Riforme Istituzionali
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Corriere della sera  21-10-2004
 
La Consulta: riforme, attenti alle conseguenze

Il presidente Onida sollecita un’ampia intesa: bisogna ascoltare le istituzioni e il corpo elettorale
 
ROMA - Bisogna valutare con estrema attenzione le conseguenze che le riforme nel campo delle istituzioni di garanzia possono generare. Non solo. Occorre anche coinvolgere in questo processo tutti i soggetti prima di prendere decisioni definitive. L’invito «sommesso» giunge dal presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida. Ed è particolarmente significativo che sia fatto nel corso della cerimonia di consegna del «premio Giuseppe Chiarelli» al suo predecessore Gustavo Zagrebelsky e, soprattutto, avvenga davanti al capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi che, sullo stesso tema e con gli stessi accenti, ha speso parole preoccupate in molte occasioni. Preoccupazioni raccolte in pieno ieri da Onida. L’intervento di Onida si colloca all’indomani dell’approvazione alla Camera della riforma - ora in attesa dell’esame del Senato - che introduce il federalismo, il premierato e modifica anche gli equilibri tra istituzioni finora sanciti dalla Costituzione del 1948.
 
IL FEDERALISMO - Il progetto di riordino stabilisce nuove regole sia per l’elezione dei giudici della Consulta (il capo dello Stato, le supreme magistrature e il Senato ne scelgono 4, la Camera 3) sia nel campo delle prerogative del Presidente della Repubblica, riconoscendogli soprattutto funzioni di garante della Costituzione. La Carta del ’48, rileva Onida, ha «immesso il nostro Paese nella grande corrente del costituzionalismo democratico». Una Costituzione che equivale a «un’eredità ricevuta».
 
«CASA COMUNE» - E sviluppando l’idea sottesa in questa similitudine, Onida osserva: «Come accade fra le persone, il momento in cui gli eredi prendono coscienza e possesso del lascito dei loro padri è un momento delicato, in cui possono emergere o riemergere talvolta divisioni o perfino rancori tra i figli, ma è anche un momento di memoria, di presa di coscienza e di assunzione di responsabilità da parte di chi riceve l’eredità». Onida si augura che «questa casa comune, questo inestimabile patrimonio costituzionale che vive ormai arricchito da cinquant’anni di giurisprudenza della Corte sia rispettato come merita». Fissati questi punti, Onida rileva orgogliosamente che «la Corte Costituzionale è ben consapevole del suo ruolo di guardiana della Costituzione, che le spetta insieme con altre istituzioni di garanzia, e in particolare, con il Capo dello Stato».
 
I POTERI - Ed ecco il passaggio chiave, quello che farà poi dire a Giuliano Pisapia di Rifondazione comunista («Sono parole sagge e del tutto condivisibili») e che, al contrario, provocherà le critiche del radicale Daniele Capezzone («Occorre ricompitare la lezione della separazione dei poteri: l’esecutivo faccia l’esecutivo, il legislativo faccia le leggi, il giurisdizionale le applichi e quindi la Corte costituzionale non sconfini») e del leghista Alessandro Cé («Ha fatto invasione di campo, le sue dichiarazioni sono politiche, interferisce con il Parlamento»). La «natura delicata e cruciale dei meccanismi della giustizia costituzionale» induce Onida a esprimere «sommessamente l’auspicio che prima di mettere mano, con decisioni definitive, a modifiche degli equilibri essenziali assicurati da questi meccanismi, come è per la composizione stessa della Corte costituzionale, si ponderino bene le possibile conseguenze e si coinvolga intorno al Parlamento, che è la fonte, insieme eventualmente al corpo elettorale, del potere di revisione costituzionale, il più ampio arco di istanze istituzionali e sedi di riflessione». Attenzione dunque - è il messaggio di Onida - ad andare avanti con la riforma senza il consenso più ampio possibile non solo dei partiti ma anche dei soggetti coinvolti.
 
Lorenzo Fuccaro


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