D. Gor.
Dal Carroccio a Rifondazione il fronte contro la Carta
Calderoli: alle urne, ma voteremo contro Giordano: abroghiamo questo
simulacro
ROMA - Che alla fine si voti o meno un gradimento alla costituzione
Ue, un fronte del no è già sceso in campo. Roberto Calderoli
, vice presidente del Senato e coordinatore delle segreterie nazionali
del Carroccio, lo dice con tutta la forza e la passione del leghista sanguigno
e deciso a non mollare: «Il referendum? Lo abbiamo chiesto prima
noi, Frattini è arrivato dopo... Noi non solo auspichiamo che si
svolga, ma annunciamo che voteremo contro la Costituzione europea».
La voglia di consultare l'elettorato è ribadita anche dal ministro
della Giustizia Roberto Castelli , che però cita il collega degli
Esteri: «Sono d'accordo con Frattini. Non ho ancora letto la bozza
finale della Carta: dovrò fare le mie valutazioni». Calderoli,
a nome della Lega, invece ha già valutato: «Quel testo riduce
la sovranità nazionale e rende il Parlamento europeo suddito della
Commissione. Poi c'è anche il problema del mancato riferimento alle
radici cristiane: è inaccettabile, significa chinare la testa di
fronte all'islam». La tentazione di affossare la Carta appena applaudita
a Bruxelles dai governi dei 25 però serpeggia anche nei partiti
alleati. Maurizio Lupi , rappresentante cattolico formigoniano di Forza
Italia, apprezza l'ipotesi referendum: «E mi auguro che si abbia
il coraggio di proseguire. Il Paese deve poter decidere se questa Costituzione
è il male minore o il male totale. Io sono molto critico: ne è
uscita un'Europa senza identità, un'unione fatta di burocrazie e
finanze. Sembra più lo statuto di un consiglio di amministrazione
che una carta di identità. Manca il richiamo alle nostre radici,
ed è stata dimenticata la sussidiarietà». Una bocciatura,
allora? «Le premesse ci sono tutte. Devo ammettere che non sono mai
stato così vicino alla Lega».
Molto duro anche il giudizio del sottosegretario agli Interni, Alfredo
Mantovano , che in An esprime le istanze cattoliche. «Quella Carta
fornisce un'immagine di debolezza intrinseca dell'Europa, ne esce un albero
senza radici. Ma l'Europa non esisterebbe senza il cristianesimo: non è
neppure un continente, geograficamente è soltanto l'appendice occidentale
dell'Asia». In quanto al referendum, per Mantovano «è
un problema secondario», ma comunque comporterebbe «un rischio
flop ancora più evidente. Ci sono paesi in cui il voto per Strasburgo
ha registrato un'affluenza inferiore al 50%. Con queste percentuali, che
viatico potrebbe avere la Costituzione?». E sull'eventuale voto c'è
un «non so» accompagnato dall'ipotesi «lasciare libertà
di coscienza».
Una promessa di no secco arriva invece anche da qualcuno dell’opposizione.
«Questa Costituzione nega l’esigibilità dei diritti sociali
e perché non ripudia la guerra», dichiara Franco Giordano
, capogruppo alla Camera di Rifondazione. E conclude: «Vogliamo abrogare
questo simulacro sotto cui si nascondono le regole dei più forti,
le dinamiche di mercato e la sottomissione delle carte nazionali».
Daria Gorodisky
«Una legge costituzionale per votare sulla Carta Ue»
I giuristi: è questa la via migliore per consentire il referendum
Il precedente dell’89, quando l’Italia si pronunciò sull’Unione
ROMA - «L’Italia non è certo l’Inghilterra» dice
Lorenzo Chieffi, professore di Diritto costituzionale all’Università
di Napoli. Affermazione persino banale, se non si parlasse di Costituzione
europea e relativo referendum. Londra è il punto di riferimento
per chi vuole che la nuova Carta Ue venga sottoposta direttamente al giudizio
del popolo. Anche da noi si parla di referendum, ma la strada per arrivarci
non è così semplice. Anzi.
RATIFICA - Dal punto di vista tecnico, spiegano al ministero
per le Politiche comunitarie, la Costituzione europea è un semplice
trattato internazionale. Per questo, dopo la firma ufficiale da parte dei
25 Stati membri, nei prossimi mesi l’Italia procederà alla ratifica
con una legge ordinaria. Secondo l’articolo 75 della nostra Costituzione,
la ratifica dei trattati internazionali è una delle pochissime materie
- insieme a tasse, bilancio, amnistia e indulto - in cui il referendum
abrogativo non è consentito. Come superare l’ostacolo?
MODIFICA COSTITUZIONE - Una delle soluzioni è la modifica
proprio dell’articolo 75 della Costituzione italiana. Eliminare, cioè,
la ratifica dei trattati internazionali dall’elenco delle materie in cui
il referendum è bandito. «Mi sembra un esercizio teorico -
osserva Chieffi - e non credo davvero che si arriverà a tanto».
Un intervento del genere metterebbe direttamente nelle mani del popolo
le scelte fondamentali di politica estera. Al limite anche le alleanze
militari che sono pur sempre regolate da trattati multilateralii.
LEGGE AD HOC - La via più logica è un’altra: una
legge ad hoc che consenta solo stavolta di svolgere un referendum in questa
materia. Spiega un altro costituzionalista, Paolo Armaroli, professore
all’Università di Genova con un passato da parlamentare di Alleanza
nazionale: «E’ una soluzione che ha il pregio di non scardinare l’impianto
della nostra carta fondamentale e allo stesso tempo di consentire l’eccezione
nel caso singolo».
Per indire il referendum, però, non basta una legge ordinaria.
Serve una legge costituzionale che ha un iter più complesso: due
approvazioni da parte di ciascun ramo del Parlamento a distanza di almeno
tre mesi l’una dall’altra e a maggioranza assoluta dei voti. «Con
ogni probabilità - dice però Chieffi - sarebbe un testo di
un solo articolo e quindi, nonostante la procedura complessa, i tempi potrebbero
essere tutto sommato brevi».
IL PRECEDENTE - E’ stata proprio questa la strada seguita dall’Italia
nel 1989. Era il 18 giugno quando, insieme alle elezioni europee, gli italiani
furono chiamati a dire la loro sulla trasformazione dell’allora comunità
europea in una «effettiva unione dotata di un governo responsabile
di fronte al Parlamento». Non solo, perché fu chiesto il nostro
parere anche sull’idea di affidare proprio a quel Parlamento il «mandato
di redigere un progetto di Costituzione da sottoporre alla ratifica degli
Stati membri». I primi passi di quel processo che, dopo 15 anni,
è adesso in dirittura d’arrivo. Vinsero i sì con l’88% dei
voti. La legge fu approvata definitivamente a marzo, dopo un iter durato
quasi cinque mesi.
REFERENDUM SUL REFERENDUM - C’è un piccolo paradosso,
però. Ogni legge costituzionale può essere sottoposta a referendum
se lo chiede un quinto dei componenti di una Camera, 500 mila elettori
oppure cinque consigli regionali. Certo, la consultazione non è
possibile se il voto delle Camere è stato «forte», cioè
a maggioranza di due terzi. Ma resta il principio: il provvedimento che
indice il referendum, in parole povere, può essere sottoposto a
referendum. Il cane che si morde la coda.
Lorenzo Salvia
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