesi che si sono organizzati per un'offensiva portata all'ultimissimo momento, quando ormai Francia e Germania da un lato e la Gran Bretagna dall'altro, dopo una giornata che ha sfiorato l'insulto diretto, hanno alla fine accettato l'ultima revisione - al ribasso - del testo della Costituzione. Tra spinte da un lato e dall'altro, la presidenza irlandese è così andata più giù di dove si era fermata la Convenzione.
La Costituzione esce ridimensionata dal consiglio di Bruxelles, dove dei leader maltrattati dalle urne alle europee del 10-13 giugno hanno penato a trovare un'intesa, vittime, secondo l'humour del presidente uscente dell'europarlamento, Pat Cox, di un' «indigestione» alla cena molto tesa di giovedì. E così la discussione si è concentrata sulle modalità di «blocco» delle decisioni, un progetto al negativo e non in positivo. Sarà difficile prendere decisioni in Europa (vedere il box), prima per le pressioni di Spagna e Polonia, quindi per l'invenzione di maggioranza superqualificate, poi per l'inclusione di clausole e freni di emergenza, infine per l'impuntatura di 12 piccoli paesi, guidati da repubblica Ceca, Austria, Ungheria e Portogallo, che hanno dato il colpo di grazia al sistema ed alla capacità di comprensione di addetti e non addetti ai lavori. E come se non bastasse sono aumentate a dismisura, invece di diminuire, le materie in cui viene mantenuto il potere di veto, come pretendeva soprattutto Londra.
Dal testo costituzionale la Commissione, l'organo che ha l'iniziativa lesgilativa, viene ridimensionato rispetto al progetto della Convenzione. Sui poteri dell'esecutivo comunitario hanno sparato i «grandi», che non vogliono una compagine dominata dai «piccoli», ed i paesi che hanno problemi di bilancio. I piccoli hanno ottenuto un commissario per paese fino al 2014, poi il gabinetto verrà ridotto ad un numero pari ai due terzi degli stati membri, a meno che il Consiglio, all'unanimità non decida diversamente. Nel frattempo infatti l'Unione è destinata a crescere, visto che ieri, unica decisione presa con calma, è stata approvata l'apertura dei negoziati con la Croazia nel 2005. Quindi si ripete la data del 2007 per l'adesione della Bulgaria, che ha fatto «progressi», e della Romania, che si è mossa un po' meno. La Croazia, forte di un'economia migliore, entrerà probabilmente con loro, mentre anche la Turchia ha ricevuto alcuni elogi ed attende con impazienza il vertice di dicembre per sapere se e quando inizieranno le sue negoziazioni di adesione. La Commissione sarà pletorica nel futuro e quindi meno operativa.
L'esecutivo comunitario perderà potere anche sul terreno del controllo del bilancio, un'arma potente, che diventa spuntata. Qui i «grandi» paesi si sono vendicati per le procedure per deficit eccessivo avviate da Prodi. La Commissione veglierà infatti sul Patto di stabilità. Ciò significa che l'ultima parola per avviare una procedura per deficit toccherà, come adesso ma non come prevedeva la Convenzione, solo al Consiglio e si sa che cane non mangia cane.
La questione della Carta dei diritti fondamentali era già stata risolta al peggio giovedì: la Gran Bretagna ha ottenuto che l'interpretazione restrittiva venga incorporata nell'atto finale, per evitare che i lavoratori britannici possano appellarsi alla Corte di Lussemburgo per reintrodurre in Gran Bretagna i diritti, a cominciare da quello pieno di sciopero, che Margaret Thatcher aveva annullato. Su tutte le questioni sociali viene introdotto «un freno di emergenza», che può essere azionato da ogni stato. Al minimo anche la Procura europea: avrà poteri limitati sui soli danni finanziari all'Unione.
L'unica via d'uscita sono delle «passerelle», che permetteranno a chi lo vuole di continuare ad andare avanti. La Francia e la Germania vincono quindi sul principio delle «cooperazioni rafforzate», anche se questo riguarderà solo i campi «comunitari» e gli stati che intendono realizzarla dovranno ottenere il via libera da un voto all'unanimità dei 25. L'eurogruppo ottiene un margine di manovra, evitando di dover sottostare ai diktat dei paesi che non sono nell'euro.
Per arrivare a questo testo al ribasso, la giornata è stata costellata
da scontri, degenerati in insulti belli e buoni. Londra si è distinta,
accusando Chirac - «è un peccato che il presidente Chirac
abbia deciso di attaccare le nostre posizioni prima che i negoziati siano
cominciati» - poi Schroeder - «è disdicevole»
che abbia fatto il collegamento tra la presidenza della Commissione, le
nomine dei commissari (Germania e Francia vogliono dei posti-chiave) e
la Costituzione. In questo contesto che ricorda da vicino la crisi che
ha accompagnato la guerra in Iraq, gli Usa incassano l'approvazione per
la risoluzione 1546 del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Corriere della
sera 19-06-2004
Libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani Ecco i valori
comuni di 455 milioni di cittadini
a cura di Monica Ricci Sargentini
DEFINIZIONE E OBIETTIVI
Istituzione dell'Unione (art.1)
Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati d'Europa
di costruire un futuro comune, la presente Costituzione istituisce l'Unione
europea, alla quale gli Stati membri conferiscono competenze per conseguire
obiettivi comuni. L'Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette
al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sul modello comunitario
le competenze che essi le trasferiscono.
L'Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettano i
suoi valori e si impegnano a promuoverli congiuntamente.(...)
Valori dell'Unione (art.2)
L'Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà,
della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto
dei diritti umani. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società
fondata sul pluralismo, sulla tolleranza, sulla giustizia, sulla solidarietà
e sulla non discriminazione.
Obiettivi dell'Unione (art.3)
L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere
dei suoi popoli.
L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza
e giustizia senza frontiere interne e un mercato unico nel quale la concorrenza
è libera e non distorta.
L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato
su una crescita economica equilibrata, un'economia sociale di mercato fortemente
competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e un
elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente.
Relazioni tra l'Unione e gli Stati membri (art.5)
L'Unione rispetta l'identità nazionale degli Stati membri legata
alla loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il
sistema delle autonomie regionali e locali.
Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni
di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine
pubblico e di tutela della sicurezza interna. (...)
Personalità giuridica (art.6)
L'Unione ha personalità giuridica.
I CITTADINI
Diritti fondamentali (art.7)
L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti
nella Carta dei diritti fondamentali che costituisce la parte II della
Costituzione (...)
Cittadinanza dell'Unione (art.8)
È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno
Stato membro. (..)
I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri
previsti nella Costituzione.
Tali diritti comprendono:
- il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio
degli Stati membri;
- il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento
europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle
stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; (...)
- il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere
al mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni o agli organi consultivi
dell'Unione in una delle lingue della Costituzione e di ricevere una risposta
nella stessa lingua.
COMPETENZE
Principi fondamentali (art.9)
La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio
di attribuzione. L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui
principi di sussidiarietà e proporzionalità (...)
Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nella Costituzione appartiene
agli Stati membri.
Diritto dell'Unione (art.10)
La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell'Unione
nell'esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul
diritto degli Stati membri. (...)
Competenze esclusive (art.12)
L'Unione ha competenza esclusiva per definire le regole di concorrenza
nell'ambito del mercato interno e nei seguenti settori:
- politica monetaria per gli Stati membri che hanno adottato l'euro,
- politica commerciale comune,
- unione doganale,
- conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della
politica comune della pesca.
Coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione (art.14)
L'Unione adotta misure intese ad assicurare il coordinamento delle
politiche economiche degli Stati membri, in particolare adottando indirizzi
di massima per dette politiche. Gli Stati membri coordinano le loro politiche
economiche nell'ambito dell'Unione.
Politica estera e di sicurezza comune (art.15)
La competenza dell'Unione in materia di politica estera e di sicurezza
comune comprende tutti i settori della politica estera nonché tutte
le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, ivi compresa la definizione
progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a
una difesa comune.
Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica
estera e di sicurezza comune dell'Unione in uno spirito di lealtà
e di solidarietà reciproca e rispettano gli atti adottati dall'Unione
in questo settore. Essi si astengono da qualsiasi azione contraria agli
interessi dell'Unione o tale da nuocere alla sua efficacia.
IL QUADRO ISTITUZIONALE
Le istituzioni dell'Unione (art.18)
L'Unione dispone di un quadro istituzionale unico che mira a:
- perseguire gli obiettivi dell'Unione,
- promuoverne i valori,
- servire gli interessi dell'Unione, dei suoi cittadini e dei suoi
Stati membri, nonché a garantire la coerenza, l'efficacia e la continuità
delle politiche e delle azioni da essa condotte al fine di raggiungerne
gli obiettivi.
Tale quadro istituzionale comprende:
Il Parlamento europeo,
Il Consiglio europeo,
Il Consiglio dei ministri,
La Commissione europea,
La Corte di giustizia dell'Unione europea,
La Banca centrale europea,
La Corte dei conti.
Il Parlamento europeo (art.19)
Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione
legislativa e funzioni di controllo politico e consultive, secondo le condizioni
stabilite dalla Costituzione. Esso elegge il Presidente della Commissione
europea.
Il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale diretto
dai cittadini europei nel corso di uno scrutinio libero e segreto per un
termine di cinque anni. Il numero dei suoi membri non può essere
superiore a settecento. La rappresentanza dei cittadini europei è
garantita in modo regressivamente proporzionale, con la fissazione di una
soglia minima di quattro membri del Parlamento europeo per Stato membro.
Il Consiglio europeo (art.20)
Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al
suo sviluppo e definisce i suoi orientamenti e le sue priorità politiche
generali.
Il Consiglio europeo è composto dai Capi di Stato o di governo
degli Stati membri, dal suo Presidente e dal Presidente della Commissione.
Il ministro degli affari esteri partecipa ai suoi lavori.
Il Consiglio europeo si riunisce ogni trimestre su convocazione del
suo Presidente. Salvo nei casi in cui la Costituzione disponga altrimenti,
il Consiglio europeo si pronuncia per consenso.
Il Presidente del Consiglio europeo (art.21)
Il Presidente del Consiglio europeo è eletto dal Consiglio europeo
a maggioranza qualificata per un periodo di due anni e mezzo. Il suo mandato
è rinnovabile una volta (...)
Il Presidente del Consiglio europeo presiede e anima i lavori del Consiglio
europeo e ne assicura la preparazione e la continuità. Egli si adopera
per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo.
Egli presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle sue
riunioni. Il Presidente del Consiglio europeo non può essere membro
di un'altra istituzione europea o esercitare un mandato nazionale.
Il Consiglio dei ministri (art.22)
Salvo che la Costituzione non disponga diversamente, il Consiglio delibera
a maggioranza qualificata.
La Commissione europea (art.25)
La Commissione è composta da un rappresentante per ogni Paese
membro fino al 2014, in seguito il numero dei commissari verrà ridotto
e sarà pari ai due terzi degli Stati appartenenti all’Unione.
Il Presidente della Commissione europea (art.26)
Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo, il Consiglio europeo,
deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un
candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è
eletto dal Parlamento europeo alla maggioranza dei membri che lo compongono.
(...)
Il ministro degli Affari esteri (art.27)
Il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata con l'accordo
del presidente della Commissione, nomina il ministro degli affari esteri
dell'Unione. Questi guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione.
Il ministro degli Affari esteri contribuisce con le sue proposte all'elaborazione
della politica estera comune e la attua in qualità di mandatario
del Consiglio. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica
di sicurezza e di difesa comune.
Il ministro degli Affari esteri è uno dei vicepresidenti della
Commissione europea. In seno a tale istituzione, egli è incaricato
delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione
esterna dell'Unione. Nell'esercizio di queste responsabilità in
seno alla Commissione e limitatamente alle stesse, il ministro degli affari
esteri è soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della
Commissione.
La Corte di giustizia dell'Unione europea (art.28)
La Corte di giustizia, compreso il Tribunale, assicura il rispetto
della Costituzione e del diritto dell'Unione. Gli Stati membri stabiliscono
i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale
effettiva nel settore del diritto dell'Unione.
La Corte di giustizia è composta da un giudice per Stato membro
ed è assistita da avvocati generali. Il Tribunale è composto
da almeno un giudice per Stato membro: il numero dei giudici è stabilito
dallo statuto della Corte di giustizia.
Disposizioni particolari all'attuazione della politica estera e
di sicurezza comune (art.39)
L'Unione europea conduce una politica estera e di sicurezza comune
fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli
Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale
e sulla realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati
membri in costante crescita.
Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione
e fissa gli obiettivi della sua politica estera e di sicurezza comune.(...)
Disposizioni particolari all'attuazione della politica di difesa
comune (art.40)
La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante
della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l'Unione
disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari.
L'Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno
per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti
e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi
della Carta delle Nazioni unite. L'esecuzione di tali compiti si basa sulle
capacità fornite dagli Stati membri.
AZIONE ESTERNA DELL’UNIONE
Democrazia (art. 193)
L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi
che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che
si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, stato di diritto,
universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo (...),
rispetto del diritto internazionale conformemente ai principi della Carta
delle Nazioni unite.
Politica estera e di sicurezza (art.195)
Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica
estera e di sicurezza comune in uno spirito di lealtà e di solidarietà
reciproca.
Gli Stati membri (...) si astengono da qualsiasi azione contraria agli
interessi dell’Unione o tale da compromettere l’efficacia come elemento
di coesione nelle relazioni internazionali.
Un trattato da cui partire che contiene la storia di 25 nazioni
L'Europa ha scritto il suo futuro
Decisivo il cambio di posizione della Spagna di Zapatero
Schroeder e Chirac insieme per celebrare la vecchia Europa
MARCO MAROZZI
BRUXELLES - Non è una rivoluzione, in realtà non è
nemmeno una vera Costituzione, ma un Trattato costituzionale da cui partire:
è il massimo su cui si poteva raggiungere un accordo.
In questo grande cerchio, dai confini mobili e a tratti labili, che ha dovuto comprendere le storie e le ambizioni di 25 paesi, sarà il tempo a stabilire se vi sono davvero dei vinti e dei vincitori. Come sulle modifiche alle regole della governance economica, del patto di stabilità: chi le ha volute, Francia, Germania, Inghilterra, Italia in testa; chi - come i paesi dai conti virtuosi, tipo Spagna - non le voleva e ha puntato ad attenuarle; chi rischiava di esserne schiacciato come la Commissione.
Londra, la capitale più eurodiffidente, diventa la discriminante su cui misurare quel che è passato a Bruxelles. Blair ha mantenuto la "linea rossa" del voto all'unanimità, del diritto di veto su politica estera, fisco, giustizia. Strutture portanti di un'Europa politica che la Gran Bretagna non vuole e la Costituzione non contiene. Ma Blair non è riuscito a dilatare la sua visione, ad ottenere un articolo generale che allargasse l'unanimità a qualsiasi settore, dall'energia all'ambiente, ogni volta spuntasse una possibile ricaduta fiscale. Francia, Germania, Belgio hanno guidato chi si è opposto alla "shopping list" britannica.
E sull'euro si è deciso che per l'ammissione di nuovi paesi l'ultima
parola sarà sì, come voleva Blair, del Consiglio europeo
- in cui sono tutti i governi, Londra e quelli fuori dall'euro compresi
- ma subordinata alle raccomandazioni dell'Eurogruppo che raccoglie i 12
a moneta unica.
La Francia si lamenta con Chirac del mantenimento dei veti (anche se
lei li ha sostenuti sulla politica culturale, in difesa antiUsa, e la Germania
insieme agli scandinavi su quelle sociali, in nome del welfare) e insieme
esalta il riconoscimento delle cooperazioni rafforzate "che aiuteranno
quegli stati che vogliono avanzare più velocemente verso l'integrazione".
Stesso discorso da Schroeder, celebrazione di quell'asse franco-tedesco
che ha guidato la "vecchia Europa" e ora tratta spesso da solo con l'Inghilterra.
Stesso discorso per il presidente e il ministro degli Esteri dell'Unione, visti come proiezioni politiche della Ue mentre Londra ne riduce la portata a superfunzionari. E non intacca certo l'asse il fatto che Chirac sia stato il campione del mantenimento del no alle radici cristiane nel preambolo, mentre il Schroeder dice che le avrebbe accettate.
Italia e Polonia sono stati i grandi sostenitori del cristianesimo nel Trattato, ma è difficile su un argomento simile parlare di loro sconfitta anche se gli oppositori a Varsavia lo fanno. Berlusconi ha citato Benedetto Croce: "Come possiamo non dirci cristiani?". Chirac lo ha salutato: "Merci, mon père", grazie, padre mio. L'Italia incassa la firma della Costituzione a Roma, la Polonia la Clausola Ioannina, per cui anche piccoli paesi dovrebbero poter bloccare almeno pro tempre gli accordi: in realtà è in vigore da anni e mai è stata applicata.
A Bruxelles ci si è accordati per un doppio voto a 55% degli stati e 65% della popolazione su cui cantano vittoria la Francia e la Spagna, a dicembre durissima sul no a un accordo con Aznar, ora regista con Zapatero di una soluzione che rende più agile il decidere.
La formula piace ai grandi paesi, ma è stata accettata anche
dagli altri, i quali - dall'Austria alla Danimarca, dalla Finlandia alla
Grecia, ai dieci nuovi - hanno ottenuto non solo un commissario per nazione
fino al 2014, ma anche la possibilità di far prolungare la cosa
anche dopo attraverso il Consiglio europeo che potrà bocciare la
diminuzione dei membri dell'esecutivo a 2/3 del numero di nazioni.
La stampa europea e la Costituzione. I tabloid britannici accusano Blair:
«Traditore». Le Monde: «L’Ue è spaccata»
«Blair traditore»? La distanza che separa Londra da Bruxelles
si misura anche con le prime pagine dei giornali. Perché mentre
i quotidiani di tutta Europa salutano in copertina la nuova Costituzione
Ue, i tabloid inglesi - i più sensibili annusatori di umori in Gran
Bretagna, dopo i bookmaker - si pongono questa domanda: Tony Blair ha concesso
troppo all’Unione? O per trasformare in domanda il titolo del Sun : «Blair
si è venduto all’Ue»? Certo, è la stampa popolare quella
che accusa il premier di essere un «traditore» ( Sun ) o che
si chiede se riuscirà a «vendere la Costituzione ai britannici»
( Daily Express ). E che, riprendendo un vecchio slogan dell’ Economist
, lo invita «a buttarla nel cestino», come scrive il notista
Trevor Kavanagh. Ma anche i giornali più autorevoli, dal Times al
Guardian , mantengono una scettica diffidenza verso l’Unione. Tanto più
dopo un vertice che, come scrive il Times , è stato «uno dei
più astiosi negli ultimi anni e ha lasciato la nuova e la vecchia
Europa molto distanti». Un giudizio condiviso dall’editorialista
principe della Bbc , Andrew Marr: «L’idea nata dopo la seconda guerra
mondiale di un’Europa modellata a immagine della Francia e dei suoi interessi,
e sostenuta dalla Germania, è tanto viva quanto il Sacro Romano
Impero».
Sono dubbi che rimbalzano anche sull’altra sponda della Manica. Perché
è vero che quasi tutti i giornali europei hanno salutato con enfasi
la nascita della Costituzione Ue - «l’accordo storico del 18 giugno»,
titola a prima pagina Le Monde - ma nessuno nasconde gli estenuanti negoziati
che sono serviti a raggiungerla. Per Libération , «L’Ue è
arrivata a un accordo nel dolore». «E senza trovare il successore
a Prodi». Eccolo, il secondo punto che parte della stampa europea
mette in evidenza: le profonde divisioni sulla scelta del dopo-Prodi. «Non
solamente la mancata nomina del nuovo presidente della Commissione - scrive
Le Monde - getta un’ombra sull’accordo per la Costituzione, ma conferma
la profonda divisione in Europa. Basterà la Costituzione a ridare
all’Ue lo slancio perduto?». C’è un’Unione spaccata - dice
Le Monde - con un asse franco-tedesco a cui si contrappone un blocco guidato
da Blair, ma che raccoglie nella sua scia anche l’Italia e la Polonia.
Un’analisi sottoscritta da una delle penne più informate di Bruxelles,
il britannico George Parker del Financial Times .
Forse perché meno coinvolti nello scontro, i giornali degli
altri Paesi osservano questa contrapposizione tra due governi e due visioni
d’Europa in modo meno partecipe. In Spagna El País ricorda che il
trattato dovrà essere ratificato da tutti i Paesi. In Polonia, l’altro
Paese ribelle che ha fatto fallire il vertice di dicembre, la Gazeta Wyborcza
dell’ex dissidente Adam Michnik si concentra su temi di respiro «nazionale»
(«niente menzione delle radici cristiane nel preambolo»). Un
segno che lo scontro sul futuro dell’Europa stavolta passa altrove. Lo
osservano bene i giornali americani, che per altro non vedono nell’adozione
della Carta Ue un evento da prima pagina. «Una storica Costituzione
dopo due giorni di estenuanti trattative - scrive il Washington Post -
che mette in evidenza le divisioni profonde e le nebbiose prospettive della
futura cooperazione».
Mara Gergolet
C'è un fantasma che si aggira per l'Europa: il fantasma della ratifica. La ratifica della Costituzione dell'Unione. Parafrasare le prime parole del «Manifesto» di Karl Marx è anche divertente. Eppure, per dirla in tutta sincerità, questa Costituzione è nata ma non si può, in queste ore, essere certi che crescerà. Se crescerà e, con l'età, se maturerà e diventerà, possibilmente, meglio di com'è.
Con ancora maggior franchezza bisogna anche prevedere che la Costituzione potrà rischiare di morire per una malattia congenita. Uccisa nella culla a causa di forti e contrastanti correnti di pensiero: da un lato il federalismo che ha come stella cometa la continua integrazione in un livello sopranazionale, dall'altro l'euroscetticismo e un vero e proprio ripudio della costruzione europea. Non sarà facile l'infanzia del corpo nuovo e fragile che agita, sin d'ora, i sonni dei governi, delle forze politiche europee. E sul quale, ben presto, si dovranno riversare le attenzioni di opinioni pubbliche tenute colpevolmente lontane dal dibattito sul destino dell'Europa. Una colpa che, non può essere omesso, va anche messa nel conto degli organi d'informazione.
Il disco verde del Consiglio europeo di Bruxelles al progetto di Costituzione, il primo, unico trattato costituzionale è stato senz'altro un fatto positivo. In effetti, di fronte alla scelta drammatica del prendere o lasciare, non si poteva fare altrimenti. Già numerosi, con il passare delle settimane - e delle ore di negoziato «al ribasso» durante il summit a cui non è rimasto affatto estraneo il governo di Berlusconi e Frattini - erano stati i mutamenti al testo base che sarebbe apparso demenziale non finirla lì e non incassare quantomeno un risultato semi decente. Il fatto è che la partita non è finita. Per paradosso, è appena cominciata. Perché la battaglia per le ratifiche nazionali dei 25 Paesi è tutta da giocare. La Costituzione, per diventare un testo valido giuridicamente, ha bisogno dei pronunciamenti dei parlamenti e, in taluni casi, dei cittadini consultati attraverso un referendum.
Nubi gonfie si intravedono sulla Gran Bretagna: Tony Blair ha lasciato la sua impronta thatcheriana sul progetto di Costituzione, esaltando il suo profilo di leader laburista con quello marcatamente non filo europeo di Berlusconi, e dovrà misurarsi nel referendum, incalzato dai conservatori e dagli indipendentisti. Non c'è da scommettere sulla sua vittoria nonostante ripeta che lasciare l'Unione «sarebbe una colossale sciocchezza». Un sondaggio, proprio ieri, ha valutato nel 64% i contrari al testo costituzionale che farebbe «perdere al Regno unito la sovranità in molte materie».
Ma anche Jacques Chirac avrà i suoi problemi perché in Francia è apertissimo il dibattito sullo svolgimento di un referendum. I socialisti, primo partito del paese e vincitori di due turni elettorali, hanno chiesto ieri la consultazione popolare con l'ex ministro agli Affari europei, Pierre Moscovici. Il quale ha salutato l'arrivo della Costituzione ma l'ha contestata fermamente perché l'Europa «di cui c'è bisogno non può ridursi al solo mercato». La Costituzione di Bruxelles, dunque, è vista come una tappa. E così anche in almeno altri nove paesi, a cominciare dalla Polonia, sconfitta sulle «radici cristiane» ed elogiata dal Papa in Piazza San Pietro, dove si terrà il referendum sulla spinta, ovviamente, di motivazioni del tutto opposte. La Costituzione dovrà essere ratificata nel giro di due anni. Una dichiarazione finale dice che se, dopo due anni dalla ratifica, venti Stati l'avranno ratificata ma altri cinque avranno delle difficoltà, il Consiglio europeo dovrà decidere il da farsi. Una decisione che sarà presa, dunque, nel dicembre del 2006, sotto presidenza della Finlandia.
La ratifica è, dunque, la nuova sfida. La nuova frontiera. E la Costituzione, che è stata tenuta lontana dalla recente competizione per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo, si prenderà la sua vendetta. Sarà lo strumento per una battaglia politica sopranazionale su quale tipo di Europa continuare a lavorare per i prossimi anni. Se la Gran Bretagna e la Francia avranno i loro bei problemini, pochi hanno riflettuto sinora sul fatto che ci riguarda direttamente.
L'Italia sarà costretta, questa volta, a fare i conti con le vere questioni europee. È stato il ministro degli esteri Frattini, reduce dalla sua vittoriosa campagna al ribasso di Bruxelles, a impegnare il governo di centro destra in una promessa di referendum per la Costituzione. Per non farsi scavalcare dalla Lega che, con il vice presidente del Senato, ha rivendicato la consultazione per poter, finalmente, pronunciarsi contro l'Europa.
Se il ministro degli Esteri annuncia il referendum, bisogna credergli, e non pensare che sia un "bluff". È una scelta politica precisa. Se la maggioranza di governo opterà per questa forma di ratifica, vorrà dire che la campagna elettorale referendaria si intersecherà con quella per il rinnovo del Parlamento, nella primavera del 2006. Di sicuro, un eventuale referendum, dovrà convivere con le regionali del 2005. Sarà inevitabile. Sono i tempi che comandano: il testo della Costituzione, «ripulito» dai giuristi, si prevede pronto, e tradotto in tutte le 20 lingue dell'Unione, per l'autunno. Si darà via alla firma in tutte le capitali e, poi, per la cerimonia di Roma, sede ufficiale di deposito dei Trattati europei. Il processo di ratifica scatterà soltanto successivamente e sarà condizionato dalle situazioni politiche interne di ciascun paese.
La battaglia che si riaprirà in Italia avrà, dunque, un punto di riferimento quasi decisivo nell'Europa. C'è una «questione Europa» ancora irrisolta in tutte le classi dirigenti. A destra e a sinistra. Sarà interessante vedere come il centro destra sbroglierà la matassa di un progetto che Berlusconi ha approvato e che firmerà a Roma ma che la Lega dichiara di avversare perché il partito di Bossi, in quanto ad elaborazione culturale, è fermo al concetto di Forcolandia. Sarà importante assistere alla difesa dell'Europa di un premier che ha combattuto l'euro, ha dovuto digerire il mandato d'arresto, ha mandato a casa il suo unico ministro davvero europeista Ruggiero, ha sottoscritto la «lettera degli Otto» per stare con Bush e Blair, ha definito «lumaconi» i funzionari che, magari, hanno lavorato al testo della Costituzione.
Due anni di battaglia euro-nazionale devono essere presi nel dovuto
conto anche dalle forze del centro sinistra. Che hanno il vantaggio di
aver sposato da lungo tempo la causa dell'Europa, di averla assunta come
punta di diamante nel confronto-scontro con il centro destra, di aver individuato
nel presidente della Commissione il leader dello schieramento che, nel
2006, si prefigge il ritorno alla guida del governo in Italia. Stavolta,
il programma per l'Europa dovrà essere distribuito. Ma non è
solo una questione fisica. Di volantinaggio. È un problema politico
di primaria importanza. La scelta europea sarà il valore aggiunto
se i messaggi saranno chiari e diretti. Ci sarà una discriminante
tra destra e sinistra. E il centro sinistra ha anche le sue differenze
in questa vicenda. Il cuore e la mente degli elettori italiani saranno
raggiunti e conquistati da chi saprà spiegare perché l'Europa
serve agli Stati nazione, perché essa non rappresenta un pericolo
ma un vantaggio, perché senza l'Europa unita e integrata non ci
saranno né benessere né uguaglianza e nemmeno la garanzia
di una pace duratura.
Mailing List di Riforme istituzionali |