Nel giorno della Repubblica, il presidente auspica la revisione delle
norme del Patto di stabilità
«I francesi al voto sulla Costituzione Ue»
Chirac annuncia a sorpresa un referendum sul nuovo Trattato. E anche
la data: metà 2005
PARIGI - Dicono che sia «alla frutta». Certo l'immagine
è un po' sbiadita. Sondaggi in caduta, distacco dal Paese, isolamento
persino nel suo partito, pretendenti al trono sempre più agguerriti,
come quel Nicolas Sarkozy che su Le Monde si è permesso di spiegare
le linee guida della politica francese in anticipo sulla festa della Repubblica,
tradizionale palcoscenico televisivo del presidente.
Eppure Jacques Chirac non demorde e con consumata esperienza cerca
di stroncare gli avversari interni, imbarazzare l'opposizione e soprattutto
sedurre i francesi toccando le corde più sensibili: coesione sociale,
interessi nazionali, scelte consensuali. L'esperienza serve anche a saper
giocare d'anticipo. Per questo, ha scelto la festa della Repubblica per
annunciare ufficialmente un referendum sulla Costituzione europea, fissando
anche una data, la metà del 2005. Chirac ha detto di aver fiducia
nella capacità dei francesi di scegliere il loro futuro e ha confermato
il proprio giudizio positivo sul testo attuale. Tuttavia, il presidente
ha anche percepito che la scelta referendaria trova consenso in quasi tutte
le forze politiche e che l'opposizione ai contenuti della Carta cresce
sia nella sinistra socialista e comunista sia nelle componenti «sovraniste»
e nazionaliste del Paese.
Meglio dunque correre il rischio, mettendosi nella scia dei numerosi
Paesi europei che faranno un’analoga scelta e sperare di vincere la scommessa,
come capitò nel 1992 a Mitterrand per il referendum su Maastricht.
Passò per un pugno di voti, ma la vittoria fu una formidabile iniezione
all’immagine europeista dell'ex presidente. Annunciando un referendum,
Chirac ha anche messo nell'imbarazzo i leader più in vista del partito
socialista, globalmente favorevoli al referendum ma divisi sul giudizio
sulla costituzione di un Europa che molti giudicano troppo liberale. In
questo modo, l'eventuale bocciatura avrebbe responsabilità più
ampia.
I socialisti non hanno ancora una posizione ufficiale e mettono le
mani avanti: «Dipenderà dalla situazione del Paese e dalla
posizione di Chirac». Accusato di attendismo, consapevole che quest'Europa
piace poco ai francesi e delude le classi dirigenti, Chirac sa che un referendum
servirà almeno a discuterne e che sarà lui al centro del
dibattito. Il che in vista delle presidenziali del 2007 non guasta.
La Costituzione è stato uno dei pochi argomenti di politica
estera affrontati. Il secondo, sempre guardando ai problemi di casa propria,
è il patto di stabilità. Chirac accetta i richiami, ma dice
chiaro e tondo che la Bce non può avere come unico obiettivo la
stabilità dei prezzi. Anche la crescita deve essere un obiettivo.
Il richiamo alla Bce risente della preoccupazione, peraltro ammessa, di
non poter mantenere una promessa elettorale, la riduzione delle imposte.
Senza crescita, in una fase di taglio della spesa e di riforme strutturali,
una «pausa» è necessaria.
Chirac si è irrigidito alle domande sul tormentone della politica
francese: i rapporti con il potente e onnipresente ministro dell'Economia
Sarkozy, l'uomo che la stampa considera sempre più l'astro nascente
e che si è autoproclamato alla successione. «I francesi -
ha detto il leader socialista, François Hollande - hanno assistito
in diretta alla crisi d'autorità fra il presidente e il ministro
dell'Economia». «Non lascerò che le polemiche e le rivalità
personali vadano a detrimento dell'azione di governo e dell'interesse dei
francesi» ha detto Chirac, stroncando le querelle sulla guida del
partito e sulle scelte del governo.
Sui temi sociali ed economici (riforme, 35 ore, lotta alla disoccupazione,
laicità e antisemitismo) il presidente ha ripetuto i concetti base
della politica che gli è più congeniale: ridurre la frattura
sociale, integrazione, consenso. Anche se Sarkozy si afferma come l'uomo
della rottura e della novità, il presidente mira a far comprendere
che la politica francese non si discosta da una coerenza di vedute che
è la sua. Sulle 35 ore, ad esempio, Chirac ha ribadito che l'orario
legale non sarà modificato e che «attraverso il dialogo»
imprese e lavoratori avranno maggiore libertà di scelta. Né
più né meno di quanto detto da Sarkozy, anche se il ministro
dell'Economia aveva sparato ad alzo zero accreditandosi come l'uomo che
avrebbe detto addio alle 35 ore. Un ultimo accenno alla vicenda che ha
sconvolto la Francia in questi giorni, l'aggressione antisemita nel metro
di Parigi rivelatasi un'invenzione di una giovane mitomane. «E' una
storia spiacevole» ha detto il presidente che però non rimpiange
di aver richiamato l'attenzione su problemi reali. «Le manipolazioni
sono anche conseguenza di questo clima».