L'associazione «Società aperta» organizza oggi a
Roma un convegno dal titolo: «Scriviamo le regole della Terza Repubblica».
L'ironia sarebbe facile, visto che, se la Prima Repubblica è morta,
la Seconda non è mai nata e la Terza sta nella mente di alcuni sognatori.
Ma sarebbe fuori luogo. I sognatori, anzitutto, non sono così pochi
e poi, e soprattutto, avanzano analisi serie, esigenze reali, proposte
(in parte) condivisibili. Non così pochi, dicevo: tra i politici
di rilievo nazionale, al convegno parleranno Giuliano Amato, Marco Follini
e Savino Pezzotta. Ma una vasta area politica, a cavallo dei due schieramenti,
condivide le loro idee, da importanti esponenti di Alleanza nazionale a
leader altrettanto influenti di Margherita e dei Ds. Quali sono queste
idee? Quali sono le analisi, le esigenze e le proposte che abbiamo appena
definito come serie, reali, condivisibili?
Su analisi ed esigenze si è tanto scritto che può bastare
solo un cenno: il bipolarismo della Seconda Repubblica - prodotto dalla
legge elettorale del 1993 e dalla «discesa in campo» di Silvio
Berlusconi - è sì riuscito a creare due schieramenti contrapposti
e dunque ad affidare agli elettori la scelta del governo, ma gli schieramenti
che ha prodotto sono al loro interno incoerenti e spesso condizionati dalle
componenti più estreme. I rischi che, nell'alternanza al governo,
uno di essi disfi anche quel poco di buono che l'altro ha fatto, che le
stesse riforme costituzionali obbediscano ad una pura logica di parte,
sono sotto gli occhi di tutti. Di qui l'esigenza - e cito il manifesto
del convegno - di riforme elettorali e costituzionali che «salvino
il potere dell'elettore di scegliere chi lo governerà..., ma consentano
il formarsi di coalizioni omogenee». Chi non sarebbe d'accordo? Quali
sono le proposte?
Le proposte sono due. La prima, che sembra condivisa da tutti i proponenti,
riguarda il metodo delle riforme costituzionali. Constatato che sul Parlamento
non riesce ad aleggiare un vero spirito costituente - sia che si segua
il metodo di una Commissione bicamerale, sia quello delle normali procedure
di revisione costituzionale - la proposta è quella di eleggere,
insieme al Parlamento, un'assemblea costituente, con un numero di membri
ristretto e una missione ben definita, anche temporalmente: quella di redigere
un testo di riforma costituzionale. Proposte dettagliate in materia già
esistono (Marco Boato, nella precedente legislatura, Gerardo Bianco in
questa) e i tempi sono più che sufficienti per approvare una legge
costituzionale che consenta di eleggere l'assemblea costituente insieme
al Parlamento del 2006. La seconda proposta non è di metodo, ma
di merito, e riguarda la legge elettorale: è soprattutto affidato
a questa legge il proposito di conciliare i due obiettivi (!
scelta del governo da parte degli elettori e coalizioni omogenee)
che la legge attuale non concilia.
Si tratta di due proposte ben distinte e genera confusione che non
si sia seguita la regola aurea della politica economica: uno strumento,
un obiettivo (dunque: un convegno, una proposta). Anche perché non
si tratta di proposte piccole o facili. Quella dell'assemblea costituente
circola da tempo e la condivido in toto, dopo l'esperienza della Commissione
bicamerale e l'erronea imposizione della riforma del Titolo V da parte
del centrosinistra nella passata legislatura. E soprattutto alla luce del
«pan per focaccia» con cui il centrodestra intende rispondere
in questa.
Ma molti problemi d'ordine costituzionale devono ancora essere risolti
e soprattutto resta in campo un problema politico grande come una casa:
a quanto sembra il centrodestra ha risolto i suoi dissensi sul testo Calderoli
e si appresta a imporlo a marce forzate al Parlamento. Se passa, e se sopravvive
al referendum che sicuramente sarà promosso dal centrosinistra,
che bisogno c'è di un'assemblea costituente? Che ci verranno a dire
gli esponenti del centrodestra presenti al convegno: che si opporranno
a Calderoli e alla Lega?
Sulla proposta della legge elettorale non esiste neppure il consenso
di principio che sembra esistere, nell'area politica della «Terza
Repubblica», sull'esigenza di una assemblea costituente: soluzione
tedesca? Doppio turno di collegio? O qualcos'altro? E poi, nel mondo in
cui ci piacerebbe vivere, le riforme elettorali seguono e si adattano a
un disegno costituzionale condiviso, perché abbiamo appena visto
gli effetti costituzionali deleteri provocati da una legge elettorale introdotta
in condizioni di emergenza. Non se ne farà niente, a meno che lo
Spirito Santo dell'interesse nazionale discenda su tutte le forze politiche
e ci rimanga, se non sempre, almeno per un bel po'.