Riforme Istituzionali
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Corriere della sera  22-06-2004
 
Referendum europeo, il governo si divide
 
Berlusconi: non ci ho ancora pensato. Pisanu frena: una disputa oziosa. Ma Casini rilancia
 
ROMA - In meno di tre giorni, l'entusiasmo della maggioranza per l'incasso della Costituzione europea e l'ipotesi della sua firma a Roma si trasforma in confusione. Perché se alla chiamata del Papa contro il mancato riferimento alle «radici cristiane» il centrodestra risponde quasi all'unanimità «presente», sull'idea di un referendum per la Carta fondante dell'Ue il fronte si spacca. Domenica il ministro degli Esteri Franco Frattini ha sollecitato una consultazione popolare sulla Carta; e ieri il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha accolto la proposta. «Mi meraviglierei molto - ha detto Casini - se emergessero posizioni diverse tra maggioranza e opposizione». Ma poche ore dopo è anche dall'interno della stessa Cdl che emergono diversità di vedute. Silvio Berlusconi, innanzi tutto, gela il suo responsabile della diplomazia (ed esponente del suo partito) e Casini: «Referendum? Non ho ancora avuto il tempo di pensarci». Taglia corto, il presidente del Consiglio. Ma la frase appare indice di perplessità, emerse poco prima anche in una dichiarazione del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu: «Quella sulla consultazione referendaria mi sembra una disputa oziosa. E comunque, non vedo come questo fantomatico referendum possa giovare alla causa europea. Occorre infatti ben altro per arginare quella crisi ideale e politica che si è manifestata nell'ultima settimana. L'Europa è nata bene, ma sta crescendo male e rischia di finire peggio se i gruppi dirigenti dei 25 Paesi non ritroveranno al più presto lo slancio ideale di De Gasperi e Spinelli, di Schumann e Adenauer».
Anche An è poco convinta della via referendaria. Lo sottolinea Gianfranco Fini: «Non ho nulla in contrario perché è la forma più diretta possibile di partecipazione; ma mi domando che senso abbia per l'Italia, dove il problema non esiste visto che c'è una tradizione europeista antica». Il vicepresidente del Consiglio aggiunge che ci potrebbe essere anche il rischio di un effetto boomerang, con la messa in evidenza di una scarsa partecipazione e con un possibile equivoco tra voto sulla Costituzione europea e voto sull'euro. Del resto Ignazio La Russa, che coordina il partito, lo dice ancora più chiaramente: «Un referendum non mi sembra proprio all'ordine del giorno. Non ne abbiamo discusso, non è un tema centrale. Personalmente, se la Carta fosse di ampio gradimento non avrei dubbi sul chiedere una conferma popolare: anzi, sarebbe il modo per parlarne e farla conoscere. Ma l'insoddisfazione per il mancato riferimento alle radici cristiane potrebbe far deviare dibattito e voto solo su questo tema. No, non so se sarebbe una scelta opportuna». Però l'ipotesi esiste: e allora con quale casella La Russa esprimerebbe la propria volontà? «Non so. Sicuramente però la Costituzione che c'è è meglio di nulla». Più deciso, nel caso, a votare a favore della Costituzione è invece Gustavo Selva; anche se auspica un'altra via: «Il referendum su questa materia è difficile per la nostra legislazione. Meglio una legge di ratifica del Trattato».
Una frenata alla corsa referendaria arriva anche dall'interno del partito di Casini, l'Udc. «Per me non è necessaria dal momento che la gran parte degli italiani è europeista», afferma infatti il ministro per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione. Aggiungendo: «Io non ho mai apprezzato questa visione referendaria della politica. Tuttavia, noi non ne abbiamo paura. Se ci sarà una maggioranza favorevole a chiedere il parere degli elettori, andiamoci pure».
Intanto la Lega, che rivendica il primato della richiesta di referendum, apre un'altra campagna in fatto di «radici cristiane». «Se si dice che sarebbe stato giusto citarle nella Costituzione europea, a maggior ragione dovrebbero essere inserite in quella italiana - attacca Edouard Ballaman, questore lumbard della Camera -. Per colmare questa grave lacuna ho presentato una proposta di legge. Ora la Cdl si compatti intorno alla nostra proposta».

D. Gor.


Dal Carroccio a Rifondazione il fronte contro la Carta
 
Calderoli: alle urne, ma voteremo contro Giordano: abroghiamo questo simulacro
 
ROMA - Che alla fine si voti o meno un gradimento alla costituzione Ue, un fronte del no è già sceso in campo. Roberto Calderoli , vice presidente del Senato e coordinatore delle segreterie nazionali del Carroccio, lo dice con tutta la forza e la passione del leghista sanguigno e deciso a non mollare: «Il referendum? Lo abbiamo chiesto prima noi, Frattini è arrivato dopo... Noi non solo auspichiamo che si svolga, ma annunciamo che voteremo contro la Costituzione europea». La voglia di consultare l'elettorato è ribadita anche dal ministro della Giustizia Roberto Castelli , che però cita il collega degli Esteri: «Sono d'accordo con Frattini. Non ho ancora letto la bozza finale della Carta: dovrò fare le mie valutazioni». Calderoli, a nome della Lega, invece ha già valutato: «Quel testo riduce la sovranità nazionale e rende il Parlamento europeo suddito della Commissione. Poi c'è anche il problema del mancato riferimento alle radici cristiane: è inaccettabile, significa chinare la testa di fronte all'islam». La tentazione di affossare la Carta appena applaudita a Bruxelles dai governi dei 25 però serpeggia anche nei partiti alleati. Maurizio Lupi , rappresentante cattolico formigoniano di Forza Italia, apprezza l'ipotesi referendum: «E mi auguro che si abbia il coraggio di proseguire. Il Paese deve poter decidere se questa Costituzione è il male minore o il male totale. Io sono molto critico: ne è uscita un'Europa senza identità, un'unione fatta di burocrazie e finanze. Sembra più lo statuto di un consiglio di amministrazione che una carta di identità. Manca il richiamo alle nostre radici, ed è stata dimenticata la sussidiarietà». Una bocciatura, allora? «Le premesse ci sono tutte. Devo ammettere che non sono mai stato così vicino alla Lega».
Molto duro anche il giudizio del sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano , che in An esprime le istanze cattoliche. «Quella Carta fornisce un'immagine di debolezza intrinseca dell'Europa, ne esce un albero senza radici. Ma l'Europa non esisterebbe senza il cristianesimo: non è neppure un continente, geograficamente è soltanto l'appendice occidentale dell'Asia». In quanto al referendum, per Mantovano «è un problema secondario», ma comunque comporterebbe «un rischio flop ancora più evidente. Ci sono paesi in cui il voto per Strasburgo ha registrato un'affluenza inferiore al 50%. Con queste percentuali, che viatico potrebbe avere la Costituzione?». E sull'eventuale voto c'è un «non so» accompagnato dall'ipotesi «lasciare libertà di coscienza».
Una promessa di no secco arriva invece anche da qualcuno dell’opposizione. «Questa Costituzione nega l’esigibilità dei diritti sociali e perché non ripudia la guerra», dichiara Franco Giordano , capogruppo alla Camera di Rifondazione. E conclude: «Vogliamo abrogare questo simulacro sotto cui si nascondono le regole dei più forti, le dinamiche di mercato e la sottomissione delle carte nazionali».
 
Daria Gorodisky


«Una legge costituzionale per votare sulla Carta Ue»
 
I giuristi: è questa la via migliore per consentire il referendum Il precedente dell’89, quando l’Italia si pronunciò sull’Unione
 
ROMA - «L’Italia non è certo l’Inghilterra» dice Lorenzo Chieffi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Napoli. Affermazione persino banale, se non si parlasse di Costituzione europea e relativo referendum. Londra è il punto di riferimento per chi vuole che la nuova Carta Ue venga sottoposta direttamente al giudizio del popolo. Anche da noi si parla di referendum, ma la strada per arrivarci non è così semplice. Anzi.

RATIFICA - Dal punto di vista tecnico, spiegano al ministero per le Politiche comunitarie, la Costituzione europea è un semplice trattato internazionale. Per questo, dopo la firma ufficiale da parte dei 25 Stati membri, nei prossimi mesi l’Italia procederà alla ratifica con una legge ordinaria. Secondo l’articolo 75 della nostra Costituzione, la ratifica dei trattati internazionali è una delle pochissime materie - insieme a tasse, bilancio, amnistia e indulto - in cui il referendum abrogativo non è consentito. Come superare l’ostacolo?
 

MODIFICA COSTITUZIONE - Una delle soluzioni è la modifica proprio dell’articolo 75 della Costituzione italiana. Eliminare, cioè, la ratifica dei trattati internazionali dall’elenco delle materie in cui il referendum è bandito. «Mi sembra un esercizio teorico - osserva Chieffi - e non credo davvero che si arriverà a tanto». Un intervento del genere metterebbe direttamente nelle mani del popolo le scelte fondamentali di politica estera. Al limite anche le alleanze militari che sono pur sempre regolate da trattati multilateralii.
 

LEGGE AD HOC - La via più logica è un’altra: una legge ad hoc che consenta solo stavolta di svolgere un referendum in questa materia. Spiega un altro costituzionalista, Paolo Armaroli, professore all’Università di Genova con un passato da parlamentare di Alleanza nazionale: «E’ una soluzione che ha il pregio di non scardinare l’impianto della nostra carta fondamentale e allo stesso tempo di consentire l’eccezione nel caso singolo».
Per indire il referendum, però, non basta una legge ordinaria. Serve una legge costituzionale che ha un iter più complesso: due approvazioni da parte di ciascun ramo del Parlamento a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra e a maggioranza assoluta dei voti. «Con ogni probabilità - dice però Chieffi - sarebbe un testo di un solo articolo e quindi, nonostante la procedura complessa, i tempi potrebbero essere tutto sommato brevi».
 

IL PRECEDENTE - E’ stata proprio questa la strada seguita dall’Italia nel 1989. Era il 18 giugno quando, insieme alle elezioni europee, gli italiani furono chiamati a dire la loro sulla trasformazione dell’allora comunità europea in una «effettiva unione dotata di un governo responsabile di fronte al Parlamento». Non solo, perché fu chiesto il nostro parere anche sull’idea di affidare proprio a quel Parlamento il «mandato di redigere un progetto di Costituzione da sottoporre alla ratifica degli Stati membri». I primi passi di quel processo che, dopo 15 anni, è adesso in dirittura d’arrivo. Vinsero i sì con l’88% dei voti. La legge fu approvata definitivamente a marzo, dopo un iter durato quasi cinque mesi.
 

REFERENDUM SUL REFERENDUM - C’è un piccolo paradosso, però. Ogni legge costituzionale può essere sottoposta a referendum se lo chiede un quinto dei componenti di una Camera, 500 mila elettori oppure cinque consigli regionali. Certo, la consultazione non è possibile se il voto delle Camere è stato «forte», cioè a maggioranza di due terzi. Ma resta il principio: il provvedimento che indice il referendum, in parole povere, può essere sottoposto a referendum. Il cane che si morde la coda.
 
Lorenzo Salvia
 
 


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2004
 
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