La Stampa
10-12-2004
Nuova legge elettorale
Si profila una minimodifica del sistema per votare alle prossime
politiche fra un anno e mezzo
Scheda unica per la Camera. L’opposizione: colpo di mano
Dalla Cdl sì alla proposta Nespoli, invariate le quote di proporzionale.
Mattarella: «Così agli elettori si propongono solo simboli
di partito»
ROMA
E’ «l’ultimo dei problemi che interessano gli italiani»,
sostiene Francesco Rutelli di fronte alle intenzioni della maggioranza
di modificare la legge elettorale. «Gli italiani hanno problemi più
seri», gli fa eco Piero Fassino. Il quale pensa di prendere in contropiede
il premier ricordando che nel ‘94 Berlusconi era sceso in campo contro
la proporzionale perché «fonte di corruzione e di degenerazione»:
«Delle due l'una, o si sbagliava allora, o si è convinto che
è meglio un sistema elettorale che favorisce la corruzione».
Il fatto è che la Casa delle libertà (ieri sera Berlusconi
ha riunito il vertice di Forza Italia) non sta pensando di passare ad un
sistema proporzionale o più proporzionale, come vorrebbe l’Udc.
Non pensa nemmeno di introdurre il voto di preferenza o di modificare i
confini dei collegi uninominali. Restano inalterate le quote del 75% di
maggioritario e del 25% di proporzionale, nonché la soglia di sbarramento
al 4%. Verrebbe però eliminato il meccanismo dello scorporo che,
tra l’altro, non piace neanche all’opposizione e che nelle passate prove
elettorali è stato aggirato con le liste civetta. Il venir meno
dello scorporo è l’unico punto non previsto dal «Nespolum»
ovvero il meccanismo della scheda unica che prende il nome dall’ideatore
(il deputato di An, Vincenzo Nespoli). E che tanto è piaciuto a
Berlusconi. Tra l’altro piace anche ai Ds, ma dirlo significherebbe scatenare
un putiferio tra i partiti dell’opposizione. Magari, durante l’iter parlamentare,
qualche «apporto» della Quercia ci sarà.
Con questo marchingegno tecnico del Nespolum, il centrodestra può
dire che non si tratta di una vera e propria riforma elettorale, ma una
semplificazione dell’espressione di voto. Per cui non occorrono ampie maggioranze
e si può andare avanti anche da soli. Per ipotesi più radicali,
spiega il ministro per le riforme Calderoli, non c’è più
il tempo: «Solo dopo l’approvazione della riforma costituzionale,
andrà bene anche il proporzionale con il premio di maggioranza».
Dunque, la maggioranza si è già bruciata i ponti del dialogo
alle spalle e marcia spedita verso il «Nespolum». Il premier
ieri sera ha definito la proposta da portare al più presto in Parlamento.
L’obiettivo è di incardinare la discussione in commissione già
a gennaio. Di questo si è parlato a cena, a Palazzo Grazioli. C’erano
i sottosegretari alla presidenza del Consiglio Letta e Bonaiuti, i due
coordinatori di Forza Italia Bondi e Cicchitto, il presidente della commissione
Affari costituzionali Bruno, i capigruppo Schifani e Vito, il senatore
Malan e l’esperto di sistemi elettorali Calderisi. Nessuno spazio per i
«desiderata» dell’Udc - più proporzionale e voto di
preferenza - o altri cambiamenti strutturali che giustificherebbero le
polemiche degli avversari. E che potrebbero incontrare le perplessità
del Quirinale. Con i centristi sono schierati solo il Pri e il Nuovo Psi:
la carta che tenteranno di giocare sul tavolo tecnico della maggioranza
è di dimostrare che il «Nespolum» non produrrebbe quei
voti in più nei quali spera il premier.
Dal centrosinistra si grida già al «colpo di mano».
Il leader dei Verdi, Pecoraro Scanio, parla di «blitz» da parte
della Casa delle libertà. Vannino Chiti, dei Ds, sostiene che «la
destra le sta tentando tutte perché ha paura di perdere».
Villetti (Sdi) e Giordano (Prc) definiscono «febbre illiberale»
e «proposta indecente» quella che viene da Berlusconi. C’è
chi, come Franco Monaco della Margherita, cerca di richiamare l’attenzione
dei vertici istituzionali affinché «non voltino la testa dall’altra
parte». Interviene anche il padre dell’attuale sistema elettorale,
Sergio Mattarella, per il quale «non si tratta di un semplice aggiustamento
ma di uno stravolgimento, perché mette in ultimo piano il rapporto
tra eletti ed elettori». Infatti, «agli elettori vengono proposte
soltanto le liste di partito e non i candidati dei collegi del loro territorio.
In secondo luogo, si tratta di togliere potere agli elettori. Oggi gli
elettori dispongono di due voti, uno per il candidato per il collegio del
proprio territorio e l’altro per il partito». Ecco, per Mattarella
si sottrae una di queste due scelte.
r. r.
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