Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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Liberazione  31-05-2005
 
A perdere non è l'Europa, ma il dio mercato

Piero Sansonetti
Se avete visto con attenzione le tv italiane e i giornali, avrete capito ben poco di quel che è successo domenica in Francia. Televisioni e giornali vi hanno spiegato che questa bocciatura della Costituzione europea è la vittoria dei cosiddetti euroscettici, ed è un colpo mortale all'idea dell'Europa e a quel lungo cammino ideale che fu iniziato 54 anni fa, nella solitudine dell'esilio all'isola di Ponza, da due grandi intellettuali liberali come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Non è così. I commenti di giornali e Tv sono stati faziosi e disinformati. E non poteva essere altrimenti, visto che la totalità dei giornali italiani che escono il lunedì (esclusi dunque il manifesto e Liberazione) si è schierata apertamente per il sì alla Costituzione. E visto che nei salotti televisivi si sono svolti appassionanti dibattiti e contraddittori con cinque ospiti che erano tutti e cinque per il sì, caso quasi inedito di pluralismo.
Il no alla Costituzione non è un no all'Europa. E se il no ha vinto lo deve fondamentalmente alla grande spinta che è venuta da sinistra. Questo non vuol dire che sul risultato non abbiano pesato in misura rilevante le spinte antieuropeiste, nazionaliste, e talvolta xenofobe della destra. Semplicemente vuol dire che quelle forze, da sole, avrebbero perso, e la costituzione sarebbe stata approvata; se non è stata approvata è perché la sinistra francese non ha accettato il ricatto di chi diceva: "meglio una pessima costituzione che nessuna costituzione".
Perché è una pessima Costituzione? Perché contiene alcuni articoli - i più importanti - i quali stabiliscono in linea di principio la natura capitalistica e liberista dell'Europa e la sua sottomissione alle dure leggi del mercato e della competizione finanziaria e di impresa. Le costituzioni, generalmente, fissano dei principi generali, dei valori, alcuni obblighi di solidarietà, dei limiti all'esercizio del potere, delle garanzie - o dei limiti - per la libertà personale e collettiva, dei criteri di funzionamento della democrazia, e le più avanzate contengono delle indicazioni per realizzare obiettivi comunitari e collettivi. Le Costituzioni non fissano le regole dell'economia e non sanciscono i diritti dell'impresa. Questa costituzione si pone invece esattamente l'obiettivo opposto (e per questo rappresenta una svolta nella storia delle costituzioni occidentali): vuole stabilire le regole del mercato e vuole sottoporre a queste regole il funzionamento della collettività. Si può accettare una Costituzione così, da parte della sinistra? Ha un senso dire: meglio questa che niente? No, perché questa costituzione abolisce gli spazi e le idee della sinistra, proibisce la critica al mercato.
Dopodiché, se la leggete bene, troverete anche moltissimi articoli che condividerete, e che sono avanzati, ed esprimono ottime aspirazioni. Ma sono articoli che contano poco (ora vedremo perché). Ci sono invece pochi articoli, ma importantissimi, che sono quelli che contano. Per esempio l'articolo I-3 (parte prima, titolo primo) che dice: "L'Unione offre ai suoi cittadini... un mercato interno nel quale la concorrenza è libera e non è falsata. L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato sulla crescita economica equilibrata, sulla stabilità dei prezzi e su una economia di mercato fortemente competitiva". Nell'articolo successivo (I-13) si aggiunge che tra le libertà fondamentali garantite dall'Unione c'è la libera circolazione dei propri cittadini (non degli immigrati) e soprattutto "dei servizi, delle merci e dei capitali".
Poi leggiamo l'articolo I-13 (sempre parte prima, titolo primo), che è l'articolo-pilastro, e fissa le materie nelle quali la Costituzione europea ha competenza esclusiva, cioè prevale sulle costituzioni nazionali: "dogane, concorrenza, mercato interno, politica monetaria, pesca, politica commerciale". Su tutto il resto l'autorità della costituzione è negoziabile. Cosa vuol dire? Semplicemente che la Costituzione serve a garantire il funzionamento del sistema economico, e per tutto il resto si limita a offrire delle indicazioni di massima, che saranno anche buone ma non hanno hanno il potere di modificare la politica degli Stati.
La vittoria del no in Francia è una sconfitta del disegno di trasformazione del nostro continente in un grande mercato. E non era questa l'idea di Spinelli e Rossi. L'idea di Europa democratica e con forti valori sociali non esce sconfitta dal referendum ma è più forte. Sarebbe sparita se avesse vinto il si. La destra ha perduto una partita, e l'hanno persa le grandi borghesie europee che contavano molto sul sì della Francia. La Francia è un osso duro, è sempre stato così, dal 1789.
E' una sconfitta epocale, quella di domenica, per la sinistra moderata di tutto il continente: ora questa sinistra deve rifare i conti con l'unica certezza che aveva, e cioè che fosse possibile una alleanza con la grande borghesia liberista. La sinistra, dopo la botta di Parigi, deve abbandonare definitivamente la strada del liberismo temperato, e quindi deve completamente ripensarsi. Vi ricordate il pensiero unico? Se non era già morto è morto ieri e ormai è seppellito.


il manifesto 31-05-2005
 
Lezione di democrazia
 
Gianni Ferrara
 
La Francia ha respinto la «costituzione europea». Era falsa. A scoprirne il trucco è stata la madre di tutte le costituzioni del continente. E lo ha dichiarato all'intera Europa. Poteva farlo con la sua autorità e per aver subìto, più volte, che si mistificassero come costituzione atti di ben diversa origine e valore che non avevano osato però di appropriarsi di quel nome. Questa volta invece alla parola Trattato è stato incollata quella di Costituzione. Vi aveva provveduto un Consesso composto da vari fiduciari, alcuni lo erano dei capi di stato e di governo, altri dei leaders dei partiti presenti nei Parlamenti nazionali ed in quello europeo, altri ancora della Commissione dell'Unione. Nessuno di questi signori poteva vantare un mandato, una designazione, una pur minima legittimazione popolare adeguata al compito. Erano forti solo di una investitura decisa dall'alto delle istituzioni statali, dai capi di stato e di governo. La boria degli esecutivi ha provato a sostituirsi a quella che, da secoli, si è denominata sovranità popolare. Si è progettata così una costituzione senza demos. La Francia la ha rifiutata. Ben fatto. Ma quel documento contiene un altro falso. Declama dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, giustizia, solidarietà. Ma ne contraddice via via il significato. Lo contraddice inglobando un intero e massiccio corpo normativo, quello sì pregnante di forza prescrittiva, vincolante oltre ogni dubbio, già in vigore, già in via di attuazione, già incombente con i suoi vincoli, con gli obblighi netti, chiari, indefettibili, valevoli, già oggi ed ancora più in avvenire, gli obblighi derivanti dal principio supremo dell'ordinamento comunitario già affermato nei Trattati soprattutto da quello di Maastricht: quello dell'economia di mercato aperto ed in libera concorrenza. Per la prima volta nella storia degli ordinamenti statali dei paesi civili, un solo principio si veniva a porre, per forza normativa di rango costituzionale, come prioritario, superiore ad ogni altro, assoluto. Si veniva così a negare, a rovesciare, il senso stesso del costituzionalismo, le conquiste di civiltà che in suo nome e per suo merito sono state conseguite dalla lotta per il diritto condotta dalle masse nel corso di due secoli.
Un terzo falso si sarebbe prodotto in tal modo con quell'atto. Quello di costruire un potere illusorio. Da sempre le costituzioni, hanno mirato a limitare, condizionare, disciplinare, disarticolare il potere politico. Con il Trattato che avrebbe dovuto istituire una Costituzione per l'Europa, questo ruolo sarebbe scomparso. Sarebbe scomparso perché il Trattato già contiene le scelte politiche possibili ed immaginabili. Le avrebbe normativizzate, catturandole cioè in norme giuridiche del più alto valore, sostanzialmente intangibili, per l'estrema difficoltà di modificarle. Avrebbe consolidato, al massimo possibile, la neutralizzazione del potere del Parlamento europeo, così come quello della altre istituzioni dell'Unione. Potere che, in misura diversa, certo, rende le attribuzioni, l'attività, le funzioni, i ruoli di ciascuna di questa istituzioni meramente attuative, esecutive delle norme già poste e coerentemente formulate per la realizzazione dell'economia di mercato aperto ed in libera concorrenza.
Ha sconvolto un disegno raffinato ed ardito il rifiuto di approvare il Trattato cosiddetto costituzionale. Il disegno di legittimare con un voto di valore costituente quel principio, quella politica, la condizione umana derivante dall'assolutismo del mercato.
È un servizio degno della sua tradizione quello che la Francia ha reso così alla democrazia europea. Ma è questa che deve ora prendere nelle sue mani la costruzione dell'Europa, un compito necessario, irrinunciabile perché necessaria ed irrinunciabile è la costruzione della democrazia nel grande spazio europeo. È in questo spazio infatti che si decide la sua sorte, il suo sviluppo, la sua possibilità di inverarsi materialmente. Soprattutto la sinistra è chiamata da questa esigenza imperiosa a questo compito ineludibile. Non le manca lo strumento. Glielo impone la democrazia stessa, quella che ha inventato le assemblee anche per l'esercizio di compiti costituenti, da esercitare, questa volta, in modo da aggregare le democrazie nazionali, senza comprimerle, e proiettarle in un progetto unitario.


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2005
 
 
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