Cambia l’impianto del Senato: ripartite in modo netto le competenze
esclusive dello Stato
Devolution, slitta ancora il primo sì
I centristi: l’abbiamo annacquata in un mare di buon senso Il ministro:
la potestà esclusiva alle Regioni c’è
ROMA - Il sì definitivo alla devolution non c’è
ancora stato, anche se ieri si sono fatti notevoli passi avanti in quella
direzione. La Camera torna oggi a esaminare il progetto di riforma federalista
e dovrebbe approvare in mattinata l’intero articolo 34, quello appunto
che farà entrare in Costituzione il principio per il quale la Lega
si sta battendo da anni, un principio che attribuisce alle Regioni la competenza
esclusiva su assistenza e organizzazione sanitaria, sull’organizzazione
scolastica e sulla polizia amministrativa regionale e locale. Lo slittamento
è la conseguenza dei numerosi interventi di esponenti delle opposizioni,
che così tentano di dilatare il più possibile i tempi. E
ciò significa che il muro di incomunicabilità tra i due schieramenti
non è stato abbattuto. Il diessino Luciano Violante giustifica la
linea dura, accusando la Casa delle Libertà di lasciare cadere «le
proposte dell’opposizione che riprendono anche posizioni espresse dagli
specialisti». E quindi, a suo giudizio, «il referendum si delinea
come unica soluzione». Chi lo invoca, replica il ministro Roberto
Calderoli, «fa del teatrino politico, quando avremo ultimato il giro,
visto che siamo al primo passaggio parlamentare e ne servono altri tre,
ci occuperemo delle scadenze referendarie».
In ogni caso, ieri l’assemblea di Montecitorio ha dato il via libera
a un emendamento firmato dai capigruppo della Casa delle Libertà
che, proprio in relazione alla devolution, ripartisce in maniera più
netta le competenze legislative esclusive dello Stato. Nello specifico
ciò significa che allo Stato resterà la potestà sulle
norme di indirizzo generale che riguardano la tutela della salute, sicurezza
e qualità alimentari. E a questa si somma la competenza sulle norme
relative all’ordine pubblico e su quelle generali riferite all’istruzione.
Insomma il testo che sta prendendo forma a Montecitorio modifica l’impianto
approvato in primavera dal Senato. Sono infatti di pertinenza esclusiva
dello Stato le norme sull’ordinamento della capitale, la tutela della sicurezza
del lavoro, le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di
interesse nazionale e relative norme di sicurezza, l’ordinamento della
comunicazione, l’ordinamento delle professioni intellettuali e l’ordinamento
sportivo nazionale, la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione
nazionale dell’energia. Come conseguenza di questa diversa ripartizione
sono state anche ridefinite le competenze legislative cosiddette concorrenti:
lo Stato fissa i principi cardine, mentre le Regioni legiferano tenendo
conto di tali principi.
Questo lavoro di riscrittura fa dire a un costituzionalista di area
diessina come Stefano Ceccanti, intervistato dal giornale della Cei Avvenire
, che «la devolution che spacca l’Italia non esiste più»
e che il «referendum sull’Italia spaccata in due che avrebbe voluto
l’Ulivo non regge più». Parole che suonano come musica per
le orecchie del centrista Giampiero D’Alia, il quale rilancia quei concetti
rivendicando al leader del suo partito, Marco Follini l’idea di «annacquare
la devolution in un mare di buonsenso». Parole che indispettiscono
il ministro Calderoli. «La potestà esclusiva delle Regioni
- rimarca - c’è, esiste per determinate materie, per tutte quelle
che non sono attribuite allo Stato». Calderoli dice che la devolution
c’è eccome. Tutt’al più, concede, «si sono introdotte
delle norme di garanzia che tranquillizzano nei confronti di possibili
squilibri».